In concorso alla 78a edizione della Mostra del Cinema di Venezia c’è il tanto atteso Spencer di Pablo Larraìn che, si evince dal titolo, racconta Diana non la Principessa moglie di Carlo d’Inghilterra ma la ragazza semplice che voleva una vita normale e si è ritrovata in una prigione dorata.
Diana ha il volto di Kristen Stewart, sorprendente nell’interpretazione così sentita della Principessa dallo sguardo triste che tratteneva un grande dolore. In apparenza la Stewart non avrebbe il phisique du role eppure dopo mezz’ora che la vediamo sullo schermo ci dimentichiamo dell’attrice e subito vediamo Diana con i suoi incubi. Perché il regista imposta il film come se fosse un horror in cui la protagonista deve difendersi dai suoi demoni.
Larraìn ci porta in medias res, quando la favola si è già esaurita e i sogni si sono spezzati, durante il fatidico weekend di Natale in cui Diana decise di divorziare da Carlo. Era il 1991 e la famiglia reale è riunita a Sandringham House dedita ai festeggiamenti natalizi eseguiti secondo l’etichetta; un’etichetta e una formalità che rendono solo più soffocante il soggiorno di Diana. Infatti la donna vive letteralmente un incubo in cui il passato e il presente sono la stessa cosa e il futuro non esiste. Diana ha un abito, già selezionato per lei, per ogni pasto di questo weekend, ma l’incubo non viene dai vestiti già scelti o dal programma serrato, bensì dall’ombra di qualcuno, un fantasma, quello di Camilla Parkerballs che fin dall’inizio del matrimonio minaccia la sua felicità.
Più precisamente una collana di perle è l’oggetto del terrore per la principessa. Carlo ha regalato lo stesso collier a Camilla. La minaccia di queste perle, simbolo dell’umiliazione pubblica sbattuta in faccia più volte, è il contrappunto della storia. Le perle vengono tirate ma il laccio sembra non volersi rompere, come se fosse un cappio al collo. Durante una delle cene ingessate in presenza della Regina, Diana in preda a un incubo ad occhi aperti, le fagocita addirittura per poi rigettare quanto ingerito.
Nonostante la presenza di personaggi comprimari, dalla Regina a Carlo passando per i figli, restiamo sempre con Diana, siamo con le sue emozioni, soffriamo con lei.
Lady D soffriva di disturbi alimentari e lei stessa ne parlò nella famosa intervista del 1995 con la Bbc, ancora adesso al centro di molti dibattiti.
Non è casuale che il film si chiami Spencer, Larraìn usa il nome da nubile della protagonista perché ciò che gli interessa esplorare è la persona non l’icona.
Tra gli aspetti più commoventi della storia c’è il rapporto fra Diana e i figli, quando è con loro Diana sta bene, è felice e gioca, è semplicemente una madre. Se pensiamo agli uomini che sono diventati i piccoli William e Harry è ancora più commovente osservare questi momenti di normalità tra Diana e i figli all’interno del film.
Gli altri personaggi sono assenti, non per funzione o interpretazione, ma perché rappresentano una cortina di ferro, una muraglia inespugnabile, l’insensibilità, la prigione appunto. Un ostacolo costante che la protagonista cerca in tutti i modi di superare restandone sopraffatta.
Spencer è un film commovente e doloroso dall’inizio alla fine in cui si ha la costante sensazione di vedere proprio Diana Spencer in persona. La macchina da presa è incollata al volto di Stewart, ai suoi occhi, ai suoi pensieri in tutti quei momenti in cui la situazione è soffocante.
Non serve conoscere Diana o essere interessati a una storia come questa per emozionarsi con Spencer. Vi consiglio la visione di questo film per vedere da vicino uno spaccato di umanità.
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