The Last Duel, Ridley Scott sta ancora cercando di replicare Il Gladiatore. Recensione
The Last Duel di Ridley Scott è stato presentato fuori concorso alla 78a edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Scott si è ispirato al libro di Eric Jager, L’ultimo duello, appunto in libreria con Rizzoli che, a quanto pare, racconta un’incredibile storia vera.
Siamo in Francia nel XIV secolo. Sul finire della Guerra dei Cent’anni la storia vera, ricostruita per la prima volta da Eric Jager, dell’ultimo grande combattimento tra cavalieri, al cospetto dell’aristocrazia e del popolo. Lo scandalo che infiamma tutta la Francia ha per protagonisti il cavaliere normanno Jean de Carrouges e un nobile suo amico, il favorito dalla corte, Jacques Le Gris, accusato di aver brutalmente violentato Marguerite, la moglie del cavaliere mentre lui era in battaglia. Amicizia e implicazioni politiche sono i motivi sottesi che portano a invalidare la testimonianza della donna, e inducono durante il processo il giovane sovrano Carlo VI ad affidare l’arduo verdetto al duello di Dio: un combattimento all’ultimo sangue. Il giorno stabilito per il duello per Jean de Carrouges la posta in gioco è altissima: se fosse sconfitto, Marguerite sarebbe messa al rogo come spergiura. Partendo da un’accurata documentazione storica, inserendo cronache dell’epoca e atti legali in una vera e propria atmosfera filmica, Jager si lascia affascinare da uno degli episodi che ha maggiormente conquistato l’opinione pubblica francese all’epoca della crisi del feudalesimo e ci racconta come un appassionante intrigo di crimine, tradimento e vendetta quel duello che, nel tempo, ha assunto i toni della leggenda.
Ridley Scott ha affidato ai due protagonisti di questo evento storico il volto di Adam Driver per Le Gris e Matt Damon per Carrouges.
Innanzitutto è importante fare una premessa, con questo film siamo in zona Olimpo sia per la regia del film, sia per la materia letteraria in gioco ma soprattutto per gli interpreti e da un punto di vista formale non si può assolutamente criticare il prodotto che abbiamo davanti.
Qual è allora il problema di The Last Duel? Forse quella costante sensazione che ogni film di Ridley Scott seguente Il Gladiatore cerchi, invano, di riprendere la stessa epicità senza mai raggiungerla.
E’ come se i personaggi di questo film fossero costruiti come fotocopie di Massimo X Meridio ma sappiamo benissimo che non siamo davanti alla stessa grandezza.
Inoltre non posso non segnalare il fatto che il film è di una lentezza intollerabile per una storia che invece dovrebbe essere avvincente proprio perché stiamo parlando di un caso giudiziario. Innanzitutto mi sembra che prima di entrare nel clou della storia si rimanga troppo tempo nell’introduzione, nella fase di settaggio dei personaggi e delle loro relazioni.
Il cambio continuo dei punti di vista con delle differenze davvero labili è secondo me un altro difetto. Per gran parte del film seguiamo il punto di vista di Garrouges (Damon) e sposiamo le sue ragioni e la sua personalità, mostrata in un certo modo. Garrouges è cavaliere leale e onesto, innamorato della moglie. Arriviamo poi all’evento che scatena tutto, lo stupro, ben oltre il primo quarto di film, personalmente lo avrei fatto iniziare con questo evento. A questo punto comprendiamo che nella storia non vedremo solo il punto di vista di Garrouges ma anche quello delle altre parti in gioco: la moglie di lui e Le Gris.
Ecco che improvvisamente ci si presenta davanti il vero senso del film: la verità non è assoluta, cambia a seconda del punto di vista.
Così rivediamo la stessa situazione raccontata dal punto di vista degli altri due ma la cosa irritante è che le differenze sono talmente minime che sembra di assistere a un loop in cui non cambia nulla fino al momento del “duello finale” appunto.
Un altro elemento che ho trovato particolarmente fastidioso in The Last Duel è il fatto che nonostante la storia sia ambientata in Francia, nel film non vi è nulla di francese nemmeno la lingua originale. Come tutti i film di Scott, a prescindere dal luogo siamo di fronte a un’americanata su tutta la linea.
Nel cast è presente anche Ben Affleck, spesso inscindibile dal suo amico del cuore Damon, che interpreta il conte Pierre d’Alençon, il ruolo un po’ più sopra le righe che vediamo nel film. Affleck dal mio punto di vista è un ottimo regista e sceneggiatore ma dal punto di vista della recitazione è diverse spanne sotto gli altri due, Driver in primis e Damon, che come ho detto all’inizio dell’articolo sono la cosa migliore di questo film. Jodie Comer, che interpreta la moglie di Carrouges è ben centrata nel ruolo e in effetti il suo personaggio è il più interessante seppure, nonostante giochi un ruolo centrale, resta un po’ in sordina.
Quella di Marguerite de Carrouges è una figura di donna molto avanti per il periodo storico. Lei rivendica il suo diritto a denunciare la violenza subita e ad essere in qualche modo risarcita del danno. Inoltre, ricordandoci che siamo in pieno Medio Evo, periodo ameno per le donne, il fatto che lei dica di aver subito un torto è molto.
Infatti nel film questa cosa viene messa in evidenza dalla suocera di lei che le dice, come se nulla fosse, di aver subito a sua volta violenza e in più di un’occasione. Sembra che per la donna di quel periodo fosse quasi una prassi subire violenza dall’altro sesso.
Questo scorcio sulla condizione della donna è, purtroppo, appena accennato quando viene da pensare che la vera protagonista sia la donna e non i due uomini che a colpi di grugniti e virilità si contendono il primato sulla vittima. Perché alla fine è di questo che si tratta, onore maschile piuttosto che onore femminile.