16 marzo 1941, nasce a Parma Bernardo Bertolucci, dal padre Attilio, poeta e critico cinematografico da cui ha preso prima la passione per la poesia e poi quella per il cinema. La sua carriera è iniziata come assistente alla regia per Pier Paolo Pasolini nel film Accattone (1961) e da lì non si è mai fermato.
Per Bertolucci il cinema è sempre stato “una magnifica ossessione” come riporta il titolo di un libro curato dal critico Piero Spila che raccoglie tutti gli interventi sul cinema del regista di Novecento (1976), Ultimo tango a Parigi (1972), Il tè nel deserto (1990), L’ultimo imperatore (1987) e tanti altri. Per Bertolucci il cinema possedeva una forza che rasentava la fascinazione. “Veder nascere l’immagine cinematografica equivaleva quasi ad assistere alla nascita di un mondo”.
L’inizio di tutto fu a Parma, nella sua città di origine, un luogo in quel periodo molto attivo nel campo cinematografico in cui si faceva il cinema grazie alla casa di produzione Cittadella Film che inseguiva il sogno di una Cinecittà emiliana, come racconta lo stesso Bertolucci. Questo e altri aneddoti legati all’inizio della sua carriera sono raccolti in un volumetto edito da La nave di Teseo e uscito il 15 marzo scorso con Repubblica per celebrare il compleanno di Bernardo Bertolucci ottant’anni fa. Si tratta di un’opera inedita che possiamo considerare autobiografia artistica, scritta in occasione della laurea honoris causa conferita dall’Università di Parma nel 2014.
Si tratta di una lettura piacevole che riesce in poche pagine a dare una pennellata sul cinema di certi anni che hanno fatto la storia, dal Neorealismo al cinema degli anni settanta e ottanta fino ai giorni nostri con l’ultimo film girato dal maestro nel 2012, Io e te. Si procede in ordine sparso come in un racconto davanti a un caffè, dove il punto di partenza come si è detto è Parma e il filo rosso è il mistero, “Il mistero del cinema” come si intitola appunto l’autobiografia che fu pubblicata nel 2014 come dissertazione da presentare in occasione della Laurea.
Bernardo Bertolucci richiama tanti nomi del Cinema da Fellini a Godard (quest’ultimo suo maestro e guida artistica, che lo ha sempre ispirato) parlando della Settima Arte con lo stupore di un bambino, pur avendo in quell’anno (2014) all’attivo tutti i suoi film più importanti.
È questa la bellezza del libriccino che La nave di Teseo e Repubblica ci hanno regalato, il racconto di un’ossessione che è diventata passione che è diventata un mestiere.
Si percepiscono dolcezza e amore in chi scrive, la stessa dolcezza e vitalità che si vedeva nei suoi occhi quando lo incontravi alla Mostra del Cinema di Venezia e ti ci potevi avvicinare come ci si avvicina a un amico che non si vede da un po’.
Forse il fatto di essere anche un poeta (possiamo leggere alcune brevi poesie in questo volumetto) rendeva i suoi film poesie visive.
Si riconoscono i suoi riferimenti culturali e l’intimità che sapeva creare con il luogo in cui girava. Guardare un suo film era un’esperienza sensoriale completa e leggere “Il mistero del cinema” ne dà la conferma.
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