Charles Sobhraj, la vera storia dietro il serial killer della serie The Serpent
La mini serie tv Netflix The Serpent porta sullo schermo la spaventosa storia vera di Charles Sobhraj che, sotto il nome di Alain Gautier, è stato un commerciante di gemme ma soprattutto uno spietato serial killer di hippy, gli intrepidi occidentali che negli anni 70 iniziavano a popolare le rotte dell’Asia. Ma chi è veramente Charles Sobhraj?
La vera storia di Charles Sobhraj
Charles Sobhraj nasce a Saigon nel 1944, dall’amore tra una contadina vietnamita e un uomo d’affari indiano che, però, è destinato a consumarsi presto: pochi anni dopo la sua nascita, i due si separano e il padre li abbandona. La mamma, rimasta sola, trova un nuovo compagno con cui si trasferisce in Francia, ma quest’uomo non sarà mai abbastanza per colmare il vuoto che il padre ha lasciato in Charles, al contrario, sarà motivo di forte rabbia e gelosia nei confronti dei figli frutto dell’amore tra la mamma e il suo nuovo compagno. Alcuni ritengono che sia stato quello il momento della sua vita in cui inizia a farsi spazio in lui una forte ira che si trasformerà nello spirito criminale per cui ancora oggi siamo qui a parlarne.
Da adolescente inizia con piccoli reati e già a 19 anni, nel 1963, riceve la sua prima condanna per furto con scasso. Persino in prigione riesce a ottenere alcuni permessi -come ad esempio tenere con sé dei libri- dimostrando fin da subito il suo spirito da manipolatore, la chiave che gli permetterà di adescare le sue future vittime.
Una volta fuori prigione torna in Francia a riprodurre lo stesso stile di vita in un rango della società diverso: continua a coltivare il suo lato criminale, questa volta nell’alta società, in cui incontra la donna della sua vita Chantal Compagnon. I due programmano di sposarsi ma, il giorno dopo il fidanzamento, Charles viene nuovamente arrestato alla guida di un veicolo rubato; scontati gli 8 mesi di pena, nel 1970 si sposano e per difendere il loro sogno d’amore da ulteriori arresti decidono di scappare insieme in Asia. Seppur lontani da casa e con una figlia di nome Usha, a Mumbai la loro vita continuerà a seguire il copione che abbiamo appena letto a cui si aggiunge l’aiuto di sua moglie: insieme iniziano a derubare gli hippy occidentali, e Charles non rinuncia a fare rapine, tanto che viene nuovamente arrestato in India a seguito di una rapina a mano. Da perfetto manipolatore finge un malessere, più precisamente un’appendicite, e lo fa talmente bene che viene trasportato in ospedale da cui riesce ad evadere e a scappare a Kabul, dove riprende in mano quello che nel tempo si rivelerà essere il suo più grande vizio: derubare i turisti occidentali. Ricercato dalle autorità scappa in Iran, mentre la moglie rimasta sola in Afghanistan, decide di tornare in Francia per assicurare alla loro bambina una vita migliore di quella pericolosa e criminale che avevano costruito insieme. Charles, nel frattempo, sopravvive fuggendo e, in una delle sue tappe in India lontano dalle autorità, incontra la bella e confusa Marie-Andrée Leclerc, una donna canadese che sente di non appartenere più alla sua vita e per questo basterà poco perché lei si butti a capofitto nella vita di Charles, che sotto il nome di Alain Gautier, si presenta come un distinto commerciante di gemme. Dal momento in cui lo incontra, Marie-Andrée, quella ragazza canadese che si trovava in India per un viaggio, cessa di esistere: diventa Monique, la fidanzata e la complice di uno dei più spietati criminali degli anni 70. Tra Alain e Monique c’è sempre Ajay Chowdhury, il suo fedele braccio destro in ogni crudo omicidio, di cui oggi si sono perse le tracce.
