Su Netflix è arrivato Lupin 2 e, come per la prima parte, è stato un successo di pubblico, anche se ha lasciato un po’ di punti di domanda da chiarire.
Cosa significa essere un ladro gentiluomo? Questo appellativo descrive tradizionalmente Arsène Lupin, la celebre creazione letteraria di Maurice Leblanc (1864-1941), che è anche l’ispirazione principale di questa serie Netflix e del suo protagonista Assane Diop, interpretato da Omar Sy. È anche il titolo di una canzone che sentiamo in una scena culminante, pubblicata dal cantautore francese Jacques Dutronc nel 1973.
Ma gentleman cambrioleur – “ladro gentiluomo” – non è una contraddizione in termini? Un fugace sorriso di Assane di solito può mettere a tacere questi dubbi e far durare l’incantesimo abbastanza a lungo da permettergli di mettere in atto i suoi elaborati stratagemmi. I primi cinque episodi di Lupin, intitolati Parte 1, sono stati visti da più di 70 milioni di famiglie in tutto il mondo dal lancio a gennaio, rendendo questa serie il più grande successo, non in lingua inglese, del servizio di streaming, fino ad oggi. La combinazione vincente di una star carismatica e di trucchi da illusionista, in un’ambientazione iconica della città, è paragonabile allo Sherlock della BBC, ambientato a Londra.
Il Lupin dei giorni nostri scambia il cappello a cilindro e il monocolo con un berretto e le Air Jordans, che indossa con la stessa leggerezza dei temi sociali alla base della serie. Assane Diop è il figlio di Babakar Diop (Fargass Assandé) un immigrato senegalese intelligente e dai sani principi che si guadagna da vivere facendo l’autista per il ricco e avido pezzo grosso parigino Hubert Pellegrini (Hervé Pierre). Questo fino a quando Pellegrini non incastra Diop senior per furto, per riscuotere un’importante somma truffando l’assicurazione, il che porta Assane a restare orfano. Una volta capita l’ingiustizia subita Assane decide di farsi giustizia da solo pareggiare i conti col passato, rubando ai ricchi e ridistribuendo il ricavato tra i suoi amici. Fondamentalmente non ricorre mai alla violenza, il fascino e la pianificazione meticolosa sono sempre sufficienti per i suoi intenti.
Lupin 2 è la continuazione della serie precedente, non aspettatevi un salto avventuroso in una direzione diversa, se avete visto il trailer potrebbe avervi tratto in inganno. Assane è ancora soggetto allo stesso razzismo e classismo, dimostra come può diventare un problema essere un nero sconosciuto che entra in un bar della Normandia. Era facile essere un maestro del travestimento quando i poliziotti non riuscivano a distinguere una persona nera da un’altra, permettendogli di muoversi inosservato tra il sottoproletariato invisibile della città, fatto di addetti alle pulizie e cuochi. Dimostrazione di una società che ancora oggi ha forti pregiudizi nonostante una città come Parigi voglia essere inclusiva. Inoltre adesso c’è una sua foto identikit che sta facendo il giro e il rapimento di suo figlio adolescente Raoul (Etan Simon), ha alzato la posta in gioco. Solo per la prima puntata… (strano dal trailer sembrava tutto incentrato su quello). “Questo non è un gioco”, dice Assane rimproverando il poliziotto e collega fan di Lupin, Guedira (Soufiane Guerrab). Non sarà un gioco, forse, ma la trama in certi passaggi fa abbastanza ridere, oltre a essere piuttosto scontata.
Quello che abbiamo ormai capito è che il nostro eroe “non uccide. È un ladro gentiluomo, è proprio il tipo di persona che si ferma a metà di un combattimento con una pistola puntata contro per suggerire all’avversario, con tatto, di deve togliere la sicura della sua arma. La domanda allora è: Assane spezzerebbe un cuore se questo favorisse il suo piano? E come dovremmo sentirci al riguardo? Il dolore dell’anima è meno importante di quello fisico?
La madre di Raoul, Claire (Ludivine Sagnier), non è il cliché di una donna disprezzata, lo vediamo nei flashback che ci raccontano il passato, però è evidente che anche l’indulgenza, ai modi e i comportamenti dell’amabile canaglia, ha i suoi limiti. Anche se alla fine lo persona sempre. Poi c’è Juliette Pellegrini (Clotilde Hesme), la figlia del nemico giurato di Assane, la loro è vera amicizia? C’è davvero un interesse amoroso? O è solo una pedina facile nel suo piano di vendetta? E anche se il loro è un rapporto di rispetto reciproco, basta guardare come è finita l’ultima partner femminile di Assane, la giornalista investigativa Fabienne Bériot (Anne Benoît) per sentire il fiato sul collo. È anche da notare che, ad eccezione della tenente franco-algerina Belkacem (Shirine Boutella), non ci sono donne di colore nel mondo di Lupin. Nemmeno la madre di Assane, grande assente, presunta morta e raramente menzionata. Il nostro eroe ha dedicato la sua vita e le sue formidabili capacità a ripulire il nome di suo padre a ridargli dignità, mentre sua madre non ha nemmeno un nome.
Speriamo possa semplicemente essere un mistero che verrà svelato nella terza parte, insieme al luogo in cui si trova il cane J’Accuse, l’animale domestico con il miglior nome della televisione. In effetti, cercare di tenere traccia del suo animale domestico, spesso assente, vi farà sorgere delle domande, come se ci stessimo trovando in una delle truffe di Assane, come quella del vecchio gioco del bicchiere e la biglia.
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