The Falcon and The Winter Soldier: recensione senza spoiler di tutta la serie
Questa recensione su The Falcon and The Winter Soldier è priva di spoiler, si può trovare completa e disponibile in streaming su Disney+. Vengono accennati i temi principali e i personaggi ma nessun punto cardine della trama è svelato.
Se credevate di trovare nella serie in sei parti The Falcon and The Winter Soldier il classico stile dei film Marvel allora vi renderete conto fin da subito che, anche in questo caso, è molto diverso da quello a cui siamo abituati. Lo stravolgente cambio di narrazione era già stato preannunciato dal creatore e produttore del MCU Kevin Feige con l’uscita di WandaVision.
La storia di Sam Wilson e James “Bucky” Barnes punta meno all’azione e all’annientamento dei cattivi, prendendo invece in esame la sfera del razzismo sistemico, della radicalizzazione e dell’ombra incombente degli eroi perduti. The Falcon and The Winter Soldier è una serie sorprendentemente pregna di sostanza, anche se ogni tanto ha cercato di volare un po’ troppo alto e forse fuori dalla sua portata, questo ha portato a un disequilibrio tra la qualità e la gestione, che sfortunatamente si è rivelata, in diverse occasioni, non troppo brillante.
Il tema più evidente e ben esplorato di The Falcon and The Winter Soldier è quello della razza, il personaggio di Sam Wilson (Anthony Mackie) racconta la sua battaglia nel seguire le orme di Steve Rogers, l’amico scomparso il cui ultimo atto in Avengers: Endgame è stato quello di passargli lo scudo di Capitan America. Il fatto che un nero assuma questo ruolo, emblematico di una nazione che è stata a lungo incapace di affrontare il razzismo sistemico, comporta implicazioni sconcertanti che perseguitano Sam per tutti i sei episodi. Questo è un argomento che i Marvel Cinematic Universe non hanno mai affrontato in modo incisivo. Nonostante non venga fatta una disquisizione a livello accademico, ma venga solo esaminata la questione alla base, il messaggio è reso chiaro e accessibile a tutti.
La forza di questa analisi viene sia dalla scrittura tagliente sia dall’ottima performance di Anthony Mackie, avendo avuto molto più spazio che nei film, Mackie è stato capace di trasmettere emozioni e turbamenti interiori, affiancato in modo ammirevole da Carl Lumbly nel ruolo di Isaiah Bradley, un veterano della guerra in Corea che ha sofferto e avuto non pochi problemi per colpa del sistema razzista. Bradley agisce come un faro nella notte per Sam, lo guida ad aprire gli occhi attraverso il dolore, le loro scene insieme sono strazianti e crude. Queste componenti rendono l’esplorazione dell’eredità di Capitan America un argomento più toccante si potesse immaginare. Ma The Falcon non è l’unico protagonista della serie, infatti nel titolo troviamo anche The Winter Soldier, Bucky Barnes, interpretato da Sebastian Stan. Anche lui durante l’arco narrativo compie un percorso importante, all’ex soldato d’inverno non sono concessi gli stessi considerevoli intrecci narrativi del suo partner, la sua storia è incentrata principalmente suo principale antagonista, ovvero il se stesso del passato. Durante la serie lo si vede fare ammenda per i danni che ha causato come assassino dell’Hydra, anche se diventa subito ovvio che non è incentrata su di lui la storia.
Grande ritorno anche per il principale nemico di Bucky, Helmut Zemo, interpretato da un meraviglioso Daniel Brühl, che abbiamo visto nel film Captain America: Civil War in cui tra i due c’era un rapporto di grande tensione. Invece, nella serie riscopriamo una nuova relazione tra Zemo e Bucky, si crea una interessante dinamica alla Hannibal Lecter, gli eroi si vedono costretti a collaborar e con il cattivo per ottenere informazioni più grandi di loro, detto questo Zemo non perde l’opportunità di provare a manipolare Bucky, creando una sotto trama particolarmente interessante. Proprio grazie a questa storia, leggermente sottotono rispetto a quella principale di Sam, riscopriamo una notevole volontà nell’umanizzare questo personaggio, in precedenza usato principalmente per creare disordine nella vita di Steve Rogers.
