Si torna a parlare di Una Donna Promettente, film che sta continuando a catturare l’attenzione dei telespettatori per la sua trama intrigante e attualissima, trovate qui la nostra recensione. Ma come fa Una Donna Promettente a ottenere questo effetto brillante sul pubblico? Il nostro punto di vista è che sia merito della struttura del film, altalenante e spiazzante, per nulla scontata in un mondo in cui si consuma un altissimo numero di contenuti cinematografici costantemente, soprattutto grazie all’avvento delle piattaforme streaming come Netflix, Amazon Prime e simili.
Una Donna Promettente, vincitore di innumerevoli premi, risulta essere un film dalle molteplici sfaccettature, con una struttura per nulla convenzionale. Il cinema, si sa, nasce dal teatro, che ha di base una struttura in tre atti. Lo scopo di questa struttura, applicata nella stragrande maggioranza delle pellicole, è quello di dare una struttura coerente ed efficace al racconto che, dunque, comincia con un’introduzione e un focus sui personaggi, si sviluppa in un momento di scontro, il cosiddetto climax, e culmina poi nella conclusione e risoluzione del dramma. Positiva o negativa che sia, la conclusione dell’atto terzo è sempre accompagnata da un clima distensivo, salvo rare eccezioni.
In Una Donna Promettente questa struttura viene completamente ribaltata. Nelle prime scene viene presentata la protagonista, Cassie, ma ancora non si sa bene quello che le sia accaduto, il vero motivo per cui sta facendo quello che fa, cosa l’ha spinta a trovarsi in quel bar a inscenare quel teatrino della donna ubriaca. Certo, dal trailer era molto chiaro quale fosse il genere del film, il Revenge Film, quello in cui viene messa in atto una situazione attuale di disagio in cui le donne si trovano fin troppo spesso, a cui viene data poca voce; un film di violenze, anche se la violenza non si vedrà mai davvero sullo schermo, perché anche quando verrà ritrovato il video che colpevolizza gli ex compagni di Cassie (e dell’altra protagonista – fantasma, Nina) questo non verrà mai mostrato ai telespettatori, che possono solo immaginare le atrocità delle immagini, andando a creare un più acceso legame empatico tra pubblico e protagonista.
Quello che, però, salta ancora più agli occhi, è come il film, ad un certo punto, perda la retta via. Da dramma vendicativo si viene trasportati in una commedia romantica, quasi a chiedersi “ma che succede?”, come se non fosse il film che ci si aspettava di vedere. Ecco che, all’improvviso, sul grande schermo, Cassie non si vendica più ma canta Paris Hilton in un locale di cibo spazzatura con il nuovo amore della sua vita, come nei migliori film adolescenziali. Ma perché?
Non si pensi che sia stato un errore, una svista. Tutto era perfettamente programmato, come lo sono i riferimenti chiari alle pellicole del genere Pulp (non hanno richiamato anche a voi alla mente alcune scene di Pulp Fiction quei colori, quelle ambientazioni?). Proprio i colori sono una componente importantissima del film. Si alternano scene cupe e molto scure, con colori pastello e sgargianti. Anche l’abbigliamento di Cassie si adatta a questi cambiamenti repentini; prima la si vede vestita con gialli e rosa shocking, poi la sua vita è di nuovo monotona come il suo look. Ottimo gioco, quello creato dalla regista e dai costumi, per esaltare l’estrema ambivalenza di questo personaggio, che a volte fa quasi paura nella sua ambivalenza.
E se i colori fanno la loro parte, a completare questo magnifico quadro di duplice trama (quella thriller e quella romantica) si aggiunge la musica. Una musica estremamente tensiva, quando Cassie è intenta a portare a termine la sua vendetta suddivisa in capitoli, che stride con i momenti di felicità e normalità della protagonista che, nonostante i suoi 30 anni compiuti, è rimasta letteralmente bloccata nel limbo dell’eterna giovinezza, segnato da canzoni anni ‘90, come l’iconica Toxic, di Britney Spears e frappè alla fragola.
Ma se tutto sembra aver preso la piega del romanticismo, ecco che il secondo atto dovrebbe presentare un cambiamento di rotta, un problema. In effetti, Cassie e il suo amore appena nato affrontano la prima (e anche ultima) crisi di coppia, ma non per un anniversario dimenticato. Come per magia, il clima pulp e della vendetta, colonne portanti di Una Donna Promettente, tornano in scena. Cassie scopre quello che non avrebbe mai voluto scoprire, ovvero che Ryan era parte integrante della violenza ai danni dell’amica del cuore, Nina, e non ha mai fatto, né detto nulla per aiutarla. Ci si aspetterebbe una scenata, una Cassie pazza e furiosa, devastata moralmente dalla scoperta. Quello che vediamo è molto più particolare: una Cassie più vendicativa che mai, con il potere in mano, ma salda nei suoi nervi, consapevole e determinata.
Da questo momento in poi, la classica struttura viene letteralmente ribaltata. Non si innesca il clima distensivo che porta verso la risoluzione del problema del terzo atto; sembra cominciare un nuovo film, quello che tutti si aspettavano fin dal principio. Il clima tensivo cresce, secondo dopo secondo; lo spettatore rimane con il cuore in gola. L’epilogo è, senza ombra di dubbio, molto lontano dalle aspettative, seppur spiazzante è del tutto pazzesco e affascinante.
Quello che si nota, però, è che al di là della vicenda e del suo epilogo, di Cassie e dei suoi ex compagni di college, Una Donna Promettente lascia con il fiato sospeso fino all’ultimo secondo, come se all’improvviso tutto dovesse nuovamente cambiare, e con l’amaro in bocca quando le luci della sala si accendono e si torna alla realtà. Prendendo consapevolezza che nessuna vendetta ha mai il sapore della vittoria, nemmeno per Cassie che, alla fine, ha pagato il prezzo più alto.
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