Il cambiamento climatico va in scena. Dopo mesi di palchi chiusi e luci spente, il Teatro Menotti riapre con una rassegna sul pianeta. La presa di coscienza che si auspicava durante la quarantena, l’uscirne migliori e più responsabili, forse è arrivata. Pensare alla Terra, nella sua interezza, anche a teatro veicolerà messaggi importanti, attuali e soprattutto, capaci di arrivare alla platea in maniera dinamica.
Lo spettacolo “Possiamo salvare il mondo prima di cena”, basato sull’omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, è una presa di coscienza graduale. Sei ragazzi affrontano con scetticismo le notizie inerenti al cambiamento climatico, si domandano se siano degne di un articolo e inizialmente sono concordi nell’affermare che probabilmente non interesserà a nessuno e che per questo potrebbe essere meglio non parlarne. Riflettono, sostanzialmente, aprendo le loro prospettive in maniera speculare al pubblico che in qualche modo si sente parte delle decisioni di questo piccolo gruppo editoriale.
Il recitato è alternato a canzoni scelte per stimolare il lato emotivo dello spettatore, cucite sul tema che seguono e adatte a preparare chi ascolta a quello successivo. Alle spalle degli attori, una lavagna vuota che piano piano viene rivestita di scritte, parole chiave e frasi che si accumulano, le une alle altre, come tutte le verità che non si vogliono ascoltare. Ad un certo punto arriva la vera consapevolezza. Una pagina del libro viene letta e consultata, come un piccolo testo sacro, recitata alla platea. I dati statistici sugli allevamenti intensivi. Le emissioni che la FAO attribuisce all’allevamento, il 14,5 % di tutte le emissioni antropogeniche, che si sommano al degrado della deforestazione necessaria a produrre in massa il foraggio per gli animali. Sono circa 77 miliardi i capi di bestiame, gli animali, che ogni anno vengono macellati per incontrare la richiesta di prodotti di origine animale del mercato alimentare. Richiesta che, leggendo bene le statistiche, è concentrata principalmente nei Paesi Sviluppati.
Ed infine, un monologo, rompe la quarta parete. L’attore siede e si rivolge al pubblico, nella speranza che la sua consapevolezza rompa il velo della finzione e porti ad una consapevolezza maggiore. Si siede, quindi, la chitarra in mano, e inizia ad invitare il pubblico a fare qualcosa. La pecca sostanziale risiede nelle parole, nell’ennesima conferma di sistema che il testo, relativo al libro, offre. Si chiede di ridurre il consumo di carne, si afferma che non sia possibile chiedere alle persone di cambiare le proprie abitudini alimentari, ma magari di ridurre un poco. In questa narrazione i 77 miliardi di animali macellati sono solo un numero, non hanno dignità della vita. Il dispiacere di non averli sul piatto vale più della realtà empirica sostenuta dalla comunità scientifica che invita le persone che vivono nei paesi sviluppati a spostarsi verso un’alimentazione completamente vegetale. E quindi si chiede di mangiare poca carne, si sorvola sull’industria lattiero-casearia e su tutte le drammatiche conseguenze di questa produzione di massa. Si dice, per creare un terreno di complicità con il pubblico, che a nessuno piace parlare di allevamenti intensivi, forse solo ai vegani, e che quindi non si parlerà di quelle brutalità.
E si perde un’occasione. Perché forse, anziché sottendere che i vegani siano un po’ sadici, si potrebbe iniziare ad affrontare la realtà che non si vuole vedere, si potrebbe incollare lo sguardo davanti ai fatti e scegliere di cambiare le cose, ma farlo per davvero. Invece, si suggerisce di consumare carne, solo a cena. Poca carne, una misura che non ha nulla di quantitativamente rilevante e non cambierà il destino del pianeta, perché non cambierà il nostro modo di pensare. La critica è ovviamente rivolta al testo, bellissimo per certi aspetti, ma fallace e forse anche un po’ mendace da questo punto di vista.
Il palco è spesso cupo, ombre forti vengono spazzate dalle luci quando la conversazione torna plurale. Infine, gli attori tutti si siedono sull’orlo del palco, cantano insieme e lo spettacolo finisce.
Stare nel pubblico ha i suoi vantaggi, si possono origliare le piccole conversazioni, notare i silenzi interessati e percepire le prime impressioni di chi osserva. Ebbene durante la lettura dei dati sulle emissioni e dopo l’enumerazione dei danni a cui stiamo andando incontro, il silenzio era di pietra. Il pubblico non stava solo ascoltando, ma stava assorbendo. E a platea illuminata, mentre le borse ritrovavano il loro posto sulle spalle e le mascherine più lasche venivano raddrizzate, un borbottio di riflessione ci ha raggiunto. Lo spettacolo ha rotto davvero la quarta parete, e il pubblico sta portando a casa una piccola consapevolezza: la necessità di dover fare qualcosa.
Rimane un peccato dunque che non si sia detto di più, che non vi sia stata più attenzione ai dati, anche esterni al libro. Lo spettacolo, però, ha avuto effetto, ed era questo l’obiettivo. Dopo mesi di teatri chiusi, trovare una narrazione come questa, è sintomo di un miglioramento sociale che quasi non si credeva possibile.
INFO:
Possiamo salvare il mondo prima di cena
Teatro Menotti
Via Ciro Menotti 11 – Milano
Fino al 13 giugno
PREZZI
:
• Intero – 20.00 €
• Ridotto over 65/under 14 – 15.00 €
Spettacolo inserito in Invito a Teatro
Acquisti: Con carta di credito su www.teatromenotti.org O prenota scrivendo a biglietteria@teatromenotti.org o telefonando allo 0236592544
ORARI SPETTACOLI Dal martedì al sabato ore 20 – Domenica ore 16.30
PER MAGGIORI INFO: www.teatromenotti.org
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