Goro goro, il viaggio di Daruma la cui storia non finisce al primo inciampo
Goro goro: La pesca della stella, il viaggio di Daruma e altre storie giapponesi. Sulla scrivania, accanto alla foto di mio nipote, tengo un piccolo Daruma, ha un occhio disegnato ed uno cieco, in attesa che il mio proposito si realizzi o che, in assenza di fortuna, la mia perseveranza lo conquisti. Ogni tanto lo spingo premendo l’indice sul suo capo tondo e osservo come, immancabilmente, ad ogni caduta si rialza. Mi stupisce immaginare che ora, quella rotondità, ma anche quella base sufficientemente dritta da tenerlo in piedi ma abbastanza smussata da consentirgli di rimettersi dritto, sia il frutto di un cammino, del Viaggio di Daruma. La prima storia che si legge aprendo Goro goro di Laura Imai Messina, edito da Salani Editore, è una mano tesa verso quel lettore incerto, che oggi come non mai si sente in balia di cadute e assenza di stabilità. La storia scorre sulla pagina, allo stesso ritmo con cui rotola Daruma, prossimo all’essere bonzo e saggio e tuttavia ignaro e preda di pezzi perduti e inciampi sempre più prepotenti. Eppure rotolando per le terre di Yamato, questo piccolo eroe tondo e inconsapevole, quanto determinato e sincero, ci insegna che cadi sette volte, otto volte ti rialzi. Ecco come inizia il viaggio dentro Goro goro, con un messaggio gentile e diretto a tutti coloro che ora si sentono senza un pezzo di sé, prigionieri della goffaggine degli eventi. Ciò che stupisce, ma non più di tanto se ci si ricorda chi è l’autrice del libro, è come questo libro per ragazzi, ma anche per bambini, sia un libro adatto agli adulti. Un libro per fermarsi e immaginare la paura di una piccola kitsune oppressa dalla sensazione di inadeguatezza, la perdita della luce o i dentoni degli orchi.
Goro goro, però, non è un libro da leggersi in solitaria, è fatto per essere condiviso, lasciato aperto sul tavolino da caffè con le illustrazioni pronte ad accogliere uno sguardo distratto, per essere regalato, letto ad alta voce per inseguire le onomatopee, per ascoltare la voce di chi ha imparato a leggere da poco e ancora inciampa sulle parole lunghe o per essere narrato a chi ancora non sa leggere da solo. Goro goro, poi, ha il pregio di pretendere impegno, il lettore genitore, zio, parente, fratello, nonno, amico o solamente volenteroso, non può limitarsi a leggerlo, lo deve anche recitare. Deve seguire le vocali allungate e dare enfasi, far ridere i bambini, presenti o interiori, con i tonfi e le onomatopee. Goro goro, come spiega l’autrice in un post sul suo profilo Instagram, è il tempo passato a godersi lo scorrere del tempo, ma anche abitarlo quel tempo, fare le voci grosse o piccole, pensare ad un orco dentone e sorridere al pensiero che storie così possano essere rilette all’infinito. Per citare l’autrice e tornare al mio daruma, che sempre si rialza e la cui storia non finisce al primo inciampo, forse la lezione più preziosa è quella più ripetuta, “e così anche questa storia finisce qui, ma continua altrove”, come Goro Goro, che verrà riletto ancora e ancora e ogni volta suonerà nuovo e uguale, emozionerà e sarà riposto in attesa di quel “leggi Duuma?” O di quel richiamo interiore, molto più adulto, che ogni tanto ha bisogno di sedersi e lasciarsi raccontare una storia, una storia bella. E dunque “nelle Terre di Yamato, in un tempo lontano…”.