Noi i ragazzi dello zoo di Berlino, la serie tv Amazon non funziona sotto troppi aspetti
Nel 1978, due giornalisti muniti di registratore chiesero a Christiane Felscherinow di raccontare la sua storia, da quelle registrazioni ne uscì un libro diventato cult, una tappa letteraria e formativa imprescindibile per adolescenti e ragazzi: “Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, il terribile racconto di una giovanissima ragazza e dei suoi amici completamente incastrati nella scena della droga tra gli adolescenti della Berlino Ovest alla fine degli anni ’70.
A seguire, dopo il grande successo ottenuto dal libro, ne venne tratto un film uscito nel 1981, dall’omonimo titolo, diretto dal regista Uli Edel. Vista la vicinanza al periodo del libro, anche il film aveva suscitato nuovamente un enorme scalpore, perché le vicende narrate si inserivano ancora prepotentemente nel periodo storico che si stava vivendo. Chiunque sia nato tra la fine degli anni ’70 e negli anni ’80 avrà sentito, almeno una volta nella vita, l’avvertimento da parte dei genitori di stare attenti alle siringhe che si potevano trovare per terra (soprattutto nei parchi). Un terrore che ancora ricordo chiaramente. Il film veniva proiettato nelle scuole per disincentivare i giovani all’uso delle droghe, ed era molto efficace proprio perché, dopo tanto silenzio, era stata portata alla luce questa realtà che stava sconvolgendo l’intera Europa. L’eroina e tutto quello che ne conseguiva, era il mostro di quell’epoca.
Un nuovo adattamento di quel libro è ora una serie su Amazon Prime Video, vi avevamo parlato della sua uscita e dei timori del regista sul riprendere in mano questo pezzo di storia. Forse non aveva tutti i torti a preoccuparsi.
All’inizio della serie siamo su un aereo privato, sembra che girino molto alcool e droga. Al bar una giovane donna si guarda intorno, individua un bell’uomo e gli si siede accanto a lui. Quando l’aereo incontra delle turbolenze lei gli assicura che non si schianterà.
Subito dopo torniamo indietro di dieci anni, a Berlino (o Berlino Ovest, se riuscite a capire di che periodo si tratta…). Christiane (Jana McKinnon) sta per iniziare una nuova scuola, percepiamo il disagio per l’imminente divorzio dei suoi genitori, la madre Karin (Angelina Häntsch) e il padre Richard (Sebastian Urzendowsky), il quale ha sempre un sacco di idee per fare soldi, ma alla fine non li fa mai.
Il primo giorno di scuola Christiane incontra una compagna di classe sfrontata di nome Stella (Lena Urzendowsky), che le da il soprannome di Banana e la rimprovera del fatto che non sta fumando nel posto dei fumatori. Nel gruppo di amici c’è Matze (Tom Gronau), il bel ragazzo del suo palazzo per il quale Christiane ha una cotta segreta.
Anche Stella ha i suoi problemi, la vediamo alla stazione ferroviaria Bahnhof Zoo ad accogliere sua madre Nati (Valerie Koch), la quale sembra essere appena tornata dalla riabilitazione, lasciando Stella a prendersi cura dei suoi fratelli minori. Nonostante sia appena tornata alla normalità, la madre ordina immediatamente un prosecco mentre pranza con i suoi figli; Stella è così arrabbiata che esce come una furia, così si imbatte in Christiane, che ha appena comprato un pacchetto di Marlboro per cercare di sembrare cool agli occhi di Stella.
Alla stazione c’è anche Babsi (Lea Drinda), la vediamo mentre viene messa sul treno da sua nonna, destinazione: un collegio per metterla in riga. Quando si rende conto che la via è libera, Babsi salta giù dal treno. Subito dopo pensa di buttarsi da un ponte, poi viene quasi investita. Il ragazzo in macchina, Dijan (Nik Xhelilaj), le dà un passaggio dicendole che è un DJ in una discoteca chiamata Sound.
Alla stazione ferroviaria, Christiane incontra un giovane di nome Axel (Jeremias Meyer), di cui ammira i lunghi capelli. Lui sta andando a un colloquio di lavoro, e quasi non lo ottiene a causa proprio dei suoi capelli. Durante il lavoro incontra uno dei colleghi, Benno (Michelangelo Fortuzzi) e scopre che il suo cane è davvero malato. Benno è alla disperata ricerca dei soldi necessari per l’operazione del cucciolo. La sua disperazione è così dilagante che accetta il suggerimento del suo amico Michi (Bruno Alexander) di fare soldi in modo poco convenzionale e che lo mette in forte imbarazzo.
