Elisabeth Moss ha sempre reso questa serie tv eccezionale, anche se terrificante, ma vedere come June si trasforma nella leader dei ribelli in The Handmaid’s Tale 4 ha qualcosa di veramente unico.
Non sono sicura che “godimento” sia proprio la parola giusta in relazione alla visione di The Handmaid’s Tale, nelle prime tre stagioni in diverse occasioni si è rivelato veramente straziante guardare alcune scene, ma nonostante questo è uno show grandioso, un dramma dalla trama distopica capace di toccare tasti inconsueti e scomodi con grande abilità. Ha avuto una prima stagione magnifica e avvincente, che in gran parte si è attenuta alla trama del romanzo iconico di Margaret Atwood (Il racconto dell’ancella), mentre in seguito ha lottato sotto il peso della sua stessa tragicità prendendo una nuova e sconosciuta strada, siamo arrivati alla quarta stagione, (con una quinta già annunciata) e la storia procede a ritmo incalzante, non perdendo mai di tono, anzi, questa quarta stagione ha avuto quella luce di speranza che ci ha fatto avvicinare ancora si più alla serie. June (Elisabeth Moss) cerca continuamente di fuggire da Gilead e continuamente viene catturata, il che la fa sentire come in un circolo vizioso in cui è difficile continuare ad avere speranza. Ma una deviazione nella politica globale ha dato nuova fiducia agli avvenimenti.
June ha organizzato una schiera di ribelli, mettendo insieme una rete segreta di Marte e Ancelle, per portare di nascosto 86 bambini fuori da Gilead, salvandoli da quella terribile vita sotto un regime brutale. I Waterford sono stati arrestati dal governo canadese e sono in prigione, ma alla fine della terza stagione si aveva come l’impressione che per June fosse finita. Eppure, senza di lei, questa serie perderebbe di qualsiasi significato, si può assolutamente affermare che l’interpretazione di Elisabeth Moss sia la chiave che fa funzionare la macchina. Se la domanda che ci si può porre guardando la serie è: quanto ancora può sopportare questa donna, la risposta arriva rapidamente nelle prime scene della quarta stagione. Senza anestesia, Janine cauterizza la ferita da fucile nell’addome di June con un attizzatoio rovente. Benvenuti alla quarta stagione.
La Moss ritrae la trasformazione di June da vittima del regime a spietata leader delle ancelle ribelli con tutta la competenza che ci si può aspettare da un’attrice di questo livello. È così brava a mostrare ciò che il dolore può fare a una persona anche nel più piccolo dei movimenti e dei gesti, per non parlare degli sguardi. Nell’episodio iniziale June è distrutta e malconcia, è quasi morta durante il viaggio verso una casa sicura del Mayday nel Massachusetts. Mentre cerca di rimettersi in piedi si chiede se nascondersi in una fattoria rurale semi-sicura possa essere il massimo della libertà a cui può aspirare. Incontra una quattordicenne di nome Signora Keyes, all’inizio l’adolescente sembra una specie di sovrana pazza, un mostro alla Joffrey il cui atteggiamento comprensivo verso i ribelli non è affatto affidabile. Presto però la verità su di lei rivela che, come tutti in questa serie, ha sofferto le pene dell’inferno, questo ha fatto sì che riponesse tutte le sue speranze in June e nel Mayday.
Come sapranno tutti coloro che hanno seguito The Handmaid’s Tale, la speranza è davvero qualcosa di precario, nel migliore dei casi. Ma June è diventata una persona molto diversa dalla Difred degli episodi precedenti, facendo suoi alcuni aspetti delle crudeltà che le sono state inflitte. C’è un riferimento preciso verso le azioni di Gilead e ciò che possono creare nelle persone, ovvero quando la signora Keyes e June diventano una sorta di squadra vendicativa madre-figlia, alla fine la scena sembra un po’ troppo caricaturale ma è efficace nel suo insieme. “Ho un po’ paura di lei, ad essere onesti”, dice il signor Keyes, un vecchio ubriacone, parlando della giovane moglie. “Dovresti averne”, gli risponde June. Non è particolarmente discreto, ma è certamente appagante vedere la signora Keyes trovare la propria vendetta. Inoltre si aggiungono diverse sfumature alla questione, perché la domanda sorge spontanea: la crudeltà è mai giustificata? In questo caso si fa fatica a trovare una risposta.
Altrettanto appagante è il momento in cui i Waterford scoprono che June è responsabile di aver fatto fuggire i bambini a Toronto. “Questo scatenerà una guerra”, avverte il comandante Waterford interpretato da Joseph Fiennes, ancora viscido come sempre, anche in prigione. Intanto zia Lydia (Ann Dowd) è ansiosa di ricongiungersi con June. Dopo essere stata nuovamente catturata e riportata a Gilead viene picchiata e torturata perché possa fornire le informazioni necessarie al consiglio per ripristinare una situazione di apparente quiete, anche se la diminuzione del potere di Gilead (e la necessità che June rimanga nella storia) fanno sì che venga presto riportata al suo posto. Zia Lydia, nonostante non sia colei che fisicamente infligge torture a June, ha il potere di distruggere le persone, questo ha sicuramente accesso nei fan della serie il desiderio di vedere lo spin-off legato alla serie che riprenderà l’ultimo l’libro della Atwood (I testamenti), in cui la storia di zia Lydia prenderà una sua strada e il personaggio avrà una grossa evoluzione.
Nel complesso The Handmaid’s Tale rimane una delle più audaci e coraggiosa, è girata in modo sublime, la colonna sonora è incredibile, troviamo brani di Carole King e Aretha Franklin, ambientata in scenografie orribilmente raccapriccianti ma perfette. Non è mai sembrato che lo stile prevalesse sulla sostanza, nonostante questo ha uno stile raro da trovare in una serie tv, è difficile amare un dramma che genera una stato costante di dolore e disperazione, però ci è riuscito. Questa serie si fa amare perché è terribilmente violenta verso una realtà che potrebbe non sembrare poi così distante dalla nostra. La quarta stagione ha riacceso le speranze verso un futuro migliore, June ha dato agli spettatori qualcosa e qualcuno per cui fare il tifo, sappiamo che ha sbagliato, ma troviamo difficile condannarla, eppure quello che è successo avrà delle conseguenze. Dopo tutta quella sofferenza la tensione ora sta nel capire che tipo di eroina ci è rimasta. Quanto è corrotta l’anima di June?
Nolite Te Bastardes Carborundorum
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