Qui rido io, il film di Mario Martone è emozione e storia pura. Recensione
Mario Martone torna alla 78a edizione della Mostra del Cinema di Venezia con il tanto atteso Qui rido io, uno scorcio sulla vita di Eduardo Scarpetta e più precisamente una fotografia di un anno particolare nella vita del comico e commediografo napoletano, il 1904. Siamo nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta, qui interpretato da Toni Servillo, è il re del botteghino. Di umili origini, si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca. Il teatro è la sua vita e attorno a questo gravita anche tutta la sua singolare famiglia, composta da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Nel 1904, al culmine del successo, Scarpetta si concede un pericoloso azzardo: realizza la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla e fischi e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia.
Gli anni del processo saranno logoranti per lui e per tutta la sua famiglia. Tutto nella vita di Scarpetta sembra andare in frantumi, ma con un numero da grande attore saprà sfidare il destino e vincere la sua ultima partita.
Servillo è presente a Venezia 78 con altri due film oltre a Qui rido io: È stata la mano di Dio e Ariaferma ed è perfetto in tutte ma con l’interpretazione di Scarpetta ha fatto il suo capolavoro. L’attore è completamente nei panni del commediografo, tanto da trasfigurarsi davvero nella sua immagine, tanto da darci l’impressione di avere davanti il vero Scarpetta.
Come sempre Mario Martone con il suo tocco magistrale ci regala una poesia storica per immagini, ricostruendo con minuzia di particolari non solo la fotografia di una famiglia ma una pagina di storia.
Ci si abbandona con piacere alle vicende del personaggio Scarpetta e della sua numerosa famiglia per vedere anche a occhio nudo tutto il dolore che alcuni componenti della famiglia allargata soffrivano all’ombra di un personaggio noto e controverso come Eduardo Scarpetta.
Da dove iniziare per descrivere la commozione che si prova con questo film?
Da Napoli nella Belle Epoque? Sì, anche se è una Napoli in interni quella che vediamo e precisamente gli interni sono la casa di Scarpetta, quella dei piccoli De Filippo e il Teatro, la vera casa dell’artista, fatto di prove, paghe, botteghino, costumi, scenografie.
Ma è il piccolo Eduardo De Filippo ad avermi commossa di più, lui che in tutto quel caos non perde mai la speranza per il futuro, lui che sogna dietro le quinte osservando il padre, (un padre che chiama zio) recitare e nel frattempo interpreta (come da tradizione) il piccolo Peppiniello nella commedia più famosa di Scarpetta: Miseria e nobiltà.
Lo stesso Eduardo che in futuro sarebbe diventato tra i massimi drammaturghi e scrittori internazionali qui viene raccontato come un bambino pieno di volontà che studia e si impegna, che con una mano copia le commedie del padre e con l’altra scrive le proprie.
Sarà Eduardo ad aiutare con una sola frase il piccolo Peppino, il fratellino messo a balia in campagna che odiava lo zio padrone e che non voleva recitare, ma solo continuare a essere il bambino che era sempre stato e giocare con i suoi animali.
In Qui rido io ci sono anche le donne che vanno a costituire l’harem di Scarpetta ed è sorprendente la verità che restituiscono le interpreti raccontando l’apatica rassegnazione o l’assurda accettazione di una condizione com’è quella di condividere lo stesso uomo.
La matrona, donna Rosa, la moglie ufficiale di Scarpetta è l’esempio massimo della praticità, non le importa quanti figli il marito abbia fuori dal matrimonio, le interessa che siano i tre figli legittimi a ereditare.
Per questo è ancora più bello quando vediamo la scintilla della compagnia dei De Filippo nascere in nuce a tutto questo. I tre fratelli hanno fatto la loro strada ed è tutto partito da un comico, i suoi personaggi e la sua famiglia.
Eduardo non si è mai riferito a Scarpetta come a suo padre e fino alla fine non ha mai posto l’accento su questo ruolo bensì su quello di grande attore. Diversamente fece invece Peppino che raccontò tutto in un libro verità sulla famiglia. Da qui ne conseguì la definitiva separazione dei fratelli.
Titina è una figuretta più in sordina ma comunque assai incisiva in questo film come nella vita, eppure capace di lasciare il segno, come lasciano il segno tutti i personaggi della storia.
Quanto al processo e alle controversie con D’Annunzio, il momento della dichiarazione finale di Scarpetta, insieme al discorso sulla parodia, racconta un punto fermo nella storia del diritto d’autore.
Non parlerò della magia che si respira in questo film, non parlerò dei momenti in cui si ride e si piange, mi limito a dire che se volete ascoltare una bella storia dovreste guardare Qui rido io.