Quella notte tutti finiscono al Sound, una volta entrati li attende un mondo di luci, droga e altri vizi che darà il via a tutto.
Questa versione di “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” è un po’ più confusa e approssimativa rispetto al libro e il film. Sembra che si svolga alla fine degli anni ’70 o all’inizio degli anni ’80, ma non è così, pare più moderna, però nessuno ha cellulari o fa riferimento a social network, quindi sicuramente vuole restare non moderna. Ma l’atmosfera del locale Sound ha davvero poco della febbre del sabato sera, sembra più un club in stile Euphoria. I vestiti che indossano i protagonisti potrebbero essere perfetti per gli adolescenti dell’Europa di fine anni ’70, ma anche per quelli di oggi, con delle rivisitazioni molto fashion. La colonna sonora è piena di canzoni di David Bowie (è importante ricordare che proprio Bowie ha un ruolo fondamentale nel libro di Chistiane), nella serie però, le canzoni, vengono rifatte in versioni moderne creando già una spaccatura forte nell’integrarsi con il periodo. Inoltre manca del tutto una collocazione politico-culturale indispensabile, non ci sono riferimenti al muro di Berlino o alla Germania dell’Est, questo fa sì che si perde completamente il senso logico di alcune battute, lasciando lo spettatore (sia più giovane che meno) con dei grandi punti di domanda. Così si passa parecchio tempo degli episodi, che sono in tutto 8, cercando di capire in quale periodo si svolge la serie. Probabilmente in un mondo parallelo e senza senso.
Alla fine si arriva alla conclusione che la sceneggiatrice Annette Hess e il suo staff abbiano fatto questa scelta di proposito, per attirare un pubblico più giovane. Il problema è che l’ambientazione confusa appiattisce il contesto di ciò che stiamo guardando. Vediamo persone che si fanno di eroina, che era la droga preferita all’epoca, ma non ci sono riferimenti reali al perché ci fosse una così forte richiesta di quella droga tra gli adolescenti dell’epoca.
In altre parole, Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino è essenzialmente una serie su un gruppo di adolescenti insoddisfatti che vengono coinvolti nel vortice della droga perché le loro vite sono semplicemente orribili, un po’ come abbiamo visto ultimamente in altri show che trattano i temi degli adolescenti e droga. I genitori sono inutili, ma non si percepisce il perché di questo loro essere assolutamente fuori dal mondo, non emerge il fattore scatenante di quell’epoca: nessuno parlava della tossicodipendenza e l’eroina era un tabù. Così sembrano solo degli adolescenti soli nella vita, alcuni con genitori disagiati, che si buttano nelle droghe e si fanno coinvolgere l’un l’altro. Senza l’approfondimenti di quel periodo storico come riferimento, sembra che l’uso della droga sia glorificato invece che gravemente sottovalutato, manca completamente un esame fatto con occhio obiettivo.
Il cast è formato da bravissimi attori che, però, non rappresentano per nulla dei ragazzini di 14 anni, partendo proprio dalla protagonista, la McKinnon è stilosissima, ha un taglio di capelli invidiabile, un trucco accurato (anche quando sbavato) e, soprattutto, sembra una ventenne. Però Christiane ha 13 anni quando inizia la sua tragica discesa negli inferi delle droghe, della prostituzione e della pedofilia. Questo è un gap imperdonabile perché non percepire la giovane età dei protagonisti mette tutto su un piano diverso, facendo completamente perdere la chiave di lettura della vicenda.
Questo vale per tutti gli altri protagonisti, che sono stupendi e perfettamente inseriti nella parte di ragazzi incasinati, ma un po’ troppo cool e molto più vicini di età a quelli di Trainspotting, quando invece sono poco più che bambini.
In conclusione non credo valga la pena guardare la serie di Amazon Noi i ragazzi dello zoo di Berlino se prima non si è letto il libro e visto il film del 1981, perché questa versione perde troppo dalla storia originale lasciando solo molta confusione. Resta solo un prodotto commerciale privato della sua anima.