Si può dire che, nonostante la serie sembri più THE FALCON (e The Winter Soldier), dove i fuochi d’artificio vengono lasciati principalmente al personaggio di Sam, andando avanti negli episodi si inizia a creare una buona dinamica tra i due, che contribuisce sia agli alti che ai bassi, è molto interessante quando ai due è permesso di essere vulnerabili, lasciando intravedere molte sfaccettature nei loro caratteri. I bassi si trovano in particolare nella prima metà, dove la scrittura dei dialoghi risultano un po’ fuori luogo rispetto ai temi che vogliono trattare, come se si volesse andare in profondità nella storia ma mantenendo la comicità e l’umorismo tipici del MCU. Fortunatamente, nella seconda parte della serie, si trova un buon equilibrio che permette di trattare gli argomenti in modo consono, lasciando spazio anche all’umorismo.
Ma arriviamo alla parte davvero pruriginosa della storia, a complicare la vita di Sam e Bucky c’è John Walker, il successore di Steve Rogers nominato dallo stato. Interpretato da Wyatt Russell, è tutto ciò che Capitan America non dovrebbe essere: una mina vagante aggressiva e presuntuosa. La presenza di Walker è una costante fonte di stress, sia per il modo in cui le sue azioni mancano di rispetto all’eredità di Steve Rogers, sia come costante monito a Sam, avrebbe dovuto brandire lui lo scudo a stelle e strisce. John Walker rappresenta un personaggio chiave della storia proprio perché smaschera tutti gli altarini di una società disumana. È proprio a Walker che viene data una delle scene più scioccanti e preziose della stagione, forse avrebbe meritato più spazio, soprattutto nella sua uscita di scena.
Un trattamento simile è riservato ai Flag Smashers, un gruppo di antagonisti guidati dalla radicalizzata Karli Morgenthau (Erin Kellyman). C’è un’enorme quantità di terreno interessante che questa fazione calpesta, toccando i temi della crisi umanitaria, dell’anti-nazionalismo e del fallimento del governo. La loro situazione è collegata al Blip del MCU e a come l’autorità affronta (male) l’improvvisa ricomparsa di miliardi di persone dopo cinque anni di assenza, ma la loro storia è un chiaro commento su questioni sociali più ampie nel mondo reale, in particolare il trattamento dei rifugiati e delle comunità sfollate. Questo rende un gruppo di “cattivi” non così insensati, regalando allo spettacolo l’opportunità di un approccio più complesso da parte dei supereroi. Purtroppo la scrittura di The Falcon e The Winter Soldier soffre davvero troppo quando si cammina sulla linea della moralità. Karli Morgenthau è chiaramente descritta come una persona con buone intenzioni che si spinge troppo oltre, ma la mancanza di dettagli nella storia dei Flag Smashers porta a rappresentarli in modo semplicistico, un gruppo di terroristi fin troppo disinvolti nell’uccidere innocenti, piuttosto che dei combattenti per la libertà. Il GRC, la task force globale che gestisce le tensioni durante la crisi post-Blip, è praticamente inesplorata, così non riusciamo davvero a capire come mai Karli è così agguerrita.
Dove The Falcon and The Winter Soldier certamente non soffre è sulle scene d’azione, il regista Kari Skogland replica perfettamente la grinta dei film di Captain America dei fratelli Russo. Questo agisce come collante perfetto tra la storia di Sam e Bucky e quella di Steve Rogers, rendendo le sequenze di combattimento belle toste. La prima puntata inizia proprio con un’emozionante combattimento aereo che permette a The Falcon di spiegare letteralmente le sue ali, ma i momenti migliori sono tutti a terra.
The Falcon and The Winter Soldier è una storia seria, riflessiva e politicamente impegnata, esplora abilmente le questioni del razzismo, del dovere e dell’eredità il tutto in perfettamente in sintonia con lo stile del Marvel Cinematic Universe. Insieme a WandaVision dimostra che Disney+ sia destinato alla sperimentazione più audace del mondo Marvel. Ma, mentre la sua esplorazione dell’eredità di Steve Rogers e del ruolo di Capitan America sono destinati a essere ricordati tra i punti più alti del MCU, le sue molte altre trame e i personaggi soffrono di mancanza di spazio e dettagli. Questa montagna di idee non rovina il focus centrale della storia, ma mina agli sforzi della serie di raccontare una storia emozionante di eroismo e spionaggio.