Uno di quei film che rappresenta una piacevole scoperta è Le vite degli altri. Si tratta di thriller drammatico di produzione tedesca del 2006, diretto da Florian Henckel von Donnersmarck con Martina Gedeck e Ulrich Mühe, premiato con l’Oscar come miglior film straniero del 2007. La storia racconta del drammaturgo Georg Dreyman e della sua compagna di sempre, la famosa attrice Christa-Maria Sieland, che nei primi anni Ottanta si trasferiscono a Berlino Est. La Stasi, il famoso servizio segreto esercita la sua attività di controllo persino sugli artisti e non solo su coloro che considera “amici”, ma anche sui dissidenti al regime comunista sovietico. Il capitano della Stasi, Gerd Wiesler, viene incaricato di spiare Georg Dreyman, apparentemente non pericoloso, per l’ideologia del partito socialista, allettato da una promozione nel caso riesca a scoprire qualcosa di compromettente sull’uomo. E poco importa se anche alla base di questa attività di spionaggio ci sono dei futili motivi, come quello del capriccio di un importante ministro, che riversa le sue morbose attenzioni sulla compagna di Georg, Christa-Maria.
L’obiettivo del politico è quello di far cadere nel tranello il drammaturgo, per poter ottenere la compagna dell’uomo. Potremmo dire che questa sia una storia di spionaggio come tante altre, con una spolverata di tinta rosa. Il capitano Wiesler, incarna l’uomo perfetto per eseguire questa missione: è preciso ed efficiente, mai una macchia sul suo conto.
Abbiamo parlato di Wiesler come capitano, ma chi è come uomo? È un uomo solo, senza una vita privata, che piano piano entrando nella vita dei Dreyman, inizia ad interessarsi alla loro esistenza, appassionandosi in particolare all’arte e alla letteratura. Un giorno, però, un evento traumatico, come il suicidio dell’amico Albert Jerska, ormai stanco e disilluso, lo conduce a cambiare idea. Inizia così per il capitano un processo di cambiamento interiore, che gli consentirà di aprire gli occhi e di porsi delle domande, non solo sulla missione che sta compiendo, ma anche sulla modalità di azione perpetrata dal regime per cui lavora. E proprio qui che il Wiesler lascia spazio all’uomo. Immaginate per un istante di seguire la vita di qualcuno come foste osservatori esterni, cogliendoli nei loro momenti più intimi e nascosti, di vivere gioie e timori altrui, diventando spettatori di ogni attimo della loro vita. Osservare una vita che non è più altrui, ma che pian piano diventa anche la vostra. Un’esistenza per cui gioite, vi rattristate, vi rallegrate e soffrite, coscienti che nelle vostre mani dipende anche l’altrui vita. Se potessi esprimere un giudizio, direi senza ombra di dubbio che “Le vite degli altri” è un film nel film, una storia nella storia e porta alla visione dello spettatore un’opera che non rimane uguale a se stessa, ma cambia scena dopo scena. La vita dei due protagonisti, così permeata dalla cultura e dai sentimenti, si intreccia con quella di Wiesler, che non è più un semplice spettatore, ma ne viene coinvolto emotivamente, cosicché anche la sua vita non sarà più la stessa.
Perché guardare il film Le vite degli altri?
Un cast straordinario. Gli attori danno pienamente voce ai personaggi, conducendoci per mano attraverso la storia. Si parla di libertà d’espressione, censura, arte, sentimenti ed emozioni e il tutto si intreccia in un vortice impetuoso. Può la censura reprimere arte ed emozioni? Fin dove termina la mera esecuzione di ordini e dove inizia la propria volontà di scelta? Forse, osservando le vite e le esperienze altrui, nasce proprio quella coscienza, quella voce interiore che ci dà la spinta per osare e avventurarci in ciò che non avremmo mai pensato di poter fare. Una vita altrui può contribuire a cambiare anche la nostra, seppur a caro prezzo.
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