Mr. Tamburino non ho voglia di scherzare, rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare
18 maggio 2021, una data che ha segnato un lutto, oserei dire nazionale, non solo nel mondo musicale ma nel mondo che piace a tutti noi che amiamo le storie e chi ce le racconta. Franco Battiato ha saputo raccontare con ironia, intelligenza e cultura storie di mondi lontanissimi, di dervisci che girano, di serenate agli istituti magistrali, di cure e di vecchi amanti che si rincorrono e tutto questo sempre con ritmo e vita anche con i brani più malinconici.
È per questo motivo che la notizia della sua scomparsa all’età di appena 76 (se pensiamo all’età media di questo secolo) ha steso un velo grigio sulla giornata di molti di noi che lo seguono da tanto ma anche di coloro che lo avevo scoperto negli ultimi anni.
Nello scrivere questo elogio confesso di non sapere da dove cominciare perché la perdita di questo artista mi ha colpita in particolar modo.
Credo che raccontare Battiato dal mio personale punto di vista sia più giusto così da condividere la mia esperienza con l’artista, invece di farne uno sterile elogio in cui elenco i suoi successi.
Ricordo ancora come se fosse ieri la prima volta che la sua musica mi ha catturata e ha fatto viaggiare la mia anima lontano. Era l’estate del 2008 e mi ero appena diplomata, con la mia famiglia avevamo preso in affitto una casetta sul mare, a Policastro, in Cilento e un pomeriggio, verso quell’ora gloriosa in cui il caldo non è troppo caldo e non è ancora sopraggiunto il fresco della sera, mi accingevo a farmi una doccia dopo la nuotata del pomeriggio. Saranno state le cinque, non più tardi, le docce erano a ridosso del piano bar che aveva come di consueto la radio accesa con l’amplificazione così da intrattenere tutto il lido.
Mentre ero sotto la doccia che mi toglievo la salsedine, guardando la linea dell’orizzonte che separava il mare dal cielo, questa melodia allegra e leggera che ti fa venire voglia di ballare sulla spiaggia iniziava a salire fino a crescere dentro di me. Era Cuccurucucu Paloma, brano celeberrimo dell’ancora più celebre disco La voce del padrone.
Era fatta, ero completamente sua, assoggettata alla musica come se questa fosse un incantesimo. Quello fu il mio primo incontro con Battiato e da quel momento non l’ho più abbandonato, anzi ho scelto quel cantautore perché sentivo che mi calzava come un guanto. Lui è stato il primo che ho iniziato ad ascoltare da sola, che ho scelto davvero, senza ereditarlo dai miei genitori.
Si sa che certi autori ci vengono in qualche modo trasferiti fin da quando siamo ancora nella pancia della mamma, fin dalle prime poppate mentre i tuoi genitori ascoltano la loro musica preferita. Con Battiato non è stato così, in casa mia non erano soliti ascoltare le sue canzoni.
Una delle prime cose che mi hanno colpita quando ascoltavo le sue canzoni era l’apparente incomprensibilità dei suoi testi. Seguivo con estrema attenzione le articolate frasi che componevano i brani cercando di coglierne il significato più profondo finché non mi resi conto che il senso di ogni testo era dentro di me, come un’idea preesistente e che era meraviglioso lasciarsi andare al viaggio narrativo e mistico che ogni brano sapeva offrire.
Ricordo che su alcuni testi c’erano discussioni con amici, ragionamenti, riflessioni e tante risate.
Ogni brano che ho amato (difficilmente ho trovato qualcosa che mi sia piaciuto meno), è legato a momenti specifici, tappe importanti della mia vita, incontri e ricordi bellissimi. Nulla di nuovo, direte, rispetto a quanto accade di solito alla maggior parte delle persone, ma credo che siano pochi gli autori che riescono a fare da colonna sonora di una vita.
Quando poi ho potuto incontrarlo al Giffoni Film Festival 2012 e poi partecipare al suo concerto in piazza del Plebiscito nel 2017 ho avuto la conferma di quanto avevo sempre immaginato di questa meravigliosa anima.
Tutti noi ne abbiamo avuti di autori così e tra i miei cantautori italiani preferiti c’è lui.
Il suo percorso è noto a molti ma è bene ricordare la poliedricità di questo artista: musicista, sperimentatore, pioniere della musica elettronica, autore pop, regista, pittore, appassionato di spiritualità e filosofia orientale.
Tutti questi erano gli elementi che caratterizzavano la sua musica e che si potevano toccare quasi con mano grazie all’esperienza sensoriale che si prova nell’ascoltare la sua musica e il mix di culture che vi intervenivano.
Non voglio dilungarmi in interpretazioni e spiegazioni ulteriori, il mio è stato l’omaggio di una ragazza cresciuta con la sua musica e che si può dire sia entrata nella maturità, in quell’ormai lontano 2008, grazie alla sua arte.