Madame d’ora, alias Dora Philippine Kallmus (1881-1963), fu una antesignana della fotografia al femminile ancora poco conosciuta e studiata. Una fotografia, la sua, capace di giostrarsi tra ritratti in posa della Vienna bene di inizio novecento agli orrori dell’olocausto e del dopoguerra con una caratura e un distacco oggettivo da vera reporter artistica.
Madame d’Ora è stata la prima donna ad essere ammessa alla Höhere Graphische Bundes-Lehr- und Versuchsanstalt, scuola applicata di grafica di Vienna e contemporaneamente mise piede nell’associazione dei fotografi austriaci, dimostrando fin da subito un appassionato intento documentaristico per la società contemporanea.
Anzitutto dedicandosi al ritratto individuale per la Vienna bene dell’epoca, nobiltà in dirittura d’arrivo e borghesia crescente, che chiedevano principalmente ritratti di tre quarti, scorciati, dinamici, con sguardi da far trasparire una introspettiva psicologia, abbigliati alla moda più recente, cappelli all’avanguardia, gioielli art nouveau alla Klimt, abiti monocromi o a fantasia floreale. Questa sua dote, molto pubblicitaria si fece ben presto notare dalle nascenti e soprattutto crescenti riviste di moda che furono da subito estasiate da queste immagini così suggestive e comunicative anche dei semplici accessori e prodotti di moda, non solo limitandosi ai confini austriaci, ma giungendo a Parigi, collaborando nel 1923 con la rinomata pubblicazione L’Officiel de la Couture.
A Parigi fotografa modelle dal calibro internazionale come Eva Rubinstein, Anna Pavlova e Josephine Baker continuando ad essere pubblicata anche per Vogue e Excelsior. Sempre nella capitale parigina, nel 1939 con l’invasione nazista della Polonia, Madame d’Ora vive in prima persona la vita, non solo della guerra, ma in diretto contatto con sopravvissuti all’olocausto e all’Anschluss come Viktor Matejka, realizzando due profondi e commoventi reportage, rispettivamente nel 1948 e nel 1954.
Dopo questo periodo Madame d’Ora si occuperà dell’ultimo capitolo della sua fotografia, ossia il capitolo iniziale di tutta la sua carriera: il ritratto, sopratutto della vita intellettuale del dopoguerra come quello di Cocteau o Picasso.
Scomparsa nel 1963 il suo lavoro è globalmente considerato l’antesignano della fotografia femminile europea, ma sopratutto è riconosciuto di una valenza che sfocia dall’arte alla pubblicità, dal marketing all’editoria, evidenziando una straordinaria modernità di approccio al mezzo e ai soggetti ritratti non di poco conto per la storia della fotografia di metà novecento.
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