Black Widow, un degno commiato per Natasha Romanoff. Recensione
Black Widow è un film Marvel insolito, ma allo stesso tempo irresistibilmente brillante, la caratteristica della saga del MCU è che tutto è interconnesso: ogni episodio, che si tratti di un film o di una serie tv, alimenta il successivo. Il film di Cate Shortland, tuttavia, esiste quasi interamente al di fuori di questo continuum.
Il prequel è ambientato dopo gli eventi di Captain America: Civil War e funge come un’avventura stand-alone per il personaggio di Natasha Romanoff interpretata da Scarlett Johansson. Questa è probabilmente una buona cosa, dato che la Vedova Nera ha una stretta finestra di tempo per le sue avventure prima di incontrare una tragica fine in Avengers: Endgame. Questo significa che siamo in un territorio completamente nuovo per il Marvel Cinematic Universe: un episodio della saga che non va da nessuna parte, o quasi, però lo fa in modo smagliante e assetato di potere.
In Black Widow, la Romanoff si ricongiunge con la sua famiglia, Yelena interpretata da Florence Pugh, un esilarante (a volte un po’ forzato) David Harbour come Alexei Shostakov/Red Guardian e Rachel Weisz come Melina Vostokoff, mentre esploriamo i retroscena che non ci sono mai stati concessi, se non in fugaci attimi, negli altri film Marvel. Scopriamo persino perché la Romanoff non ha mai preso l’accento russo, nonostante sia stata un abilissimo membro della famosa Stanza Rossa, prima di disertare e fuggire negli Stati Uniti per unirsi agli Avengers. Veniamo a sapere anche che Natasha era un’adolescente residente in Ohio, figlia inconsapevole di agenti sotto copertura russi, fino a che mamma e papà non si sono visti costretti a fare un rapido ritorno a Mosca. Sembra che lei e la giovane sorella Yelena siano state immediatamente introdotte nella Stanza Rossa una volta raggiunto il suolo russo, però pare che Natasha non si sia mai fatta ingannare da quel periodo in Ohio. Natasha è in esilio in Norvegia quando la sua irritante sorellina Yelena si mette in contatto con lei.
Una delle ragazze della Stanza Rossa, l’accademia russa del generale Dreykov per l’addestramento e il lavaggio del cervello delle assassine, riesce a “disintossicare” Yelena che scopre di essere stata drogata per tutto quel tempo, perdendo del tutto il libero arbitrio, in quel momento progetta di liberare anche le altre ragazze con l’aiuto di sua sorella.
La loro missione per abbattere Dreykov coinvolge una sequenza d’azione alpina e un esercito di angeli della morte. Sembra quasi un film alla Bond, senza flirt e certamente senza sesso, c’è, tuttavia, la minaccia di fondo della misoginia. Dreykov dice che le ragazze sono “l’unica risorsa naturale di cui il mondo ne ha troppe”. Le sue “vedove” sono lobotomizzate e sottoposte a isterectomie forzate. Ci sono stante scazzottate nel film e forse troppo poco tempo viene speso a esplorare le implicazioni di questi temi più oscuri, non cercando di capire la radice del complesso di Dio di Dreykov.
La storia trova un maggiore sfogo in modalità commedia, in cui a volte è troppo forzato, e sembra più interessato alla dinamica familiare tra Natasha, Yelena e i genitori adottivi. Yelena è un perfetto contrappunto comico per la più cupa e dura Natasha, una frizzante girandola di energia il cui calore e umorismo sardonico dovrebbero consolidare il suo posto come una nuova favorita dei fan nell’universo cinematografico Marvel.
I fumetti di Black Widow sono fortemente orientati verso il genere dello spionaggio e l’adattamento per il grande schermo della Marvel ha tutto ciò che ci si aspetta da un film di 007 ambientato nella guerra fredda; per rendere l’idea, viene persino mostrato fugacemente Moonraker su uno televisore. Il grande cattivo, con un accento ambiguo, Dreykov, ha un piano ambizioso per conquistare il mondo e anche una folle base fluttuante. A Natasha invece è stato concesso un fidato aiutante, Rick Mason interpretato da O.T. Fagbenle, anche se tende ad essere più utile a procurare pesanti armi militari, piuttosto che pistole a frecce da polso.
Una delle controversie del film, che tanto non è piaciuta agli appassionati, è stata la rivelazione che la figlia sfigurata del cattivo è la versione del Marvel Cinematic Universe del cattivo Taskmaster, nei fumetti il personaggio è maschile, Anthony “Tony” Masters, ed è in circolazione dal 1980. Ma questo dovrebbe non essere un problema, anzi tra poco vedremo una Thor donna e come sappiamo bene la Valchiria interpretata da Tessa Thompson è l’attuale regina di Asgard, a questo punto le polemiche dovrebbero stare a zero e bisognerebbe iniziare ad accogliere il gender-swapping della Marvel. Piuttosto, se dobbiamo proprio fare la punta a questo personaggio, dovremmo polemizzare sul fatto che Olga Kurylenko nel suo ruolo ha potuto a malapena avere una parola.
Un problema con l’assenza dei colleghi difensori della Terra della Romanoff è che non ci sono indizi a future uscite per l’assassina diventata un’Avengers, se la Marvel sceglierà di fare un sequel, lo studio dovrà lavorarci da zero, dato che ci sono pochi punti di partenza ovvi per una seconda uscita.
Invece la sequenza post credit, in cui la Yelena incontra Valentina Allegra de Fontaine, interpretata da Julia Louis-Dreyfus, sulla tomba di sua sorella qualche anno dopo, ci da il via per l’attesissima serie Hawkeye. Abbiamo già visto Valentina coinvolta in affari bizzarri con l’agente americano di Wyatt Russell in Falcon and the Winter Soldier, ora sembra proprio che abbia reclutato Yelena per far fuori Occhio di Falco nel prossimo show della Disney incentrato sul personaggio di Jeremy Renner. La decisione della Marvel di concentrarsi su una nuova Vedova Nera, anche se sembra aver perso la sua moralità, suggerisce che questa è l’ultima volta che vedremo la Johansson in un film Marvel. Causa legale alla Disney a parte. Il film Black Widow è un buon tributo a un personaggio che rimarrà per sempre nella storia della saga.