Serie TV

Normal People: la recensione di una storia d’amore

Cosa c’è da raccontare quando si parla di normalità? Vale ancora proporre, nello sfavillante panorama seriale di oggi, una narrazione svogliata con punti di svolta quasi inesistenti, senza effetti speciali e super poteri? Eppure, la serie irlandese Normal People, tratta dall’omonimo romanzo della giovane scrittrice Sally Rooney, ha incantato il suo pubblico riuscendo a ricevere numerose candidature per i premi più ambiti, dagli Emmy ai Bafta. Normal People è stato distribuito lo scorso aprile su Hulu e BBC Three mentre in Italia, arrivato qualche tempo dopo, è ora disponibile su Starzplay. La serie, diretta da Lenny Abrahamson, è un concentrato di emozioni intense, talvolta romantiche, altre volte incredibilmente tragiche: fa vibrare il cuore come fosse una corda di violino ora riempiendo l’anima di amore e desiderio ora di profonda tristezza.

Normal People è una miniserie che racconta la storia di due giovani liceali di una piccola città della campagna irlandese, Sligo. Marianne (Daisy Edgar-Jones) è una ragazza benestante, restia alla socialità ed emarginata dal gruppo di scuola, il quale non perde occasione per deriderla e bullizzarla. La sua timidezza e difficoltà di integrazione viene sovente intesa come rigidità e snobismo e per questo isolata dai compagni, rivelatisi, ben presto, alquanto ignoranti. Connell (Paul Mescal), invece, è un giovane studente perfettamente inserito nelle dinamiche scolastiche: star del calcio, oggetto del desiderio delle ragazze più belle della scuola e ottimo studente. Il ragazzo, in realtà, nasconde forti inquietudini soprattutto quando fatica ad allinearsi con l’atteggiamento goliardico e superficiale dei suoi amici. La giovane mamma di Connell è la donna delle pulizie della famiglia di Marianne: sarà tra le mura della grande abitazione della ragazza che i due scambieranno il primo, intenso bacio. I ragazzi, infatti, legati da passioni comuni come la letteratura e l’attualità, si ritrovano a manifestare un interesse reciproco, fin a quel momento mai dichiarato, forse per timore dei giudizi altrui. Di fatti intraprendono una relazione segreta ai più, ignorandosi nei corridoi della scuola ma consumando entusiasticamente i loro desideri sotto le lenzuola. Il sesso per loro sembra rappresentare un luogo d’incontro lontano, in cui due spiriti inadatti ad entrare in contatto con il mondo esterno, possono finalmente fondersi in un’unica forma, quella dell’amore. 

Normal people segue le strade dei due giovani protagonisti lungo i momenti salienti della loro crescita personale: dal ballo, al diploma per finire con l’esperienza al college a Dublino. Nel lungo arco di racconto della miniserie, Connell e Marianne sono spesso distanti, si relazionano intimamente con altre persone e viaggiano verso luoghi diversi, alla scoperta di una propria identità. Ma le varie vicissitudini che la serie racconta sono solo uno sfondo per quello che è il perno centrale di Normal People: amarsi anche quando non lo si dichiara. Connell e Marianne sono due ragazzi normali che sperimentano, entrambi, strani turbamenti durante il percorso insieme. Il ragazzo non si riconosce nella grigia cittadina di Sligo, certamente familiare e piena di “vecchi amici”, ma allo stesso tempo, un universo estraneo alle sue aspirazioni di scrittore. Ugualmente la realtà cosmopolita di Dublino mette alla berlina le sue insicurezze mai sopite, provocando il lui un senso di alienazione. Marianne, d’altro canto, ottiene, durante l’università, una popolarità mai avuta al liceo e inceppa, però, in relazioni distruttive, complice un passato familiare violento riversato ora nell’aggressività del fratello e nella passività di una madre fredda. È nell’incrocio dei loro sguardi, nei gemiti di piacere, nel tocco leggero delle loro dita e nel bacio timido sulla pelle bagnata che le vite di Marianne e Connell s’incrociano inesorabilmente, senza lasciarsi mai più, anche quando i loro destini, forse, li dividono. 

Benché la narrazione di Normal People racchiuda alcuni anni, la regia procede lenta in linea con la pigra ricerca della felicità dei protagonisti. I primi piani, lunghi e stretti, tolgono il respiro ai due innamorati conferendo una sensazione claustrofobica anche allo spettatore. Le conversazioni passano dalla chiara espressione dei sentimenti a frasi ermetiche ed incomprensibili, così come sembrano indecifrabili le motivazioni per le quali due giovani ragazzi, belli ed intelligenti, comuni, non possano stare semplicemente insieme. Non sta a noi giudicare la sincerità del loro dolore: non è una gara di sofferenze. Il pubblico li accompagna nel processo di maturazione fin quando giunge il momento di dirsi ti amo in mezzo alla folla, dapprima ostracizzante, adesso finalmente amica. In una stanza vuota, Connell e Marianne, grati per l’amore reciproco, sono pronti a continuare con le loro esistenze, in posti lontani, rincorrendo le loro ambizioni. D’altronde, come la bella musica, anche le storie finiscono: è questo, per caso, un motivo valido per smettere di ascoltarla?

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