Alain, Monique e Ajay conducono una vita in volo, viaggiando da una parte all’altra dell’Asia grazie ai passaporti falsi che restavano delle loro vittime. Si stima che ad essere caduti nella loro trappola siano stati almeno 20 ragazzi occidentali, di cui 10 sono ufficialmente accertati. Il modus operandi era sempre lo stesso: Charles Sobhraj aveva la capacità di individuare ragazzi che, essendo lontani da casa, si trovavano disorientati in Asia e offriva loro ciò di cui avevano più bisogno, ossia un punto d’appoggio, qualcuno di fidato che li potesse capire e su cui contare. Si presentava come Alain Gautier, e difficilmente i ragazzi opponevano resistenza a un perfetto francofono, che conosceva i posti in cui loro si sentivano persi e in più gli offriva un alloggio. Così, Charles procedeva con il suo piano avvelenandoli, derubandoli e bruciandoli.
La prima vittima è stata Teresa Knowlton, una donna di Seattle che nel 1975 è stata ritrovata annegata nel Golfo della Thailandia. A seguire, Vitali Hakim, poi una giovane coppia di studenti olandesi, Henk Bintanja e Cornelia Hemker. E, ancora, Charmayne Carrou, arrivata in Thailandia preoccupata per l’improvvisa scomparsa del suo fidanzato Vitali Hakim, che insieme non faranno mai più ritorno a casa. Il motivo per cui Charles Sobhraj covava un profondo odio nei confronti degli intrepidi occidentali che negli anni ‘70 iniziavano a popolare le rotte dell’Asia è ancora oggi ignoto, ma quello che possiamo percepire dalle sue fredde e impassibili dichiarazioni è che si trattava di una vendetta asiatica nei confronti dell’Imperialismo Occidentale che vedeva incarnato da quei giovani mai tornati a casa.
Gli inquirenti si accorsero ben presto che quello che accumunava le vittime è che, oltre ad essere occidentali, venivano ritrovate in bikini, per questo soprannominarono l’anonimo assassino, The Bikini Killer. Parallelamente, un membro dell’ambasciata olandese a Bangkok, Herman Knippenberg, riceve comunicazioni di cittadini misteriosamente scomparsi e inizia ad indagare sulle loro morti: il suo aiuto sarà davvero fondamentale per l’arresto di Charles Sobhraj, che dopo essere stato interrogato a riguardo, riesce a cavarsela e fuggire in Malesia. Nel 1976 Nuova Delhi recluta due nuovi bracci destri, questa volta delle donne (Barbara Smith e Mary Ellen Eather) e insieme drogarono e uccisero un turista francese Jean-Luc Solomon. Ma sarà un tentativo troppo azzardato a costargli l’arresto: cercò di avvelenare un gruppo di studenti francesi ma, calcolando male le dosi, i ragazzi ripresero coscienza prima del previsto e lo fecero arrestare.
Nel 1977 viene condannato a 12 anni di carcere, a cui si aggiungeva un mandato di arresto dalla Thailandia con condanna a morte. Anche dietro le sbarre, la sua personalità da manipolatore non smise di manifestarsi: la sua incarcerazione somigliò più a una vacanza grazie ai privilegi di cui godeva vendendo ai carcerieri delle gemme che era riuscito a portar con sé. Ma questo è niente se pensiamo che nel 1986 organizzò in carcere un party per i suoi 10 anni di detenzione: l’evento gli permise di drogare le guardie e scappare, proprio due anni prima di dover scontare il mandato d’arresto thailandese che pendeva su di lui ormai da un decennio. Arrestato in India, viene condannato per altri 10 anni, riuscendo a rimanere lontano dal mandato d’arresto in Thailandia che nel frattempo cadde; poi nel 1977 torna in Francia dove viveva da cittadino libero, senza alcun mandato di cattura alle spalle. La libertà lo fece diventare un personaggio noto che si divideva tra interviste e grosse offerte in denaro per trasformare la sua vita criminale in un film.
Nel 2003, durante un viaggio in Nepal, lascia vincere il suo lato narcisistico e decide di rilasciare un’intervista ad un giornale locale che gli costerà il definitivo arresto: condannato all’ergastolo, Charles Sobhraj, è tuttora dietro le sbarre.
Ancora oggi parliamo di Charles Sobhraj, o meglio di The Serpent: come descrive il Bangkok Post, che si è occupato molto di lui per via dei suoi crimini nel territorio, questo è il soprannome che gli è stato per “la sua abilità di serpente per evitare di essere scoperto dalle autorità”.