Non si è badato a spese nella realizzazione della serie Tv Netflix “Space Force”, l’idea è quella di immaginare come potrebbe essere un settore militare della Space Force oltre i limiti immaginabili e sotto la ormai, fortunatamente, ex presidenza Trump (anche se lo show non lo cita mai per nome, pare subito evidente il riferimento). Questa nuova commedia vuole essere una dimostrazione dei poteri di Netflix, vanta il team di co-creatori Greg Daniels e Steve Carell, i genitori di “The Office” ha ottenuto una seconda vita e un secondo successo quando è arrivato su Netflix e ha conquistato un’intera nuova generazione di fan. Con Carell al centro della storia, “Space Force” presenta un cast di all-star che include Lisa Kudrow (indimenticabile Phoebe di “Friends”), John Malkovich e persino il defunto Fred Willard nel ruolo dolceamaro del padre malato di Carell. I set in cui è girata sono costituiti da spazi enormi ed eleganti, scintillanti e incontaminati, ogni episodio mostra nuovi volti familiari, una produzione stellare che solo il sostegno totale di un forte marchio può dare. Dopo tutte queste premesse, che rendono il prodotto di un certo peso, “Space Force” dovrebbe essere una vittoria facile, tuttavia, dieci episodi dopo, sembra più papabile l’opzione che “Space Force” sia solo ok.
Nel suo primo ruolo televisivo come comico fisso dai tempi di Michael Scott, Carell interpreta Mark Naird, un generale a pluristellato con una promozione che sa ancora di fresco che lo mette nella condizione di dover dimostrare il suo valore a tutti i costi, rendendo Space Force una realtà funzionante. Mark è una persona ossessionata delle regole, ma è anche un arrogante pallone gonfiato, il suo atteggiamento cambia assecondando la scena che viene raccontata, il tutto mentre cerca di tenere la Space Force a galla e il suo capo, lo scienziato Adrien Mallory (Malkovich), felice. Inoltre Mark sta anche lottando per mantenere insieme la sua vita privata, sua figlia (Diana Silvers) è infelice per il trasferimento nella nuova città e sua moglie (Kudrow) è, come dire… fuori dai giochi. Una buona idea della serie è quello di aver ben distinto il suo ruolo professionale di Mark da quello nella vita privata, ma i modi in cui la sua personalità si intreccia tra di essi non ha moto senso.
Dato il team creativo della serie, non c’è da sorprendersi che “Space Force” dia il meglio di sé quando trapela la follia di Mark sul posto di lavoro, prendendo il sopravvento sul raziocinio, in questa ottica Noah Emmerich, nei panni di un generale dell’Air Force, si diverte a far fare la figura dell’idiota a Mark ogni volta che gli si presenta l’occasione. Carell resta sempre un passo indietro rispetto all’interpretazione di Malkovich, che risulta così irresistibilmente strano e mite, come spesso accade con i suoi ruoli, anche quando le battute non sono particolarmente acute le sue performance fanno alzare decisamente l’asticella dello spettacolo.
Il problema vero è quando “Space Force” cerca di andare più a fondo con la trama, bloccandosi sotto il peso della sua stessa ambizione, si snoda lentamente verso piccoli progressi interessanti per poi sbandare e finire completamente alla deriva. La satira politica è fin troppo plateale, col rischio di non venire colta da chi non segue attentamente la politica americana con il rischio di risultare solo grottesca, per esempio compaiono donne membro del Congresso chiamate Anabela Ysidro-Campos e Nancy Pitosi che chiaramente sono modellate sulle vere Alexandria Ocasio-Cortez e Nancy Pelosi, poi c’è Tony Scarapiducci, il responsabile della comunicazione ossessionato dai social che ricalca il povero Anthony Scaramucci, rimasto alla guida della comunicazione della Casa Bianca per soli 10 giorni nel luglio 2017, non mancano le femministe vestite da Handmaid’s Tale e i terrapiattisti a completare l’opera che più che satira politica è un “bagaglino” caiarone.
È un continuo oscillare tra il divertente con la speranza di qualcosa di più e il desiderio di passare ad altri intrattenimenti, quando sembra che lo show abbia preso la giusta piega, tra il comico e lo stimolante, lo fa con convinzione, ma alla fine crolla con un soffio di vento quando ci si rende conto che mancano le basi per sostenerlo. Dopo aver visto la prima stagione è difficile dare un nome al tipo di storia o commedia che “Space Force” vuole cercare di essere. Questo tipo di crisi d’identità non è unica, nel primo anno la maggior parte delle commedie necessitano di tempo per trovare il loro spazio, forse potrebbe migliorare sul lungo periodo, magari nella seconda stagione, le cui riprese sono previste per il 2021 e forse potrebbe arrivare dopo l’estate. Sicuramente gli si può dare una seconda possibilità.
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