Il 2021 sembra essere l’anno degli adattamenti cinematografici: dopo In the Heights e Tutti parlano di Jamie, l’ultimo musical ad essere portato sul grande schermo è Dear Evan Hansen con Ben Platt nei panni del protagonista.
La produzione originale vede l’affiatato duo formato da Benj Pasek e Justin Paul dietro le canzoni del musical: una garanzia, dopo La La Land e The Greatest Showman. Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo dicembre, mentre in America è stato distribuito a partire dal 24 settembre. Il musical è una delle pellicole più attese dell’anno, della quale si vociferava l’arrivo già dal 2019. Lo scorso anno, dopo la conferma che Ben Platt avrebbe indossato i panni di Evan anche nell’adattamento, l’attesa era salita alle stelle. Le recensioni uscite finora, però, sembrano aver smorzato molto di quell’entusiasmo dietro l’arrivo del titolo. Come mai Dear Evan Hansen è stato accolto così freddamente dalla critica?
Partiamo dalla trama: Evan Hansen è un ragazzo all’ultimo anno di liceo che soffre di ansia, depressione e fobia sociale. Jared è l’unica persona che può considerare quanto più vicino a un amico, anche se il ragazzo lo tratta con distacco e non è interessato a uscire con lui. Evan torna a scuola dopo l’estate con un braccio rotto, e solo una persona firma il suo gesso: Connor Murphy, un ragazzo violento, escluso ed evitato da tutti. I due non hanno alcun tipo di rapporto e non si sono mai parlati, ma Connor decide di firmargli il gesso quasi a mo’ di beffa (“così entrambi possiamo fare finta di avere degli amici“).
Un giorno Evan, mentre si trova a scuola, stampa una lettera indirizzata a sé stesso, scritta come compito affidatogli dal suo psicoterapeuta. Il ragazzo si avvicina alla stampante per recuperare il foglio ma Connor lo anticipa e legge la lettera nonostante le richieste di Evan di ridargliela. Dalle righe il ragazzo apprende che Evan è innamorato di sua sorella Zoe e va su tutte le furie, spintonando l’altro. Subito dopo se ne va da scuola portando con sé la lettera di Evan, ignorando le proteste del ragazzo e la preghiera di non farla leggere a nessuno.
Dopo 3 giorni dall’accaduto, durante i quali Connor non si presenta più a scuola, Evan viene chiamato nell’ufficio del preside. Qui incontra i genitori del ragazzo, che lo informano che Connor si è tolto la vita. I Murphy gli dicono di aver trovato la lettera al momento del ritrovamento del corpo, scambiandola per una lettera scritta da Connor e diretta a Evan, e chiedono al ragazzo se fossero amici. I due notano inoltre la firma del figlio sul gesso del ragazzo, e si convincono che Connor avesse finalmente trovato un amico. Evan, incapace di reagire e paralizzato dagli eventi, finge di essere stato amico del ragazzo; la bugia, però, gli sfuggirà di mano.
Il musical, come quelli del suo genere, vuole porre l’attenzione sull’importanza di occuparsi della salute mentale, sensibilizzando il pubblico a un argomento delicato, ma non riesce mai ad andare oltre la superficie. Le problematiche di Evan vengono solo accennate; di quelle di Connor, poi, non se ne parla mai. La pellicola risulta comunque molto godibile, con momenti più emozionanti e di riflessione, ma si rimane sempre con la sensazione di sfiorare il cuore del messaggio, senza mai toccarlo davvero con mano.
A prescindere dalla storia del musical in sé, sulla quale incide molto anche il gusto personale, è la trasposizione cinematografica di Dear Evan Hansen in sé a peccare su più punti di vista. A cominciare dall’interprete di Evan Hansen, Ben Platt: truccato in modo eccessivo per farlo sembrare un liceale, l’attore non sembra neanche se stesso. Il risultato non è dei migliori, e ciò che ne esce è quasi una caricatura del personaggio originale.
A far storcere il naso ai fan c’è anche l’eliminazione di alcune canzoni dal film, una pratica che a quanto pare va di moda negli adattamenti cinematografici. Del musical originale sono stati esclusi pezzi come Good for you, Only us, To break in a glove e Anybody have a map?
Se è vero che un film soffre la necessità di dover diventare più “leggero” e fruibile a un pubblico più ampio, dall’altra parte si rischia di eliminare parte della profondità che si raggiunge con alcune canzoni, soprattutto quelle che forniscono tridimensionalità ai personaggi. Nel film, con i tagli introdotti, si ha l’impressione che tutto ruoti esclusivamente intorno a Evan e che il resto serva solo a farlo emergere. Non quello che ci si aspetterebbe da chi vuole lanciare un messaggio di inclusività.
Contrariamente alla produzione teatrale, dove si poteva percepire con maggior forza la solitudine e i problemi dei personaggi, nel film non si riesce mai a entrare davvero nella storia, ma si resta sempre al di là di un vetro che separa dalle difficoltà dei ragazzi. In una parola, il film manca di empatia.
Infine, un adattamento cinematografico dovrebbe sfruttare al meglio le possibilità che non ha il teatro. Se in Sincerely, Me la palla viene colta al balzo per realizzare una sequenza molto coinvolgente e capace di strappare più di una risata, in altri momenti questo non succede. Ne è un esempio So Big/So Small, meraviglioso pezzo cantato dalla madre di Evan a suo figlio. Anche se è innegabile la bravura di Julianne Moore nel trasmetterci la sua angoscia per il figlio e le difficoltà che ha avuto per crescerlo, dei flashback avrebbero certo aiutato a creare un momento ancora più commovente, oltre che a costruire una connessione più forte con Evan.
In generale si tratta di un buon prodotto, anche se non in grado di eguagliare le emozioni della rappresentazione teatrale e amplificarle. Tra i punti di forza ci sono sicuramente le canzoni e il resto del cast scelto per interpretare i personaggi secondari. Oltre alla già nominata Julianne Moore troviamo Amy Adams nei panni di Cynthia Murphy: due nomi che valgono già il prezzo del biglietto. Vederle recitare e cantare interpretando due personaggi complessi e apparentemente opposti è uno degli aspetti migliori del film. Accanto a loro anche Danny Pino (Larry Murphy, patrigno di Connor) e Nik Dodani, il Zahid Raja di Atypical, nei panni di Jared Kleinman.
Dear Evan Hansen arriverà in Italia il 2 dicembre prossimo ed è prodotto e distribuito dalla Universal Pictures. Alla regia troviamo Stephen Chbosky, l’uomo dietro la cinepresa di Noi siamo infinito e Wonder.
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