Arte e Mostre

Al MAST Displaced, la mostra fotografica su migrazione, conflitto e cambiamento climatico

© Richard Mosse Sawmill, Jaci Paraná, State of Rondônia, Brazil, 2020 **** Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid

La Fondazione MAST presenta Displaced, la prima mostra antologica del fotografo irlandese Richard Mosse. Curata da Urs Stahel, la mostra – allestita al MAST di Bologna dal 7 Maggio al 19 Settembre 2021 – presenta un’ampia selezione dell’opera di Mosse, una esplorazione tra la fotografia documentaria e l’arte contemporanea su Migrazione, Conflitto e Cambiamento climatico, che ha l’intento di mostrare quel confine in cui si scontrano i cambiamenti sociali, economici e politici.

Sono esposte 77 fotografie di grande formato inclusi i lavori più recenti della serie Tristes Tropiques (2020), realizzati nell’Amazzonia brasiliana. Oltre a queste straordinarie immagini, la mostra propone anche due monumentali videoinstallazioni immersive, The Enclave (2013) e Incoming (2017), un grande video wall a 16 canali Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010).

Richard Mosse crede fermamente nella potenza intrinseca dell’immagine, ma di regola rinuncia a scattare le classiche immagini iconiche legate a un evento. Preferisce piuttosto rendere conto delle circostanze, del contesto, mettere ciò che precede e ciò che segue al centro della sua riflessione. Le sue fotografie non mostrano il conflitto, la battaglia, l’attraversamento del confine, in altri termini il momento culminante, ma il mondo che segue la nascita e la catastrofe. L’artista vuole sovvertire le convenzionali narrazioni mediatiche attraverso nuove tecnologie, spesso di derivazione militare, proprio per scardinare i criteri rappresentativi della fotografia di guerra”, spiega il curatore Urs Stahel.

© Richard Mosse Platon, eastern Democratic Republic of Congo, 2012 *, Collection Jack Shainman, Fattoria vicino a Bihambwe, territorio di Masisi, Kivu Nord. Questi pascoli meravigliosi sono oggetto di uno scontro senza quartiere nell’ambito di un conflitto territoriale che non accenna a cessare. Già appartenenti a tribù congolesi indigene che vivono di agricoltura e caccia, queste terre sono state espropriate da milizie costituite da esponenti di tribù pastorizie come i tutsi provenienti dal vicino Ruanda, che hanno abbattuto le foreste primordiali per ricavare pascoli per le loro greggi. Le popolazioni locali sono state private delle loro proprietà con l’intimidazione e la violazione dei diritti umani. La valle è stata teatro di recenti scontri che hanno coinvolto gruppi armati quali M23, Nyatura, APCLS, Raiya Mutomboki, saccheggi ed estorsioni da parte dell’esercito nazionale congolese (FARDC).

Dai primi lavori scattati in Bosnia, Kosovo, nella Striscia di Gaza, lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti caratterizzati dall’assenza quasi totale di figure umane, che documentano le zone di guerra dopo gli eventi, si passa alla serie Infra ambientata in Congo utilizzando Kodak Aerochrome, una pellicola da ricognizione militare sensibile ai raggi infrarossi, messa a punto per localizzare i soggetti mimetizzati. La pellicola registra la clorofilla presente nella vegetazione e “ rende visibile l’invisibile”, con il risultato che la lussureggiante foresta pluviale congolese viene trasfigurata in uno splendido paesaggio surreale dai toni del rosa e del rosso. Sono fotografati paesaggi maestosi, scene con ribelli, civili e militari, le capanne in cui la popolazione, sempre in fuga, trova momentaneo riparo da un perenne conflitto combattuto con machete e fucili.

Con l’imponente videoinstallazione in sei parti The Enclave, progetto gemello di Infra, realizzata per il Padiglione irlandese della Biennale di Venezia del 2013, Mosse svela il contrasto tra la magnifica natura della foresta della Repubblica Democratica del Congo e la violenza dei soldati dell’esercito e dei ribelli.

