Arte e Mostre

“Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione”, la nuova mostra a Verbania

La mostra “Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione. L’opera grafica” ha aperto le sue porte domenica 13 giugno 2021 e resterà visitabile fino al 3 ottobre 2021, presso il Museo del Paesaggio, ospitato negli spazi di Palazzo Viani Dugnani di Verbania. È un’esposizione che lascia perplessi, attoniti di fronte alle opere di due grandi artisti come Carrà e Martini, capaci di rappresentare una realtà alla ricerca di una collocazione ultima, vera. Il percorso è scandito dalle linee fisse, spezzettate, dai profili statici, astratti, dalle sculture dinamiche, dal nero delle ombre e da soggetti mitologici e storici. Sospensione e quasi incomprensione si celano dietro la vista di queste opere, che riprendono la realtà ma la trasformano, la ribaltano, per rappresentare altro. Una visione immaginaria dove pittura e scultura parlano un linguaggio nuovo, tra la fissità e la diversità dei soggetti e la ricerca di senso.

La mostra, a cura di Elena Pontiggia e di Federica Rabai, direttore artistico e conservatore del Museo, unisce due grandi figure del Novecento che hanno saputo rappresentare le difficoltà e la drammaticità del loro tempo, con opere provenienti dalla collezione del Museo e da una collezione privata milanese. Oltre novanta opere, per lo più di grafica, dei due grandi artisti del Novecento italiano che si sono distinti e affermati proprio grazie all’invenzione di un nuovo linguaggio in pittura e scultura. Completano il percorso dedicato al mito e alla visione una serie di sculture di Arturo Martini, presentate accanto ai bozzetti, ai disegni e alle incisioni.

Non a caso sono stati scelti questi due autori: Carrà e Martini, pur nel loro diverso percorso, esprimono un’intensità e una tonalità espressiva urgenti, enigmatiche ma racchiudenti un immaginario sconosciuto, alternativo. Occorre conoscere la loro storia per interpretare le loro opere. Figli delle avanguardie del loro tempo, Futurismo in primis, entrambi poi sviluppano un linguaggio personale, che attinge dalla realtà ma ne crea un’altra, più astratta, simbolica. Carlo Carrà (Quargnento 1881 – Milano 1966) è tra i fondatori della Metafisica, professore nell’Accademia di Brera dal 1939 al 1953, aspira a cercare il senso ultimo della rappresentazione visiva, della vita in generale. Il suo tratto è deciso, geometrico, rappresenta il significato che c’è oltre, nascosto nelle pieghe della quotidianità. Arturo Martini (Treviso 1889- Milano 1947) invece vive una vita difficile, povera, le sue opere risentono di questo tono opaco, sofferente, il disegno risulta a volte intricato, nonostante il tratto poco netto. È anche scultore, dimostrando grande capacità e sintesi, anche se verso la fine giudicherà la scultura stessa come una “lingua morta”, testimoniando le grandi problematicità della sua breve vita. Carrà e Martini, entrambi molto vicini alla rivista “Valori Plastici”, vivono nel medesimo periodo e affrontano l’arte come mezzo per trasformare la realtà, sconfinando a volte nel mito e nella leggenda, nella ricerca del senso ultimo e finale dell’esistenza. A mio parere sono stati accostati ed esposti insieme per la vicinanza temporale, espressiva, stilistica che entrambi vogliono far passare, con queste rappresentazioni ridotte all’essenziale, in cerca di un perché, diverso per ogni visitatore.

Le opere di Carrà, già esposto a Palazzo Reale, Milano, sono fisse, statiche, piatte, quasi dure, caratterizzate dal segno nero e da ombreggiature, nel caso de L’amante dell’ingegnere (1929- 1941) o La figlia dell’Ovest (1919- 1949), da quella stilizzazione che richiama ad altri immaginari, a contenuti nascosti, in L’ovale delle apparizioni (1918- 1952), oppure nel Il poeta folle (1916- 1949).

L’amante dell’ingegnere 1921- 1949

I paesaggi sono essenziali, i tagli geometrici. In mostra sono esposte circa cinquanta tra acqueforti e litografie a colori, che comprendono tutti i più importanti esiti dell’artista. Si va dai paesaggi dei primi anni Venti, tracciati con un disegno essenziale e stupefatto (Case a Belgirate,1922), alla suggestiva Casa dell’amore (1922), fino alle visionarie immagini realizzate nel 1944 per un’edizione di Rimbaud, in cui Carrà, sullo sfondo della guerra mondiale, rappresenta angeli, demoni, creature mitologiche e figure realistiche, segni di morte ma anche di speranza (Angelo, 1944).  Fin dagli inizi Carrà avvia grazie all’incisione un sistematico ripensamento della sua pittura, che lo porta a reinterpretare con acqueforti e litografie i suoi principali capolavori, dalla Simultaneità futurista alle Figlie di Loth, dal metafisico Ovale delle apparizioni al Poeta folle. L’incisione diventa così per l’artista un momento di verifica, ma anche uno struggente album dei ricordi. Tanti soggetti diversi, varie sperimentazioni, la ricerca nelle sue opere si fa profonda e penetrante.

