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GameStop, quando il “gioco” del trading diventa pericoloso

GameStop, quando il “gioco” del trading diventa pericoloso. Una volta gli investitori istituzionali, i fondi hedge, le grandi banche di investimento, quelli che venivano visti come gli speculatori della finanza, erano gli unici capaci di muovere il mercato. L’investitore retail, il piccolo trader, l’investitore della domenica veniva visto come colui che dovevano subirne l’andamento, diventare vittime di chi era in grado di muovere grossi quantitativi.

GameStop dimostra che appunto, quel gioco, sembra cambiato. Non si leggono più le notizie price sensitive, non si studiano i fondamentali delle aziende, non si guardano i grafici, non si analizzano le informazioni su bloomberg, non si studia più l’analisi tecnica. Tutta roba pallosissima, per un Millennial. Per scovare un titolo da comprare ora passo un sacco di tempo dove mi trovo più a mio agio, a spulciare le chat su Twitter o su Reddit o su MarketBet, al grido “compra basso e vendi alto”, non importa quale ciofeca stia comprando.

Questo è accaduto: enormi gruppi di investitori da piccolo taglio si sono messi d’accordo nel comprare i titoli condividendo informazioni sui social, titoli su cui i grandi fondi d’investimento scommettevano al ribasso.
Perché i grandi fondi scommettevano al ribasso su questi titoli? Perché tendenzialmente facevano schifo. Ed ecco che così un’onda di piccoli investitori Millennial, con il cappellino da baseball, decidono di comprare in massa questi titoli facendone aumentare la domanda e quindi il prezzo! Boom, scacco al re!

Per farvi capire l’impatto, GameStop, uno dei titoli presi di mira è passato da circa 6 dollari di qualche mese fa fino a sfiorare i 500 dollari in premarket! La sua capitalizzazione è passata ad oltre 24 miliardi di dollari, è diventato più grande di oltre un terzo delle società nell’indice S&P 500, il più grande titolo nell’indice Russell 2000: a fine 2020 valeva solo 1,3 miliardi di dollari. In sintesi, per una volta il piccoletto sconfigge il bullo, i grandi fondi si ritrovano con posizioni short (una posizione short significa che ci guadagno se il titolo scende) su titoli il cui prezzo, invece di scendere come immaginavano, è aumentato in maniera esponenziale!

Questi piccoletti hanno capito la debolezza del sistema, hanno trovato il “tallone d’Achille” e si sono riscattati, dopo anni di violenza subita: dei “black block traders”, dei “robinhood” traders, dal nome della loro piattaforma di trading preferita (perché gratuita, il fatto che poi questa piattaforma sfrutti le informazioni per venderle proprio ai fondi che loro combattono vabbè, quello altro discorso).

Quindi tutto bello? No, gli effetti collaterali sono potenzialmente devastanti. I fondi che vanno short sulle azioni, generalmente sono fondi che hanno contemporaneamente posizioni long e posizioni short. La loro performance è data dalla capacità di ottenere una performance positiva dalla somma delle posizioni short (ribasso – vendita) e long (rialzo – acquisto). Non è detto che debbano guadagnare su entrambe le posizioni, l’importante è che sulle posizioni long guadagnino di più che sulle posizioni short o viceversa.
Nel momento in cui le loro posizioni short stanno perdendo perché i titoli, invece di scendere aumentano vertiginosamente, loro devono correre a chiudere quelle posizioni: o vendono le posizioni long o consolidano la perdita.

In entrambi i casi va male, nel momento in cui vendo le posizioni long, sto vendendo titoli tendenzialmente buoni (facendone diminuire il prezzo), nel momento in cui consolido le perdite si attivano le margin call dei finanziatori per cui il fondo è obbligato a chiudere, come a dire “stai andando male, basta giocare, inizia a chiudere tutte le tue posizioni perché mi fido meno delle tue garanzie”. E allora succede che i titoli short (quelli che facevano schifo, per intenderci) salgono, forti delle pressioni dei “robinhood” traders e delle chiusure dei fondi e i titoli long scendono (quelli buoni, per intenderci) perché i fondi sono obbligati a vendere.

Per farla semplice, il mercato azionario va al contrario e quando vengono massacrati i fondi pesanti, quelli da miliardi di dollari, il rumore si sente: fondi come Point72 Asset management con 17 miliardi di USD in gestione e una squadra di 120 gestori, il fondo Melvin con asset pari a 7 miliardi di USD, per dire. Il rischio sistemico è diventato talmente elevato in questi giorni da costringere i mercati finanziari ad interrompere il gioco, levare la palla al piccoletto togliendo l’accesso al trading ai titoli oggetto di cronaca. Quello che è successo ieri.

Finita qui? Non proprio. I retail traders ora che hanno capito il gioco ritorneranno alla carica, non ci sono limiti di azioni su cui andare short, né si prevedono limiti al superamento del trading oltre certe soglie. Rimangono aperte le gabbie per entrambi gli attori, si lascia ancora la palla al centro, per un gioco che non fa bene a nessuno. Il mercato finanziario diventa pura scommessa, un gioco che diventa rischio puro e allontana quel concetto di sano investimento e pianificazione finanziaria.

Siamo un popolo di scommettitori e se con facilità posso raddoppiare, triplicare e oltre i miei investimenti, perché dovrei tenere tutta la mia liquidità investita su un portafoglio bilanciato per sperare (perché nessuno lo certifica) un misero 4%? A quel punto meglio qualche piccola scommessa, piuttosto che una pianificazione noiosa.

Può aver senso, nulla da eccepire. Il problema è sempre lo stesso, quando ti fermi? Se spinto dai facili guadagni scommetti più del dovuto e perdi tutto? Il gioco, ne vale la candela? …in fin dei conti il mercato su una cosa è corretto, che alla fine dei giochi mette tutti al loro posto. Ci possono volere anni, ma poi vale sempre la regola che i mercati finanziari trasferiscono ricchezza dagli impazienti ai pazienti.

Nel frattempo, cerca solo di non farti male.

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Tags: finanza

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