“Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura” è un libro dell’ex Premio Strega Walter Siti, edito da Rizzoli, che consiste in un’analisi del concetto di Bene in Letteratura. È composto da una serie di saggi selezionati dall’autore stesso. La missione della letteratura non è compiere il Bene. Può essere riassunta così la tesi di questo piccolo saggio, che ha lo scopo di mettere in luce il fallimentare tentativo degli scrittori di asservire la letteratura a fini politici. L’autore, infatti, passa in esame le più recenti casistiche di questo tipo di letteratura – da lui definito “neo-impegno” – a cominciare dalle decostruzioni culturali nate con movimenti quali il “Disrupt text”.
In “Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura“, Walter Siti non ha scrupoli né peli sulla lingua: dal momento che ormai “la leggibilità è la dote più apprezzata” di un testo, gli scrittori odierni hanno sviluppato l’abitudine di rincorrere la notizia. Più che elaborare storie al servizio della fantasia, si sono convertiti alla narrativa contaminata dalla saggistica, che invece dovrebbe restare al suo “posto”. Vale a dire che, sempre stando alla sua tesi, “il valore terapeutico o ricostruttivo della letteratura si è esteso dalla psicologia individuale al dovere sociale”.
Se il neo-impegno, quindi, diventasse un atteggiamento sempre più radicato non solo negli autori ma anche nei lettori, si starebbe commettendo un grave errore: secondo Siti, infatti, “volgere le rivendicazioni al passato rischiare di ottundere le gerarchie basate sulla grandezza dei testi”. Di seguito, è riportato un passo da considerarsi il manifesto del neo-impegno dal punto di vista dell’autore.
“La versione oggi prevalente dell’engagement punta su un contenutismo tanto orientato sulla cronaca quanto angusto, con temi che non è difficile elencare: migranti, vari tipi di diversità, malattie rare, orgoglio femminile, olocausto, bambini di guerra, insegnanti eroici, giornalisti o avvocati in lotta col Potere, criminalità organizzata, minoranze etniche… Più che a disegnare una società nuova, il neo-impegno sembra teso a valorizzare l’opposizione in quanto tale, e a confermarsi dalla parte di questo (…). Si fa fatica a distinguere tra l’uso benefico della parola e la letteratura, che invece dovrebbe essere ascolto e avventura della parola”.
Nel tentativo di stabilire quando sarebbe nata questa tendenza, Siti cita due date di fondamentale importanza e spartiacque anche per la letteratura: sono il 1989, anno del crollo del Muro di Berlino, e il 2001, anno dell’attentato alle Torri Gemelle di New York. In quei periodi, forti del disagio vissuto a livello psicologico e sociale, scrittori e scrittrici si sono “sentiti in dovere di collaborare alla difesa di una democrazia percepita sotto attacco: di fronte a un mondo fuori dai cardini, era necessario schierarsi”.
“Rivolgersi al maggior numero, semplificando ed esteriorizzando i testi”: oltre a essere lo scopo principale del neo-impegno, questo atteggiamento riprende il concetto della leggibilità citata prima come caratteristica più apprezzata, perché il linguaggio preferito dai lettori neo-impegnati è quello suggestivo e emblematico che somiglia ai social, o ai titoli di cronaca giornalistici. Oggi, infatti, non c’è più “la ricerca del senso, quanto lo studio dell’efficacia”.
Nonostante le ridotte dimensioni esterne di Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura, non bisogna prendere alla leggera questo volumetto: dopo un prologo dettagliato anche se non ostico, l’autore passa in rassegna alcuni esempi di scrittori neo-impegnati, con le relative opere, ma nel farlo, spesso compie digressioni o fa citazioni non sempre intuibili, nemmeno con l’ausilio delle note a piè di pagina.
Walter Siti era un professore, tra le altre cose, pertanto sarà avvezzo da molto tempo a un linguaggio accademico e altisonante, cosa che non può dirsi dei lettori, spesso molto eterogenei, sia nelle abitudini sia nei gusti. Pertanto, l’unico difetto del libro è che il registro linguistico impedisce una più diretta comprensione del contenuto, così come l’analisi degli autori da lui presi di mira non sempre rende più immediata la conferma della tesi iniziale.
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