Il 23 Maggio del 1992 Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo insieme ai tre uomini della scorta, stavano percorrendo in macchina l’autostrada A 29, quando una violenta esplosione causata da un attentato mafioso, spezzò le loro vite. Da allora quella tragica scena, scorre di anno in anno sulle emittenti televisive a ricordare quella terribile tragedia. Di lì a poco, anche il suo collega, il giudice Paolo Borsellino, perse la vita il 19 Luglio del 1992, in un altro attentato. In unico colpo, furono spazzate vie due vite, due emeriti magistrati, conosciuti e stimati per la loro lotta contro la mafia. Sono passati parecchi anni, ma il loro ricordo è vivo nella memoria di ognuno di noi. Ma chi erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? E cosa è cambiato dopo la loro morte?
Giovanni Falcone nasce a Palermo il 18 maggio 1939, e dopo gli studi classici, si trasferisce a Livorno per frequentare l’Accademia Navale, intenzionato a laurearsi in ingegneria, ma dopo poco mesi abbandona l’idea, decidendo di iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza degli studi di Palermo. Piano piano, sviluppa la passione per il diritto penale. Nel 1996 inizia a lavorare al Tribunale di Trapani come giudice istruttore e sostituto procuratore. Successivamente nel 1978, ritorna a Palermo, occupandosi della sezione civile, ma in seguito all’uccisione del giudice Terranova, su proposta di Rocco Chinnici, passa all’Ufficio di Istruzione Penale. Qui, inizia a lavorare al fianco di Borsellino. Falcone con la prima inchiesta su Rosario Spatola, capisce che vi era stata una trasformazione della criminalità organizzata, non più legata esclusivamente all’estorsione e ad altri reati, ma aveva una connotazione edilizia, legata anche al riciclaggio di denaro sporco. La mafia andava quindi aggredita soprattutto sul piano patrimoniale e su base transnazionale. Falcone scoprì così l’organizzazione di Cosa Nostra. Insieme a Borsellino e ai giudici Lello e Guarnotta , fonda il “pool antimafia”, un team di magistrati, uniti nella lotta contro la criminalità organizzata. I reati di mafia, avrebbero dovuto avere un’attenzione particolare. Vennero poi create le direzioni distrettuali anti-mafia, grazie alle quali, i magistrati avrebbero potuto occuparsi delle indagini, attraverso una rete comunicativa molto solida. Questo rappresentò un brutto colpo per il sistema mafioso. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano convinti che la criminalità organizzata dovesse essere monitorata e messa alle strette. I due magistrati, rappresentano tutt’oggi un simbolo nella lotta contro la mafia. Dopo la morte di Falcone, seguì quella di Borsellino, il 19 Luglio dello stesso anno.
Ma cosa è cambiato dalla loro morte?
Il loro sacrificio non è stato vano, poiché da allora è cambiato il modo di fare indagini, ed è cresciuta maggiormente un’attenzione nei confronti della legalità. Anche oggi in Italia vi sono magistrati illustri che utilizzano il ”metodo Falcone”.
Oramai è noto che la criminalità non agisce esclusivamente sul territorio italiano, ma ha una rete ben consolidata anche all’estero. Vi sono intrecci tra la criminalità italiana e quella di altri Stati. Se una volta, regnava la cultura dell’omertà e del silenzio, oggi la situazione è migliorata. Quello che in passato poteva essere considerato come una semplice goccia del mare, ora è diventato un vero e proprio oceano, poiché è accresciuta la consapevolezza della lotta contro il sistema mafioso. Esso ha cercato di adeguarsi sempre più ai tempi, infiltrandosi finanche negli strati più impensati del tessuto sociale, ma al tempo stesso, sono aumentati gli strumenti di lotta contro lo stesso. Quello a cui hanno dato vita i due giudici siciliani, non sarà destinato a fermarsi, ma avrà un eco nel futuro.
Chissà cosa pensavano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quando giorno dopo giorno, andavano incontro alla morte. Sicuramente, il mestiere di giudice o di pubblico ministero, non è di facile portata, non è per tutti. Non è per tutti, lavorare con la consapevolezza di pestare i piedi a personaggi importanti, nonostante si compia egregiamente il proprio lavoro. A dispetto delle tante inchieste, sorte sulla magistratura corrotta, io credo che le ombre non riusciranno mai ad oscurare la luce portata da una magistratura sana e operante nel rispetto del principio di legalità. Vorrei riportare delle significative parole del giudice Falcone: “La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.
La gravità di questo fenomeno non impedirà di spegnere le nostre coscienze, né tantomeno di mollare la presa. La magistratura dovrà sempre essere una grandissima fonte di speranza per i cittadini, che specialmente in un periodo così incerto, come quello che stiamo vivendo, hanno bisogno di certezze e di fiducia.
Le mie parole non vogliono essere una sorta di elogio funebre commemorativo, Falcone e Borsellino non sono due martiri della mafia, né tantomeno due eroi: sono stati semplicemente due esseri umani che hanno creduto nella giustizia e nella legge. Ciascuno di noi, potrebbe dunque fare la propria piccola parte, ogni giorno, continuando a perpetrare l’eredità e gli ideali che questi due uomini ci hanno lasciato.
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