Vorrei parlarvi di un argomento molto delicato, il 6 febbraio è la Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, ovvero tutte quelle pratiche di mutilazione genitali femminili che vengono operate per ragioni non mediche e che sono ufficialmente riconosciute come una grave violazione dei diritti umani. Secondo le stime OMS oltre 3 milioni di bambine vengono sottoposte a un tipo di mutilazione, parlo di bambine perché l’età media a cui vengono sottoposte varia tra i 5 e i 14 anni, si stima che ci siano circa 200 milioni di donne che hanno subito questo tipo di pratica.
Le mutilazioni genitali femminili sono classificate in quattro tipologie:
La prima prende il nome di clitoridectomia e prevede l’asportazione del clitoride; la seconda si chiama escissione della clitoride, prevede l’asporto della clitoride e delle piccole labbra; la terza si chiama infibulazione e prevede l’asportazione di clitoride piccole labbra grandi labbra e la cucitura dell’orifizio vaginale; ed infine la quarta tipologia comprende tutte le altre mutilazioni e tutte le altre pratiche di modifiche genitali che non sono finalizzate a motivi terapeutici.
L’operazione non è solo traumatica ma è anche molto dolorosa e pericolosa, questo perché viene effettuata in assenza di anestesia in ambienti in cui non sono garantite condizioni igienico sanitarie sufficienti a operare alcun tipo di intervento, vengono impiegati strumenti di fortuna, inoltre l’operazione è effettuata da persone non competenti in medicina, dalle mammane, ovvero le figure tradizionali preposte a questo genere di pratica. Le mutilazioni genitali femminili sono talmente radicate a livello tradizionale da essere diventate dei veri e propri riti di passaggio nella vita delle bambine, non sottoporsi a questo genere di pratica significa diventare dei paria sociale, non riuscire a trovare marito, essere marginalizzate socialmente, non essere accettate dalla comunità e cultura di appartenenza.
Obiettivo delle mutilazioni genitali femminili è quello di operare un controllo totale sulla vita sessuale e riproduttiva delle donne alle quali viene completamente negato il piacere derivante da una vita sessuale sana, ma anche la possibilità di avere un qualsiasi tipo di rapporto che non risulti doloroso. Una volta subita la mutilazione il trauma permane sia in forma fisica sia psicologica: in forma psicologica proprio a causa dell’entità e dell’intimità del tipo di violenza subita, in forma fisica perché per tutta la vita queste persone diventano più soggette ad infezioni, i rapporti sessuali sono dolorosi, se non addirittura pericolosi e portare a termine una gravidanza diventa complicato.
Come singoli possiamo dare il nostro contributo alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili, in primo luogo informandoci, a tal proposito vi consiglio la lettura di due libri, uno è il Best Seller di Waris Dirie, “Fiore del deserto” e l’altro è “Donne cucite” dell’antropologa Sabrina Avakian, nel libro troverete anche delle interviste fatte dall’autrice ad alcune mammane. Un’altra cosa fondamentale da fare è non stigmatizzare le culture che praticano le mutilazioni genitali femminili perché non è attraverso lo stigma o il razzismo mascherato che si risolve il problema, ma attraverso l’apertura e la comprensione, è importante inoltre fornire supporto in vari modi a seconda delle proprie possibilità alle associazioni che si occupano di fare informazione, prevenzione e di fornire supporto sia psicologico che medico alle ragazze che hanno subito o che rischiano di subire la mutilazione, vi lascio il link al sito End FGM, un network europeo che unisce più di 30 organizzazioni che operano collettivamente per risolvere il problema.
Una cosa fondamentale che ognuno di noi come singolo dovrebbe fare è diventare attivamente femminist* perché attraverso il femminismo possiamo smantellare tutte le strutture del patriarcato e le mutilazioni genitali femminili sono una delle sue espressioni più crudeli ed evidenti, ma non certo le uniche.
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