Ambiente

Il giorno dopo l’Overshoot Day, ovvero il giorno del debito economico

Come nelle più conclamate tradizioni italiane, allo scattare di un particolare accadimento o l’avvento di una particolare data, se ne parla per uno o massimo due giorni. Nella fattispecie, il particolare avvenimento riguarda il raggiungimento da parte della nostra Nazione del cosiddetto: “Overshoot Day” ovvero quel particolare giorno in cui uno Stato finisce, in connotazione virtuale, le risorse naturali messe a disposizione dal pianeta Terra.

Il 13 maggio 2021 l’Italia ha ufficialmente esaurito le proprie risorse naturali, il nostro Overshoot Day. Per nostra fortuna esiste un mercato e quindi la possibilità di importare quello di cui abbiamo bisogno, altrimenti saremmo: al buio, al freddo, senza cibo, ecc. Un panorama non certo idilliaco ed edificante.

Nel bellissimo panorama tracciato pocanzi, non dobbiamo però incorrere nel classico errore di attribuire a qualche gruppo ambientalista estremista, l’invenzione di questo particolare indice. Il ragionamento inerente questa giornata di raggiungimento del culmine del consumo da parte di una nazione nasce matematicamente, esiste infatti una formula dalla quale vengono ricavati gli indicatori da cui costruire le varie date per ogni nazione.

Tra i coefficienti di questo particolare calcolo troviamo: l’impronta ecologica dei suoi abitanti, ovvero la quantità, in termini di superficie, necessari ad ogni individuo per produrre tutte le risorse che consuma e dall’altro lato trattare i rifiuti o le emissioni che produce e la biocapacità globale, ovverosia la capacità del nostro generoso pianeta di rigenerare le risorse naturali sulla sua superficie.

È quindi molto semplice individuare, solamente parlando di questi due importanti coefficienti, chi sia il consumatore e chi il produttore. La nostra capacità di consumo dal 1970 ad oggi ha raggiunto dei livelli che potremmo definire apocalittici. Perché questa parola così forte? Perché come mostrato dalle varie statistiche effettuate nel corso di 50 anni, ipotizzando una rigenerazione del pianeta costante, altresì non si può dire della capacità dell’uomo di consumare le risorse naturali del pianeta. Se togliamo l’ipotesi precedentemente fatta, lo scenario non tende affatto a migliorare, ma purtroppo a peggiorare, in quanto oltre al consumo dobbiamo inserire la capacità dell’uomo di produrre senza giudizio rifiuti e la capacità di generare inquinanti totalmente indigeribili dal pianeta ne consegue quindi la creazione di un ulteriore ostacolo alla capacità di bio-rigenerazione della terra.

Esistono molte grafiche rappresentative del problema, esistono molti dati, molte statistiche, tantissimi numeri, ma tutta questa produzione di materiale informativo viene relegata ad un utilizzo limitato che caso vuole ricade solo ed esclusivamente nel particolare giorno in cui una nazione termina le risorse. Come sempre esiste un’eccezione alla regola, per cui ci sono nazioni più interessate all’argomento e che tentano di combattere per non far avverare un disastroso futuro, ma ne esistono tantissime per le quali tutto questo è solo una perdita di tempo.

Tra le varie grafiche relative all’Overshoot Day, create soprattutto per agevolare la comprensione del problema, ne esiste una molto interessante che ci mostra il numero di pianeti pro capite di cui necessiteremmo per completare l’esistenza di un anno solare sul nostro pianeta. La grafica ovviamente si basa su dati statistici e sui famosi calcoli citati precedentemente, per cui non ne viene contrastata l’autenticità, e sarebbe già un successo perché se ne parlerebbe, purtroppo risulta più pratico ignorare del tutto il problema.

