Dopo 25 anni di carcere scontati presso l’istituto penitenziario di Rebibbia sito in Roma, Giovanni Brusca, esecutore della strage di Capaci e mandante di quella in via D’Amelio, lascia il penitenziario capitolino su disposizione della Corte d’Appello di Milano per essere sottoposto ad altri quattro in regime di libertà vigilata, durante i quali sarà sottoposto a controlli e protezione.
Il boss mafioso, prima di diventare collaboratore di giustizia, fu uno dei fedelissimi di Totò Riina, il capo di cosa nostra.
Fu esecutore della strage di Capaci avvenuta il 23 maggio del 1992 dove perse la vita, oltre che sua moglie e la sua scorta, il giudice Giovanni Falcone a seguito dell’esplosione di 500 chilogrammi di tritolo.
Giovanni Brusca il mandante della strage di via D’Amelio avvenuta il 19 luglio dello stesso anno dove il giudice Paolo Borsellino, insieme alla sua scorta, rimasero uccisi a seguito della detonazione di 90 chili di tritolo nascosti in una fiat 126.
Mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo di soli 13 anni sciolto nell’acido per impedirne la testimonianza del padre diventato collaboratore di giustizia.
Esecutore della strage di via Federico Pipitone avvenuta il 29 luglio del 1983 dove perse la vita, insieme alla sua scorta, il magistrato Rocco Chinnici a cui si deve la creazione del “pool antimafia”.
La notizia della scarcerazione del boss mafioso fa nascere non poche polemiche e pareri discordanti.
Molte le personalità che commentano la notizia, la sorella del giudice Falcone, Maria, commenta: “Una notizia che umanamente mi addolora, ma questa è la legge e in quanto tale va rispettata, oltre ad essere stata voluta anche da mio fratello”. Diverso il parere dei familiari delle vittime che si sentono offesi per la notizia di scarcerazione e di alcuni esponenti politici i quali ritengono una vera e propria vergogna per lo Stato Italiano.
Oltre ad essere stato esecutore e mandante delle stragi in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino, Brusca fu responsabile di tanti altri delitti di mafia tanto da fargli guadagnare, negli ambienti di cosa nostra e giudiziari, il soprannome di “porco” e “scannacristiani”
fonte ANSA.it
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