Fin dal primo momento questo esordio letterario di Namwali Serpell, Capelli, lacrime e zanzare edito da Fazi è stato paragonato al capolavoro di Gabriel Garcìa Màrquez, Cent’anni di solitudine. Il primo punto di contatto fra i due romanzi è la materia, si tratta infatti di una saga familiare solo che questa volta siamo in Africa nello Zambezi ma tutto è condito di Realismo Magico e subito si viene catapultati nell’Africa di inizio secolo, nel 1904, per correre veloci fino ai giorni nostri. Questa è un altra somiglianza con Màrquez e con quel modo di raccontare le cose come se ci si stesse rivolgendo a un vecchio amico per riferirgli di qualche pettegolezzo o accadimento occorso a un conoscente o parente prossimo. Solo che in questo caso non c’è la sensazione di un fiume in piena che scorre impetuoso come nelle opere di Màrquez.
La verità è che mentre nella saga della famiglia Buendia tutto sembra sospeso e irreale e ogni evento ha tanti aspetti che hanno dell’incredibile, Capelli, lacrime e zanzare ha le sue fondamenta anche nel romanzo storico, dal momento che vi si racconta anche la storia del continente, la nascita di una civiltà, il colonialismo e la mescolanza delle razze. Infatti Namwali Serpell è nata proprio in Zambia nel 1980 e il suo romanzo, epico e multi-generazionale è basato su memorie, testimonianze reali e incursioni fantastiche il tutto mescolato con appunto elementi di storia, realismo magico e a un certo punto anche fantascienza che rimanda a un tempo futuribile.
Il libro è diviso in parti segnate da figure femminili – nonne, figlie, nipoti – anche se tutto comincia con un uomo, Percy Clark, un fotografo britannico itinerante che si guadagna da vivere vicino alle Cascate Vittoria. Lui è solo il primo di una serie di punti che uniti insieme raccontano la storia di tre famiglie, una bianca, la seconda mulatta e la terza nera. Il colore è un altro tema fondante e con esso la questione razziale. Leggere Capelli, lacrime e zanzare ci dà infatti la misura di che cosa è stato il rapporto tra i bianchi e l’Africa e di che cosa voleva dire per gli africani essere colonizzati.
Le figure femminili sono le protagoniste assolute e ogni cosa ruota intorno a loro, da loro tutto ha origine e così si procede nella storia in questo modo: Le nonne, Le madri, I bambini e La diga.
Molti sono i personaggi che affollano la saga esordio letterario di Namwali Serpell e ciascuno di essi ha una straordinaria storia da raccontare. Sibilla per esempio è una ragazza i cui peli crescono su tutto il corpo e s’avvolgono attorno a lei, c’è Agnes, la ragazza inglese che gioca a tennis, perde la vista e ha una storia d’amore interrazziale. In apparenza, almeno inizialmente sembra che nessuna di queste vicende abbia un legame con le altre ma man mano che la tela si cuce davanti ai nostri occhi il quadro ci risulta chiaro e comprendiamo che ogni accadimento s’interseca con gli altri e le generazioni iniziali trasmettono storia, geni e memoria a quelle successive.
Differenze di classe, politica e rivoluzione sono gli ingredienti che arricchiscono la storia. Serpell ha messo molte tematiche all’interno della narrazione: colonialismo, razzismo, matrimoni misti, forze della natura, povertà. Ciascun protagonista lotta a suo modo per una causa diversa, ciascuna di queste collegata a uno dei temi del romanzo.
Proprio come nei suoi illustri precedenti del Realismo Magico tra i quali possiamo citare anche Isabel Allende, anche in questo esordio letterario di Namwai Serpell troviamo intrighi, amori, passioni e intrecci narrativi relazionali che vanno ad arricchire le vicende storiche narrate.
Capelli, lacrime e zanzare è considerato al momento una svolta nel genere letterario soprattutto per il fatto che rispetto ai suoi precedenti letterari non si ferma al passato come si è detto, ma procede avanti nel tempo fino a un futuro più o meno prossimo, raccogliendo un periodo storico ampio.
Namwali Serpell è una scrittrice in tal senso audace e sapiente che ha saputo lavorare in un campo d’azione temporale davvero vasto che copre tre generazioni, con innumerevoli eventi familiari e storici.
In Capelli, lacrime e zanzare troviamo tutto, ogni cosa del mondo dalle sue origini ai giorni nostri come se fosse una sorta di Bibbia: biologia, razza, sottomissione, politica rivoluzionaria, tecnologia, il tutto sempre attraverso uno sguardo tutto umano. I personaggi hanno i piedi ben piantati per terra e anche per questo il romanzo per quanto simile al genere ha poco Realismo Magico poiché ogni cosa è basata sul concreto, tutto è radicato nella terra in cui ogni storia muove i suoi fili narrativi.
Capelli, lacrime e zanzare è pieno d’amore, passione primordiale, fumo di marijuana, situazioni imbarazzanti, incidenti, partite di tennis nonché intensi piaceri e dolori cocenti.
Ma cosa c’entrano le zanzare del titolo? Queste ultime entrano ed escono dal romanzo, portando la malaria ai primi coloni e sono solo uno dei tanti motivi ricorrenti. Dal lì al virus dell’AIDS il passo è enorme, le due patologie sono assai distanti tra loro eppure l’autrice collega, come si è detto, elementi in apparenza lontani fra loro con abilità magistrale. Proprio le zanzare vanno a concludere il romanzo.
“Siamo soltanto bestie dal sangue rosso o macchine metalliche…. Chi siamo davvero?….Noi siamo anche qui , in un futuro afoso e carici di umidità . Che cosa ci spinge ad andare avanti, la nostra carne artropode o la nostra pelle alimentata a energia solare?…Il tempo, quel meandro antico e infinito, si estende fin dove si perde lo sguardo, ma lungo la sua strada viene piegato in una curva lenta e cumulativa. Immaginate l’equazione o figuratevi il grafico della spirale archimedea. È questa la svolta che svolge il giorno, che alterna l’alternanza a cui le stagioni ubbidiscono e il ciclo degli anni e dei decenni. Ma anche lo Spazio, quella spirale celeste, la grande Via Lattea. E così noi rimestiamo nella più antica delle correnti, una rotazione lenta e inclinata nel centro del vuoto, il cuore più tenebroso di tutti”
Ma questo conclusivo non è l’unico intervento delle zanzare, il loro ronzare accompagna a intervalli regolari la lettura con brevi incursioni, quasi come se fossero questi piccoli esserini i veri narratori della storia.
Non ci rimane che lasciarci andare alla lettura e compierla come si compirebbe un viaggio, senza scomodare Màrquez o la Allende che senz’altro sono dei grandi capisaldi ma dai quali l’autrice di questo romanzo può solo aver preso ispirazione per lasciare un’impronta nella letteratura che gli è propria e che, chissà, potrebbe un giorno essere da modello per qualcun altro.
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