Tornando alla grafica costruita per dare anche un impatto maggiore, possiamo notare questo parallelo esistente tra le diverse nazioni: nazioni più o meno ricche, nazioni più o meno industrializzate, nazioni più o meno popolose. Qual è l’aspetto che appare più pesante? La mancata proporzionalità tra quelle che possono essere le caratteristiche salienti di una nazione. Potrebbe essere semplice giudicare gli Stati Uniti d’America come una delle Nazioni della terra con un maggior peso in termini di consumo e produzione di rifiuti, infatti la troviamo al primo posto di questa particolare grafica, ma è molto più significativo il dato di una nazione europea come la Danimarca che si colloca al secondo posto. Se ragioniamo su quanto appena visto sembrerebbe, partendo da un punto di vista ipotetico, che la Danimarca abbia uguale: superficie, popolazione, produzione, fonti inquinanti, leggi ambientali, del tutto uguali agli Stati Uniti, ma la realtà dei fatti è ben diversa, conoscendo entrambe le nazioni possiamo facilmente dedurre che non esiste questo criterio di proporzionalità.

Per cui molto semplicemente abbiamo avuto una piccola panoramica di quanto l’impronta umana incida sempre più sul nostro pianeta. Abbiamo escluso le principali caratteristiche di una nazione, perché del tutto ininfluenti, o solo in maniera minima, sull’impatto che abbiamo sul nostro pianeta. Da questi semplici ragionamenti inquadriamo il principale fautore della problematica: l’uomo. Se ne parla da anni, o forse decenni, ma l’impegno ecologico e di rispetto verso l’ambiente è sempre argomento di grandi chiacchiere, ma mai di realtà.

La storia ci ha insegnato molto, ma come sempre rimane sulla carta stampata dei libri e nulla più. L’esempio storico più clamoroso e significativo ci viene portato dallo sfruttamento avvenuto qualche secolo fa delle isole Galapagos. Queste isole rappresentanti un ecosistema a sé stante con totale differenza da quello dell’entroterra sudamericano, hanno purtroppo conosciuto la mano del moderno uomo colonizzatore; ebbene senza tanti giri di parole sulle varie isole dall’arcipelago, un bel giorno non c’era più un singolo albero. È facilmente intuibile capire che non stiamo parlando di un evento naturale catastrofico di estinzione, ma della mano dell’uomo che per ragioni puramente economiche, e senza tanti pensieri, ha tagliato tutto ciò che trovava. Ovviamente è facile intuire come la cosa abbia generato delle ripercussioni molto importanti sul particolare ecosistema dell’arcipelago, conducendo quindi ad una riduzione della fauna, alterando il clima della zona e quindi devastando un magnifico ecosistema del nostro pianeta. Solo per nota, è in corso da decenni un’opera di piantumazione per tentare di ricostruire questa biosfera separata dal resto del mondo.

Se quindi sommiamo quello che ci ha insegnato la storia agli attuali dati, che da 50 anni non fanno altro che peggiorare, perché le ragioni economiche o industriali devono sempre prevalere su tutto quello che riguarda il tema ambientale? La risposta è facilmente ricavabile dal fatto che le ragioni economiche hanno sempre il primo posto nell’interesse di una nazione. Non stiamo certamente rivolgendo un attacco all’economia mondiale, parliamo di un tassello troppo importante per essere attaccato o in qualche modo scalfito, però permane l’incomprensione di un mancato adattamento verso il rispetto dell’ambiente e del pianeta che ci consente, grazie alle sue generose risorse, la sopravvivenza ed il benessere.

Esistono molti scenari virtuali, quindi elaborati al computer, che mostrano la rinascita della natura e del pianeta alla scomparsa dell’uomo. Potrebbero sembrare scene da film, ma è la realtà dei fatti. È bene sottolineare come la presenza dell’uomo sul pianeta terra possa essere rappresentata da un singolo granello di sabbia di un’enorme spiaggia, la terra ha una storia di milioni di anni e noi in meno di un secolo la stiamo distruggendo.

Questo potrebbe essere un senso attribuibile all’“Overshoot Day”, e come dicevo potrebbe sembrare catastrofico o apocalittico ma è la cruda narrazione della nostra storia presente.

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