Revolutionary Road, quando lo stereotipo mette fine a un amore reale
Scagli la prima pietra chi, almeno per una volta, ha pensato che quella del Mulino Bianco fosse la famiglia perfetta: mamma, papà, figli, grandi sorrisi e biscotti appena sfornati. Revolutionary Road ci ricorda quanta sofferenza si possa insidiare invece tra le mura domestiche di una famiglia perfetta in apparenza, ma distrutta al suo interno.
Tratto dall’omonimo romanzo, il film del 2008, diretto e co-prodotto da Sam Mendes, ha come protagonisti April e Frank, una giovane coppia del Connecticut interpretata dagli intramontabili Kate Winslet e Leonardo DiCaprio. Genitori di due bambini, proprietari di una graziosa casa bianca con giardino in fondo alla Revolutionary Road, non solo perfetti vicini ma anche buoni amici, April e Frank vestono in modo esemplare i panni della famiglia americana degli anni 50: felice e profondamente stereotipata.
I due giovani si incontrano ad una festa e conoscono un amore straordinario fatto di sogni e ambizioni di cui, dopo il matrimonio e i figli, trascineranno a fatica solo il ricordo. Noi spettatori arriviamo in ritardo rispetto all’amore, viviamo un rapporto fatto di pochi dialoghi e tanti silenzi dietro cui si nascondono parole pesanti che esplodono violentemente nei momenti di lite.
April sognava di diventare attrice, ma finisce per recitare nella compagnia di paese che non le permette di ambire ad una carriera. Frank non ha mai avuto tempo di capire cosa vuole fare davvero nella vita, e si ritrova ad essere quello che non avrebbe mai voluto, impiegato nella stessa azienda in cui lavorava il padre, al tredicesimo piano di un palazzo dove non ha modo di trovare la sua vera vocazione. Ogni mattina prende il treno e, irriconoscibile tra la folla, arriva in città, mentre Apri si prende cura dei figli in attesa del suo ritorno, finché un giorno non ha un’idea brillante: andare a vivere a Parigi. Dopo tanto tempo una proposta che sembra essere la giusta svolta: cambiare città per ricominciare a sentirsi vivi e a vedere di fronte a sé un nuovo orizzonte di possibilità. In pochi giorni l’ipotesi si concretizza, iniziano i preparativi per il trasferimento e anche l’amore sembra tornare a fiorire, fino a che il sogno non si scontra con la realtà materiale.
Frank ottiene una promozione lavorativa a cui non intende rinunciare perché gli permetterà di guadagnare di più e quindi confermare il suo ruolo familiare. In un attimo, per la cara April, addio Parigi. E non importano la sofferenza della moglie e il matrimonio che si distrugge, perché la sicurezza di una vita tranquilla supera ogni sogno e felicità. Aggiungiamoci anche una gravidanza inattesa -che April non si sente di portare avanti- e (ri)eccoci alla situazione iniziale con i Wheeler, una famiglia perfettamente in linea con l’idea veicolata dalla società, ma distrutta al suo interno.
L’unico ad accorgersi dell’ipocrisia nascosta in quel quadretto familiare è John, il figlio di Helen, la signora che ha venduto la casa alla famiglia, internato da tempo in un istituto psichiatrico, cui bastano poche ore con loro per riconoscere il vuoto radicato nella coppia. Saranno le sue parole distruttive, colme di compassione e pena nei confronti del bambino che April porta in grembo a farla svegliare una mattina, continuare ad agire come una perfetta moglie e nel pomeriggio, cosciente del pericolo, abortire perdendo la vita.
Revolutionady Road si chiude con il marito di Helen che spegne l’auricolare acustico di fronte alle brutte parole della moglie riservate ai Wheeler e l’elogio ai nuovi vicini che sono, finalmente, davvero perfetti. Spegnere l’apparecchio è il segno tangibile dell’incomunicabilità radicata nella famiglia idealizzata degli anni 50, oppure un modo per non ascoltare i brutti giudizi della moglie sugli amati Wheeler? Questo non lo sappiamo, è certo però che April e Frank, tra sigarette e innumerevoli bicchieri di whisky, sono finiti per bersi anche una ridicola illusione: l’idea che, dopo matrimonio e figli, bisogna aderire ad uno stereotipo sociale che non lascia spazio a sogni e ambizioni.
Il film lascia in bocca una nota di amarezza e molto su cui riflettere. Se amate scavare nella psicologia dei personaggi guardate Revolutionady Road, ma siate pronti a sporcarvi le mani.