Sempre più connessi: il boom della digitalizzazione nell’era della pandemia
Sempre più schermi e sempre più connessi: questo è il riassunto del quadro presentato da Auditel lo scorso 24 maggio. La società di statistica ha evidenziato come la pandemia abbia velocizzato il processo di digitalizzazione in Italia, portando a una situazione ormai irreversibile. Con due lockdown alle spalle non c’è da stupirsi dell’aumento di nuovi collegamenti e nuovi device nelle famiglie italiane, costrette a trovare nuovi modi per rimanere connessi e accedere a contenuti più vari.
Secondo la relazione annuale di Auditel sono più di 112 milioni gli schermi, tutti connessi a internet. Questo perché la modalità di fruizione privilegiata è diventata l’on-demand, soppiantando quella tradizionale. Piattaforme gratuite come RaiPlay, MediasetPlay e Rivedila7 permettono di accedere ai contenuti già trasmessi ogni volta che si vuole, per di più gratuitamente. Questi player si sono affiancati a realtà come Netflix, Prime Video, Sky, Infinity, Disney+ e DAZN, ormai padroni indiscussi dello streaming.
I numeri ci presentano un quadro in cui la TV è tornata a fare da padrona, ma solo perché legata ai contenuti in streaming. Dal report di Auditel sappiamo che le visualizzazioni sui device digitali sono aumentate del 63% da Marzo 2020, con un +136% di tempo passato davanti agli schermi. Le stime di mercato mostrano inoltre un’aumento del consumo di video on-demand del 30% ogni anno, per i prossimi quattro anni, arrivando a coprire il 76% del traffico di dati mobile. Se infatti attualmente gli utenti consumano 7.2 gigabyte al mese per l’accesso ai contenuti in streaming, la previsione vede salire questo numero a 24 entro il 2025. Una crescita importante che, probabilmente, condizionerà anche il settore delle offerte di telefonia mobile, costrette a rispondere a delle esigenze di rete internet crescenti.
Piattaforme come YouTube stanno lentamente soppiantando anche i notiziari tradizionali. Grazie alla sua natura on-demand e ai numerosi canali di notizie, il sito di video più famoso al mondo è diventato il mezzo privilegiato per rimanere aggiornati sugli avvenimenti nazionali e mondiali. Si guarda al mattino, mentre si fa colazione, o all’ora di pranzo, senza bisogno di attendere il telegiornale e informandosi solo sulle news di proprio interesse.
C’è poi da considerare l’evoluzione obbligata di arti come musica, danza e teatro: non potendo più rivolgersi a una folla in carne e ossa, tanti artisti si sono visti costretti a puntare su altri mezzi di comunicazione, chiaramente digitali. Il pubblico, a sua volta, si è dovuto adattare a questo cambiamento per poter accedere ai contenuti, aumentando il numero di dispositivi connessi e il tempo passato a seguire gli streaming. Interviste, piccoli spettacoli, ma anche corsi normalmente tenuti in palestra: tutto si è evoluto verso li digitale, trovando in molti casi un mezzo più comodo ed economico per portare un messaggio.
Se da una parte troviamo questo boom di digitalizzazione iniziato durante la pandemia, dall’altra ci si para di fronte una triste realtà: 3,5 milioni di famiglie italiane non hanno una connessione a internet. La forbice tra chi è connesso e chi non lo è sta aumentando vertiginosamente, rischiando di lasciar fuori dall’evoluzione troppe persone. Il divario va colmato il prima possibile, come ripetuto più volte anche dal presidente di Auditel Andrea Imperiali.
Non c’è però solo un problema di accesso a internet, ma anche di conoscenze sufficienti per utilizzarlo: secondo il report di Save The Children uscito il 7 giugno 2021, il 29% dei ragazzi in DaD non sa scaricare un file dai siti scolastici e il 33% non sa usare il browser per attività didattiche. In generale, il 24% degli studenti non raggiunge le competenze minime digitali, calcolate su base europea. Effettuare una chiamata su Skype, Meet o Zoom e condividere uno schermo è un’attività impensabile per l’11% degli studenti. Si parla in questo caso di povertà educativa digitale, situazione in cui il numero di individui connessi a internet non rispecchia il numero di coloro che possiedono le già citate competenze minime. Il report della ONLUS ha coinvolto gli studenti tra i 13 e i 18 anni, parte importante dei cosiddetti nativi digitali, ovvero coloro nati e cresciuti nella tecnologia.
Aumenta sì la digitalizzazione figlia della pandemia di Covid-19, ma non le competenze digitali di base. Conoscenze che, supportate anche da mezzi adatti, avrebbero potuto rendere un po’ più semplice la didattica a distanza, per gli studenti e per i genitori. Il cambio di abitudini a cui ci ha costretti il virus ha evidenziato quanta distanza c’è tra chi naviga quotidianamente sul web e chi si è visto costretto a conoscerlo per la prima volta, o quasi. Nell’ottica di uno sviluppo digitale sempre più incalzante è importante assicurarsi che tutti abbiano accesso a mezzi digitali adatti e siano in grado di usarli al meglio.