Cinema

“Il suo ultimo desiderio”: il film Netflix sul traffico di armi illecito in America Centrale che poteva dare di più

Il suo ultimo desiderio” è il film uscito su Netflix dal cast eccezionale, che lascia molti punti interrogativi e una trama complessa. Poco comprensibile e molto articolato, poteva dare di più: il traffico di armi illecito in America Centrale e una giornalista alle prese con la sua indagine, tormentata e inseguita. Resta un fatto al di là dei difetti: c’è sempre una verità atroce dietro l’apparenza, c’è sempre chi preferisce i soldi e il potere alle persone. Ogni cosa ha il suo prezzo. Questo non solo nel film ma anche nella vita reale.

Azione, suspence e mistero sono gli ingredienti per un thriller che può riuscire a coinvolgere e a tenere fissi gli occhi allo schermo. Saper dosare bene queste componenti non è scontato e il film “Il suo ultimo desiderio” (“The Last Thing He Wanted”) riesce solo in parte in questo intento. Tratto dal libro omonimo di Joan Didion del 1996, edito da Il Saggiatore, il film è diretto da Dee Rees ed è uscito sulla piattaforma Netflix il 21 febbraio 2020. Vede come protagonista Elena McMahon (Anne Hathaway), coraggiosa e brillante giornalista del Washington Post alle prese con un’inchiesta pericolosa, il traffico di armi in America Centrale. Già nel 1982 Elena si era recata, con l’amica e collega Alma Guerrero (Rosie Perez) a El Salvador per documentare l’uso di armi americane a gruppi di guerriglieri nicaraguensi, i contras, nelle stragi del paese e ora, nel 1984, anno in cui è ambientata la vicenda, durante la piena campagna elettorale di Reagan, Elena prosegue la sua indagine giungendo però ad una svolta sconvolgente: è il suo stesso padre Richard MacMahon detto Dick (Willem Dafoe), gravemente malato, a nascondersi dietro il traffico illegale. A causa della malattia, lo stesso Dick chiede alla figlia di portare a termine una consegna di armi e di riscuotere il denaro. Elena, malgrado il vissuto difficile (una figlia lontana, la sconfitta del cancro, il divorzio…) , le problematiche con lo stesso padre, accetta e si imbarca su un aereo fantasma, carico di casse di armi alla volta della Costa Rica.

La sua speranza è quella di arrivare a capo di tutta la situazione. Da qui in poi le cose si complicano, il pagamento della spedizione in cocaina al posto dei soldi sarà l’inizio di una serie di momenti ad alta tensione, dove intercorrono personaggi senza scrupoli, spie americane corrotte come Treat Morrison (Ben Affleck), bugie, misteri e complicazioni per Elena. Il tutto in modo confuso e a tratti poco chiaro. È stato difficile orientarmi e trovare una spiegazione per alcuni passaggi che trovo poco comprensibili. La trama è articolata e il cast formidabile ma la storia in sé è difficile, quasi criptica. Il finale a tradimento lascia un po’ di amaro in bocca. L’impasto poco amalgamato del film deriva forse dalla complessità di dover adattare il romanzo di Joan Didion, dalla storia finemente intricata, sulla pellicola. Il tentativo di unire la suspence tipica da thriller, l’ampiezza degli eventi e il coinvolgimento del pubblico rende la trasposizione libro- film un po’ artificiosa, poco riuscita e intermittente con scene faticose da contestualizzare. È una prova riuscita a metà. Il senso di alcuni momenti non emerge e resta sullo sfondo. Lo dimostra anche l’interpretazione dei personaggi principali con una Anne Hathaway sofferente e tenace, che viene percepita solo in parte, emotivamente lascia poco. Willem Dafoe veste i panni del padre che chiede l’ultimo disperato favore, l’ultimo desiderio prima di morire ma che risulta poco determinante e Ben Affleck, ridotto a un numero esiguo di comparse, piatto e ambivalente. Il gioco dei contrasti e delle mezze verità faticosamente conquistate riduce la potenzialità de “Il suo ultimo desiderio” che poteva dare di più, poteva far provare qualcosa in più.

Ma allora cosa lascia nello spettatore il film di Dee Rees? Una riflessione abbozzata e fin troppo vera: le cose non sono mai come vengono presentate, c’è di più oltre le apparenze. Se l’impostazione lascia a desiderare, il punto essenziale è andare al nocciolo della questione per riuscire a estrapolare quel qualcosa in più che in superficie manca. Segreti, bugie, insabbiamenti, il silenzio complice, il tradimento, il prezzo troppo caro pagato dalla vita innocente sono realtà presenti, nascoste dalla cortina di fumo della quotidianità e della non conoscenza. Il potere che compra il consenso e annulla la dignità. Emblematico è il monologo fuori campo di Elena, all’inizio e alla fine del film. A mio parere è in quello che risiede lo scopo dell’intera proposta cinematografica. Dimostrare che c’è sempre un’altra dimensione, un’altra verità dietro precisi scenari, dietro scelte calcolate. C’è sempre chi “ha preferito il denaro alla vita. Acciaio e piombo a sangue e anima.” Una verità troppo vera nel mondo, testimonianza che la vita ha un costo fin troppo alto. Nonostante l’impianto poco convincente e comprensibile, ritengo che il significato intrinseco e l’indagine profonda dietro l’apparenza siano i punti chiave de “Il suo ultimo desiderio”, il messaggio autentico che può arrivare a chi lo guarda.

Il film, rientrante nel genere thriller – drammatico d’inchiesta, non è all’altezza di altri simili presenti su Netflix come Il caso Spotlight (2015, Tom McCarthy), The Post (2017, Steven Spielberg), Panama Papers (2019, Steven Soderbergh).

Dietro alla confusione comprensiva e a interpretazioni poco incisive, ci può essere di più: quel potenziale che non è riuscito ad emergere e che può raccontare tanto sul nostro mondo, su quel mondo che in profondità preferisce i soldi e il potere alla vita.

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