Golfo del Messico: fuoco e fiamme dalle profondità del mare, disastro ambientale
Fuoco e fiamme dalle profondità del mare: un nuovo disastro ambientale nel Golfo del Messico al largo della penisola dello Yucatán.
“Smoke on the water” cantavano i Deep Purple negli anni ‘70 dello scorso secolo, prendendo ispirazione da un incendio realmente accaduto nel 1971 e visto da Frank Zappa. Per quanto possa essere normale assistere all’incendio di un casinò, come accadde a Montreux in Canada, molto più particolare è sicuramente vedere fuoco e fiamme sprigionarsi sott’acqua.
Entriamo nel dettaglio: alle 5:15 (ora locale) del 02 luglio 2021 è stata registrata una fuga di gas da una delle molte condutture sottomarine (gasdotti e oleodotti) che si diramano da Ku-Maloob-Zaap, il maggior campo offshore petrolifero messicano localizzato nella Baia di Campeche, a 105 km da Ciudad del Carmen.
Tutte le strutture sono di proprietà della Pemex o Petróleos Mexicanos, un’azienda petrolifera pubblica messicana. La nazionalizzazione del petrolio messicano, avvenne negli anni ‘30 del XX° secolo, per limitare le aziende estere che volevano avviare attività estrattive sul territorio messicano. Non parliamo però di un’azienda molto fortunata in quanto oltre all’ultimo incidente di Ku-Maloob-Zaap sono stati registrati altri due eventi disastrosi che hanno portato grossi danni ambientali (Incidente Ixtoc 1, nel 1979) nonché numerose vittime (circa 1500 morti nel disastro di San Juanico del 1984).
Ma torniamo al 02 luglio: secondo quanto riferito dalla Pemex in un comunicato ufficiale, una combinazione di forti piogge e una tempesta elettrica, hanno causato una rottura in uno dei gasdotti che collegano le varie piattaforme disseminate nel Golfo del Messico. Le spettacolari immagini succedute all’evento farebbero pensare ad una tubatura di grosso calibro, di un problema avvenuto sulla tratta principale del gasdotto, in realtà la tubazione colpita ha un diametro di soli 30 centimetri. Le alte pressioni però con cui il gas ‘viaggia’ nel gasdotto hanno compensato il piccolo diametro della tubazione, da qui le particolari immagini.
Ma cosa si è rischiato nel Golfo del Messico? Sono tuttora in corso le indagini da parte degli organi competenti per capire le reali cause dell’incidente, ma se ci soffermiamo ad un analisi di impatto a livello ambientale, possiamo già tranquillamente affermare che si è sfiorata l’ennesima tragedia e l’ennesimo disastro ambientale “made by Pemex”.
Nelle vicinanze del gasdotto esploso e poi in fiamme, c’è una piattaforma petrolifera dalla quale si diramano oleodotti per il trasporto del greggio; è molto facile immaginare cosa sarebbe successo se l’incendio si fosse propagato alla piattaforma: ci sarebbe stato uno sversamento difficilmente controllabile di greggio in mare.
Parlare di un disastro ambientale è sempre facile dopo un incidente, ma gli incidenti si possono evitare con i giusti controlli e le corrette ispezioni. Al terzo incidente non sarebbe forse il caso di verificare questi impianti? Parliamo di impianti realizzati nella maggior parte tra il 1970 ed il 1980, quale grado di sicurezza possono offrire queste strutture di 40-50 anni?
Secondariamente, ma non per importanza, come è stato spento questo incendio sottomarino? Può suonare come un ossimoro associare i termini: incendio e sottomarino, ma sono eventi che possono verificarsi in particolari situazioni. Lo spegnimento è avvenuto utilizzando miscele di acqua e azoto liquido; l’azoto normalmente presente nella nostra atmosfera in forma gassosa, può essere portato in forma liquida abbassandone la temperatura tra i -195°C ed i -210°C. Immaginate l’impatto in mare di: fuoco e “ghiaccio”. Seppur non è avvenuto un disastro ambientale, perché come sottolinea la Pemex non c’è stata fuoriuscita di petrolio, in realtà un disastro si è comunque realizzato! In quel tratto della Baia di Campeche le temperature marine hanno raggiunto delle differenze di circa 200°C, quale forma di vita può sopravvivere ad una tale temperatura?
Questa particolare analisi non vuole essere mirata per cercare il classico “pelo nell’uovo”, ma vuole sottolineare come anche le risposte a certi disastri, dovrebbero essere commisurate al luogo di intervento. Sfruttiamo ogni tipo di risorsa, una volta finita la abbandoniamo e in più causiamo disastri, prima o poi il nostro pianeta: ci presenterà il conto!