Il Buco è un diabolico thriller di Netflix sul concetto di stratificazione sociale in una prigione a livelli dove la metafora diventa tremendamente efficace al fine: il mondo è un posto ingiusto.
In questa macabra pellicola spagnola le persone vengono collocate su diversi livelli verticali, le quali a loro volta hanno a disposizione differenti quantità di cibo per potersi sfamare, ma questo a discrezione degli “ospiti” della prigione, un’escalation al degenero che porta alla follia e all’orrore. L’idea alla base del thriller “Il Buco” è particolarmente ingegnosa, tra l’altro la data d’uscita, 21 febbraio 2020, cadeva perfettamente in un periodo storico in cui il mondo ci si è rivoltato contro e le persone, invece di dimostrarsi all’altezza hanno dato, in certe occasioni, il peggio di se, razziando supermercati, comprando molto di più di quello di cui avevano bisogno senza curarsi del fatto che, forse, la persona dopo di loro non avrebbe più trovato alcuni beni di prima necessità. Il cuore del film vuole proprio andare a colpire quella fascia di pubblico, quello che non ha mai un occhio di riguardo per il prossimo, dimostrando quando la superficialità del pensare solo a se stessi può anche rivoltartisi contro, in un circolo vizioso su cui non abbiamo il controllo.
Il film è davvero una ricetta diabolica, cucinata con alcune parti che ricordano Cube, Saw e Snowpiercer, ma con una piccantezza tutta sua puntato a colpire i “colpevoli” con un tetro e tempestivo promemoria del bisogno di solidarietà e dell’importanza del collettivo sull’individuale, o delle cupe conseguenze che potrebbero seguirne.
Il Buco è un edificio sviluppato in verticale con un numero sconosciuto di livelli, ognuno contiene due persone, alcune delle quali sono prigionieri, mentre altre sono volontari che decidono di entrare in cambio di una qualche forma terapeutica. In cima, al livello zero, c’è la cucina dove ogni giorno vengono meticolosamente cucinate pietanze di ogni tipi, una miscela di delicato e selvaggio, un violinista suona mentre le lame squarciano il pesce, affettano la carne, miscelano gli ingredienti più prelibati, il capo cuoco accarezza un prosciutto penzolante. Quando hanno finito questo rito che sfiora la perfezione, il risultato è un eccezionale capolavoro di natura morta con aragoste, papaya e torte poggiate su una lastra di cemento. Il banchetto potrebbe sfamare centinaia di persone, ma non lo fa mai.
Questo grandioso buffet viene mandato giù attraverso un buco centrale che attraversa tutte le stanze sottostanti, ogni coppia deve mangiare quello che può o quello che pensa di dover mangiare prima che la lastra di cemento si sposti verso il livello inferiore successivo. C’è abbastanza cibo per tutti i livelli, ma perché questo arrivi anche alla fine dell’edificio si deve contare sull’umanità delle persone, i partecipanti dovrebbero prendere solo quello di cui hanno bisogno… non c’è bisogno di un film per immaginare come vanno le cose.
Come se già questo non fosse abbastanza esplicativo come messaggio, ogni mese vengono mescolati gli accoppiamenti e gli ospiti vengono spostati di livello, senza sapere se saliranno o scenderanno. Se ti svegli al terzo livello, allora ti aspetta una festa, ma se ti capita di svegliarti al livello 125, allora le cose si mettono male.
Il Buco è senza dubbio un terrificante realistico film horror con qualcosa da dire che, indubbiamente, lascia in tutti una certa oppressione giustificata, il regista, Galder Gaztelu-Urrutia, ci porta sempre più a fondo in un inferno progressivamente sempre più malvagio, dove i punti di vista sono costantemente mutevoli e poco ottimistici. Gli sceneggiatori, David Desola e Pedro Rivero, mostrano il loro concetto ingegnoso di luoghi intriganti e sempre sorprendenti, lasciando molta libertà all’interpretazione personale, divertendosi con le molte possibilità subdole che una struttura così terrificante potrebbe contenere.
Il protagonista, Goreng, interpretato da Iván Massagué, è un uomo qualunque con buone intenzioni, entra spontaneamente con l’obiettivo di voler smettere di fumare e viene collocato al livello 47, ingenuamente si aspetta di ricevere rispetto da chi sta sopra di lui e correttezza dal suo compagno di cella, ma ben presto diventa chiaro che l’avidità e la paura dominano l’animo degli esseri umani più di ogni altra cosa. Viene etichettato come ingenuo per aver creduto nell’importanza del saper razionare pensando al prossimo e, nel corso del film, vediamo un completo stravolgimento del suo personaggio che viaggia attraverso le varie piattaforme, questo inizia a influenzare la sua moralità e strategia, costringendolo a fare cose che prima avrebbe ritenuto impossibili.
La narrazione brutale e senza cuore richiede uno stomaco forte nel suo scorrere su e giù per l’edificio, diventiamo testimoni di molti orrori che, in certe occasioni, riusciamo addirittura a giustificare, soprattutto quando vediamo cosa succede ai livelli inferiori, ma il tormento sembra al servizio di un’idea più grande, che continua ad evolversi man mano che il film procede. Il Buco è un grottesco film cupo, ma capace di muoversi con una velocità così feroce che ci troviamo incollati allo schermo, ansimando e trasalendo, riuscendo quasi ad anticipare, con orrore, quanto ancora possano mettersi male le cose.
In definitiva Il Buco potrebbe sembrare non avere molto da dire, in realtà quello che dice, lo dice in modo efficace e spietato, è un’inquietante corsa verso il fondo, una corsa che molti hanno percorso nella vita reale e che il film riesce benissimo a rendere con questa metafora.
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