© Richard Mosse, Come Out (1966) V, eastern Democratic Republic of Congo, 2011 * Private collection SVPL

La serie fotografica Heat Maps  e l’installazione audiovisiva Incoming sono lavori realizzati tra il 2014 e il 2018 dove Mosse si è concentrato sulla migrazione di massa e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassione e rifiuto, cultura dell’accoglienza e rimpatrio. Sono immagini straordinarie dei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal in Libano, Nizip in Turchia, Tempelhof a Berlino e molti altri: qui Mosse impiega una termocamera in grado di registrare le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi. Si tratta di una tecnica militare che consente di “vedere” le figure umane fino a una distanza di trenta chilometri, di giorno come di notte. Le immagini sono apparentemente nitide, precise e ricche di contrasto. A un esame più attento, invece, non si riescono a distinguere i dettagli ma solo astrazioni: persone e oggetti sono riconoscibili solo come tipologie, nei loro movimenti o nei contorni, ma non nella loro individualità e unicità.

Per produrre il video wall del 2017 Grid (Moria), si è recato più volte nell’omonimo campo profughi sull’isola greca di Lesbo, noto per le sue pessime condizioni. Le riprese sono state effettuate con termografia a infrarosso e l’opera è costituita da 16 schermi che propongono lo stesso spezzone a diversi intervalli. Tra il 2018 e il 2019, Mosse comincia a esplorare la foresta pluviale sudamericana dove per la prima volta concentra l’obiettivo sul macro e sul micro, spostando l’interesse di ricerca dai conflitti umani alle immagini della natura.

© Richard Mosse, Lost Fun Zone, eastern Democratic Republic of Congo, 2012 * Courtesy of the artist and carlier | gebauer, Berlin/Madrid. Il campo profughi di Kanyaruchinya, nel Kivu Nord, ha ospitato almeno 60.000 persone migrate verso sud dal territorio di Rutshuru per sfuggire ai ribelli dell’M23. Questa fotografia è stata scattata alla fine di ottobre 2012. Solo poche settimane dopo, la popolazione di Kanyaruchinya sarebbe stata costretta a fuggire di nuovo, abbandonando il campo in fretta e furia.

In Ultra, con la tecnica della fluorescenza UV, Mosse scandaglia il sottobosco, i licheni, i muschi, le orchidee, le piante carnivore e, alterando lo spettro cromatico, trasforma questi primi piani in uno spettacolo pirotecnico di colori fluorescenti e scintillanti. La biodiversità viene descritta minuziosamente tra proliferazione e parassitismo, tra voracità e convivenza, per mostrarci la ricchezza che rischiamo di perdere a causa dei cambiamenti climatici e dell’intervento dell’uomo.

Tristes Tropiques è la serie più recente di Mosse: documenta con la precisione della tecnologia satellitare la distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo. Mosse ha scattato queste fotografie di denuncia lungo “l’arco del fuoco”, nel Pantanal, il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana. Ogni mappa mostra i delitti ambientali perpetrati su vasta scala, diventando per il fotografo un archivio che li documenta.

Il video Quick del 2010 completa infine le video-installazioni: è un filmato girato da Mosse che ricostruisce la genesi della sua ricerca e della sua pratica artistica attraverso i temi a lui cari come la circolazione del virus Ebola, la quarantena e l’isolamento, i conflitti e le migrazioni, muovendosi tra la Malesia e il Congo orientale.

Il catalogo che accompagna la mostra propone tutte le immagini esposte oltre a un saggio critico del curatore della mostra Urs Stahel e testimonianze di Michel J. Kavanagh, Christian Viveros-Fauné e Ivo Quaranta. Il volume, edito dalla Fondazione MAST, è distribuito da Corraini ed è disponibile in libreria e online su www.mast.org e www.corraini.com.

*serie Infra
**serie Heat Maps
***serie Ultra
****serie Tristes Tropiques

INFO:

RICHARD MOSSE DISPLACED

Fondazione MAST
Via Speranza, 42
40133 Bologna

7 maggio 2021 – 19 settembre 2021

www.mast.org

Ingresso gratuito solo su prenotazione

Orari: martedì – domenica 10:00 – 20:00

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