La spiaggia degli affogati di Domingo Villar è il secondo romanzo sulle avventure del commissario Leo Caldas dopo L’ultimo traghetto del 2019. Entrambi i gialli sono editi in Italia da Ponte alle Grazie.
L’ambientazione, le atmosfere e i colori della Galizia sono assimilabili a quelle del Commissario Montalbano di Andrea Camilleri e i gialli di Vàzquez Montalbàn.
Lo schema di La spiaggia degli affogati è infatti quello solito del commissario di polizia che vive in una cittadina fuori dal tempo ancora legata a certe tradizioni di inizio secolo e forse ancora troppo lontana dalla frenesia del quotidiano. Anche per questi dettagli risulta difficile collocare nel tempo questa avventura anche se sappiamo benissimo da diversi dettagli che è contemporanea. Eppure le vicende, il racconto della vita quotidiana di una piccola cittadina e la vita dei pescatori con le sveglie all’alba per il mercato, le pescate notturne e le bevute in taverna, collocano la storia in una sorta di non-tempo e forse anche un non-luogo che racconta una Spagna che fu, ma forse anche un’Italia. Perché le cose che accadono a Vigo potrebbero capitare in un qualsiasi paesino della provincia italiana.
Questa volta Leo Caldas ha a che fare con il cadavere di un giovane pescatore, annegato e riportato dal mare sulla spiaggia di Vigo. Il giovane Justo Catelo ha le mani legate da una fascetta fermacavi, si pensa al suicidio ma per Caldas alcuni dettagli non tornano. Per esempio il fatto che la fascetta ha una posizione che lascia pensare sia stata chiusa da qualcun altro, oppure il colpo che il cadavere riporta dietro la testa fa pensare non al fatto che sia stato sballottato dal mare sugli scogli ma piuttosto che qualcuno lo abbia colpito.
Molto presto Caldas scopre che il defunto aveva dei conti in sospeso relativi a un precedente naufragio occorso nel 1996 da cui lui e un altro marinaio si salvarono. A perire fu il capitano della nave che però qualcuno in paese giura di aver visto sotto forma di fantasma.
Un fitto mistero dunque che ne nasconde un altro, dove sarà la verità?
Caldas è accompagnato anche questa volta dal suo impetuoso e inopportuno aiutante Estévez con cui si consumano dei simpatici siparietti comici che alleggeriscono la tensione del giallo e ci danno il tempo di riflettere, ipotizzare, supporre insieme al nostro Caldas su quanto accaduto sulla spiaggia Panxòn.
Leo Caldas è il classico personaggio fuori luogo con la sindrome dell’impostore che sembra sempre trovarsi per sbaglio in una situazione o in un luogo, fuori posto. Metaforicamente questa cosa è raccontata molto bene dalle sue scarpe che non sono adatte per andare in barca e neppure per camminare nella vigna di suo padre. Questa caratteristica rende il personaggi molto umano, molto vicino a noi, qualcun che in effetti non ha la stoffa dell’eroe ma che senz’altro sa il fatto suo e vive il suo mestiere come una vocazione. Se non fosse che tutti lo riconoscono per quel programma alla radio in cui raccoglie le lamentele del pubblico sulla municipale.
Dal punto di vista stilistico la scrittura scorre e anche se la narrazione è in terza persona in realtà si ha la sensazione di stare sempre nella testa di Caldas come se fosse una sorta di soliloquio o un flusso di coscienza. Ogni capitolo si apre con una parola dal vocabolario e la relativa definizione, ognuna di queste è la parola chiave del capitolo che ne scandisce metaforicamente e narrativamente il senso anche se ogni capitolo è piuttosto breve facendo risultare il romanzo troppo frammentato.
A parte questo piccolo elemento di disturbo che non rende la lettura sempre scorrevole La spiaggia degli affogati è avvincente, suggestivo con tinte noir, vintage e a tratti anche magiche e il plot twist finale lo rende il giallo tipico, perfetto per gli amanti del genere.
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