Arturo Martini manifesta una sensibilità particolare, le sue realizzazioni parlano linguaggi differenti, si intrecciano con la narrazione mitica, con l’invenzione pura di soggetti essenziali e poco definiti, a livello grafico, di paesaggi ideati. Lo spazio diviene scarno, a volte riempito di linee curve e ininterrotte come nel caso di Nausicaa al bagno (1944- 1945). Mito e arte in un’unica cornice.

Nausicaa al bagno 1944- 1945

La siesta (1946) invece rappresenta un momento di stacco, di silenzio interrotto solo dal rumore dell’acqua, di riposo ed è esattamente questa la sensazione che si ha guardandolo. Il rivolo d’acqua e il paesaggio verdeggiante sembrano compenetrarsi, quasi abbracciandosi.

La siesta 1946

Le sculture invece sono dotate di una plasticità dinamica, viva pur nella semplicità delle figure stesse. Sono snelle, dotate di movimento, di intenzionalità e anche in questo frangente Martini non disdegna l’accostamento alla mitologia, alla storia, come Ulisse e il cane (1936- 1937), il Ratto delle Sabine (1938) e altri.

Ulisse e il cane 1936- 1937

Le circa quaranta opere in mostra di Arturo Martini sono comprese tra il 1921 e il 1945 coprendo tutta la carriera dell’artista, a iniziare dal lavoro a matita su carta Il circo del 1921 circa, un importante disegno del momento di “Valori plastici” quando Martini è molto prossimo a Carrà e in genere a una personale rivisitazione della congiuntura metafisica. Importante poi il ciclo di incisioni eseguite a Blevio nell’estate del 1935 su soggetti già trattati anche in scultura – come L’Attesa – o già presenti in altre incisioni precedenti – come L’uragano. In queste incisioni la trama delle linee è fittissima fino a oscurare la superficie, quasi a emulazione della maniera nera. Nel 1942 realizza undici disegni preparatori – tutti in mostra – del Viaggio d’Europa per l’illustrazione dell’omonimo racconto di Massimo Bontempelli. Del 1944-45 sono il gruppo di incisioni per l’illustrazione della traduzione italiana dell’Odissea a cura di Leone Traverso, poi non pubblicata. Eseguite a Venezia, rivelano un lato straordinario della versatile fantasia martiniana, anche qui orientata a sperimentare materiali “poveri” e linguaggi poveri, al limite tra immagine e pura suggestione timbrica. Pubblicate postume soltanto nel 1960 sono tra le prove più convincenti della grafica martiniana.

Accanto a queste prove dell’artista sono esposte dieci sculture come La famiglia degli acrobati, Can can, Adamo ed Eva, Ulisse e il cane, Testa di ragazza, Busto di ragazza e tre tele: Sansone e Dalila, La siesta e Paesaggio verde per rafforzare il tema della differenza tra disegno e realizzazione finale delle opere, pezzi unici di grande valore storico e artistico.

La mostra è anche occasione per visitare il rinnovato Museo del Paesaggio di Verbania, sito nello storico Palazzo Viani Dugnani (via Ruga 44), chiuso per lavori di manutenzione e adeguamento impiantistico dal 2013. Dal 2016 è divenuta permanente la collezione di gessi di Troubetzkoy, 340 in tutto, che costituisce la punta di diamante del museo verbanese; la sua importanza è riconosciuta in tutto il mondo in quanto unica possibilità di studiare e indagare con precisione lo stile e l’opera dell’artista. Il palazzo poi è stato sottoposto a un’importante ristrutturazione che ha reso disponibili nuove sale espositive, nuovi servizi per il pubblico e un ascensore che collega le due ali del palazzo consentendo al pubblico di effettuare la visita delle collezioni attraverso un percorso circolare e molto più agevole.

La mostra “Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione. L’opera grafica” racchiude il vissuto e l’impegno di due grandi artisti e di un secolo lungo e sofferente come il Novecento, in essa si riscoprono l’indagine attenta della realtà attraverso figure, incisioni, sculture semplici, a volte complesse da decifrare, fisse, astratte. Appaiono vuote e prive di senso, in realtà è l’esatto opposto. È il congiungimento di forme astratte, miti, soggetti e spazi inventati. Visioni che vogliono indicare altro, al di là del segno tracciato. La mostra è una sorta di viaggio, tra realtà e fantasia, tra storia e mitologia, paesaggi e incisioni, sfondi e tratti, non sempre scontato e di immediata comprensione. I due artisti protagonisti hanno saputo dare alla pittura e alla scultura utilizzi ed esiti alternativi, tramite un’inventiva e un tocco personali unici. Una sorta di ripensamento nuovo per esprimere significati che vanno oltre la concretezza e la vita così com’è.

INFO:
Mostra: “Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione. L’opera grafica”

Museo del Paesaggio Palazzo Viani Dugnani
Via Ruga 44 – Verbania Pallanza

Dal 13 giugno al 3 ottobre 2021

Orari: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00. Lunedi chiuso.

Ingressi: Intero 5€, Ridotto 3€ (il biglietto dà diritto alla visita della mostra, della pinacoteca e della gipsoteca Troubetzkoy)

Museo del Paesaggio – Tel +39 0323 557116 segreteria@museodelpaesaggio.it
www.museodelpaesaggio.it

 

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