Presentato il 1 settembre alle Giornate degli Autori, sezione della Mostra del Cinema di Venezia 78, Madeleine Collins di Antoine Barraud è un thriller che strizza l’occhio (con tutti i limiti del caso) a Hitchcock.
Judith (Virginie Efira) gestisce una doppia vita frenetica tra Svizzera e Francia. Da una parte c’è Abdel (Quim Gutiérrez), con cui ha una bambina, e dall’altra Melvil (Bruno Salomone), con cui ha due figli più grandi. Judith si divide continuamente tra le due famiglie, facendo molta attenzione a non mescolare i due mondi. Questo delicato equilibrio costruito su bugie, segreti e continui andirivieni, inizia a crollare. Intrappolata, Judith decide di fuggire da tutto e la sua situazione presto diventa fuori controllo.
L’originalità della storia sta proprio nella sua protagonista. La storia del cinema è piena di personaggi maschili che conducono una doppia vita, dividendosi tra due famiglie e più figli. In questo caso il ruolo comunemente affidato a un uomo è interpretato da una donna.
Per il resto il film ha in sé tutte le caratteristiche del Thriller di medio livello che, riferendosi appunto ad alcuni capisaldi della storia del cinema cerca di tenere alta la tensione dello spettatore attraverso topos e modelli che abbiamo, appunt,o già visto in altri film della categoria.
Ci sono dei momenti in cui Madeleine Collins sembra girare su se stesso, riproponendo lo stesso schema con ripetizione di scene e situazioni già settate all’inizio, tanto da dare l’impressione che la storia non progredisca. Poi a un certo punto e di colpo tutto precipita e si corre verso un finale che potremmo definire aperto.
Madeleine in preda a un forte rigetto chimico verso tutto ciò che ha fatto cerca di strappar via la vita condotta fino a questo momento come si strappa un cerotto. La donna è ormai spersonalizzata, non è più Judith, non è Margot, non è più nessuno, un’anima senza nome che cerca di ritrovare una sua struttura.
Verso quali nuove vite approderà?
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