È noto e risaputo come il periodo più famoso e apprezzato dell’elaborato Gustav Klimt sia la produzione del “Periodo Aureo”. Un momento dove l’artista ricorre massicciamente all’uso di pittura dorata, sovente con l’arricchimento di colori sgargianti simili a smeraldi, rubini, ametiste e così via, specialmente per soffermarsi su dettagli come ricchi monili, esuberanti collane, cavigliere o diademi.
Possiamo dire infatti, che Klimt applichi in pittura una minuziosa attenzione nella descrizione di gioielli e accessori vari nei suoi soggetti femminili, da vero mastro orafo. Da sempre, dopotutto, gli artisti figurativi hanno dovuto imbattersi nella rappresentazione di abiti e abbellimenti di diverso tipo da accomunare ai soggetti ritratti; con Klimt però ne fa una faccenda familiare fin dalle origini, il padre Ernst Klimt era infatti un mastro orafo.
Alla stregua degli altri, va detto, anche l’artista fondatore della Secessione non inventa più di tanto nuove forme o stili di gioielli; quelli che vediamo descritti nei suoi quadri sono tipici del gusto di inizio Novecento, in particolare rivolti all’Art Nouveau, cioè con lineamenti sinuosi ispirati al mondo vegetale, recupero di gemme e materiali vitrei con colori derivati dall’universo floreale, una ricchezza talvolta ostentata e sfarzosa: vediamo collari di perle e pietre a coprire il collo intero, pesanti bracciali e monili d’oro con texture geometriche, lunghe cavigliere a strascico e massicce corone da indossare sul capo.
Il rapporto dell’artista col mondo orafo quindi inizia già prestissimo e si incrementa prima con la frequentazione della scuola di arti applicati e dei laboratori di artigiani che pullulavano la Vienna di fine ottocento, poi con l’inizio di una serie di viaggi a Ravenna dal 1903, dove nasce in lui una forte attrazione per l’uso così significativo (per quantità e messaggi ad esso connessi) dell’oro e in un secondo momento l’espediente dell’arte musiva.
L’oro di Gustav Klimt non è solo un cromatismo, ma è principale protagonista nell’opera d’arte, solo dopo la sua presenza vengono le altre forme e colori; un uso talvolta ossessivo, a riempimento simile all’horror vacui medievale o all’uso mistico delle icone bizantine. La prima opera nata da questa conversione è la Giuditta del 1901, con una seconda versione nel 1909, che indossa un eccessivo collare di origine barbarica al collo, mentre nella seconda versione assistiamo ad un uso più raffinato e sottotono dell’oro per lasciare spazio alle gemme e al vetro; poi viene il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I del 1907 nel quale la ricchissima committente viene adornata da bracciali d’oro con pietre o perle, mentre al collo porta una pesante collana con zaffiri o rubini attorniati da diamanti e perle in tutta la sua superficie; infine ne L’albero della vita, ultimato nel 1909, il soggetto a sinistra, oltre a sfoggiare una vasta collezione di bracciali che le coprono l’avambraccio e parte del braccio, in testa porta a fatica una pesante corona mosaicata con smeraldi pendenti e filamenti d’oro che le cingono il collo.
Un’arte di dettagli quella di Klimt per quanto riguarda l’arte orafa nel suo ampio repertorio pittorico, che minuziosa e costante si insinua ora più visibile ora più timida in pressoché ogni sua opera.
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