La biblioteca di Parigi di Janet Skeslien Charles, per Garzanti, è una ode al “libro”, in tutti i sensi, sia nel caso specifico del romanzo dell’autrice, sia del libro come custode e strumento di cultura, conoscenza e salvezza.
Parigi, 1940. “I libri sono la luce”. Odile, la protagonista, non riesce a distogliere lo sguardo dalle parole che campeggiano sulla facciata della biblioteca Americana e che racchiudono tutto quello in cui crede. Finalmente ha realizzato il suo sogno: ha trovato lavoro in uno dei luoghi più antichi e prestigiosi del mondo, nelle cui sale hanno camminato Edith Wharton ed Ernest Hemingway e dov’è custodita la letteratura mondiale.
Quel motto, però, le suscita anche preoccupazione. Perché una nuova guerra è scoppiata e l’invasione nazista non è più un timore, ma una certezza. La biblioteca è per lei un luogo di pace anche in tempo di guerra, ma forse solo apparentemente. Odile sa che nei momenti difficili i templi della cultura sono i primi a essere in pericolo: è lì che i nemici credono che si annidi la ribellione, la disobbedienza, la resistenza perché nei libri ci sono parole e concetti proibiti. E devono essere distrutti. Odile non può permettere che questo accada. Deve salvare quelle pagine. E non solo. La biblioteca è il primo luogo in cui gli ebrei della città provano a nascondersi: cacciati dalle loro case, tra i libri si sentono al sicuro, e Odile vuole difenderli a ogni costo, anche attraverso gesti coraggiosi come portare i titoli al domicilio di ebrei confinati in casa o sfidando i posti di blocco, perché l’amore per i libri non ha confini e spesso non conosce paura. Anche se questo significa macchiarsi di una colpa che le stritola il cuore. Una colpa che solo lei conosce. Un segreto che, dopo molto tempo, nel 1984 consegna nelle mani della giovane Lily, vicina di casa incuriosita da un’Odile che mai è entrata in confidenza con qualcuno tranne che con lei, perché possa capire il peso delle sue scelte e non dimentichi mai il potere dei libri.
Il destino le farà avvicinare e forse salverà entrambe scoprendo l’una la storia e le difficoltà dell’altra.
La biblioteca di Parigi è una storia davvero unica, ambientata su due piani temporali, in uno ieri del 1940 e in un oggi degli anni 80, in cui tre ingredienti si mescolano alla perfezione: la resistenza durante l’occupazione nazista, il fascino intramontabile di Parigi e la magia dei libri che devono essere sempre salvati e protetti da ogni male. Ma anche i valori universali dell’amore e dell’amicizia.
Un’accordo perfetto in cui l’autrice tiene alta la tensione di una storia che non comprendiamo a fondo fino all’ultima pagina. Si parla sì di determinazione e salvaguardia della cultura ma anche di colpe, pentimenti e perdite, tutte incredibilmente umane che pagina dopo pagina sanno anche graffiare e lasciare il segno. In queste pagine alla “perfezione del libro” fa da contrappeso l’imperfezione dell’animo umano, che è la sua croce ma anche la sua stupenda caratteristica, perché ci mostra la bellezza della possibilità ma anche della redenzione e del perdono.
Il tutto ambientato in uno sfondo storico minuzioso.
La biblioteca di Parigi è anche un romanzo corale fatta di storie umane che si intrecciano come la trama di un libro. Un’inno alla cultura come nutrimento dell’anima e insegnamento di vita. I libri vanno salvati in modo che possano nutrire la mente di chi verrà dopo noi, come già hanno fatto con la nostra. Perché i libri sono luce nelle tenebre, spiraglio di speranza nelle avversità.
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