Tra le ultime novità dello streamer più amato del 2020, Netflix, Bridgerton, uscita lo scorso 25 dicembre, è sicuramente una delle più discusse e piccanti.
Pensate alle storie di Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio in particolar modo, unite tutto con Gossip Girl e quello che otterrete sarà Bridgerton.
La serie è tratta dai romanzi bestseller di Julia Quinn e creata da Chris Van Dusen, la produzione della serie è di Shonda Rhimes, sceneggiatrice e produttrice statunitense, nota ai più per essere la creatrice di Grey’s Anatomy.
Facile quindi immaginare il mood di Bridgerton e se avete amato Grey’s Anatomy, soprattutto per i rapporti tra i personaggi, gli intrighi, le relazioni d’amore, la presenza di sesso quanto basta e uomini bellissimi allora vi piacerà anche questa.
Siamo in un universo alla Jane Austen, più precisamente negli anni della reggenza, nel 1813 e la storia segue le vicende di Daphne Bridgerton mentre fa il suo debutto nel competitivo mercato matrimoniale di Regency London. Sperando di seguire le orme dei suoi genitori e trovare il vero amore, le prospettive di Daphne inizialmente sembrano non essere messe in discussione. Mentre suo fratello maggiore inizia a escludere i suoi potenziali corteggiatori, il foglio dello scandalo dell’alta società scritto dalla misteriosa Lady Whistledown pone Daphne sotto una cattiva luce. Entra in gioco il desiderabile e ribelle Duca di Hastings, scapolo convinto con fama di libertino, considerato l’ideale dalle mamme delle debuttanti. Nonostante i due affermino di non volere nulla di ciò che l’altro ha da offrire, la loro attrazione è evidente a tutti mentre affrontano le aspettative della società per il loro futuro.
Come nelle migliori commedie romantiche, inizia tutto come un gioco, i due protagonisti inizialmente si tollerano a malapena, poi, fingendo di amarsi, finiscono per capire di volersi davvero.
Le complicazioni arrivano proprio qui e il bollettino scandalistico di Lady Whistledown ora li agevola ora gli mette i bastoni fra le ruote. Una trama molto semplice, dunque, tipica del genere, usata in questo caso per ironizzare sul filone Jane Austen e sulle Soap opera.
Vi sono molti riferimenti letterari e anche cinematografici, per esempio Piccole Donne di Louisa May Alcott, estremamente evidente nel personaggio di Eloise Bridgerton che sembra cucito sulla precisa fisionomia di Jo March e ciò ha reso questo personaggio il più interessante fra le sorelle Brdigerton, forse anche più interessante della stessa Dafne.
I colori brillanti della fotografia e degli abiti alleggeriscono molto i toni della serie distanziandola da qualsiasi messa in scena dei romanzi della Austen o delle sorelle Brontë. Caratteristica, questa, che piacerà molto agli amanti del genere in costume; soprattutto per la cura dei dettagli.
Il racconto è politically correct, la regina Carlotta è di colore e vi sono molti personaggi di colore nella serie, ciò anche a discapito della veridicità storica.
Per quanto riguarda la regina, in realtà, fonti accertate la descrivono come mulatta e si parla di discendenza africana di quel ramo della famiglia reale.
Questo focus sul periodo della Reggenza pone l’attenzione su una pagina della storia inglese forse poco narrate nei prodotti audiovisivi, soprattutto perché nei suoi momenti più drammatici pone l’attenzione sulla malattia mentale di Giorgio III d’Inghilterra mettendo la figura della donna, in questo caso la regina Carlotta, al centro del potere e facendo di questa serie un prodotto femminista senza la presunzione di volerlo essere ma focalizzando l’attenzione su diverse figure di donna, tutte con una personalità interessante.
Inoltre, se anche vi fossero delle imprecisioni, in un prodotto audiovisivo ciò che conta è la verosimiglianza e l’efficacia della narrazione in questo caso volutamente autoironica. Come in tutti i prodotti della Rhimes non mancano crimini e misfatti, ma ciò non deve sorprenderci neppure in questo caso poiché la sua creatrice ha prodotto anche Le regole del delitto perfetto, altra serie di successo disponibile su Netflix.
L’obiettivo è senz’altro quello di raccontare personaggi non stereotipati anche se l’universo in cui agiscono è, volutamente, pieno di stereotipi. Eppure le donne di Bridgerton si prendono quello che vogliono, quando vogliono anche a costo di imbrogliare. Insomma le vere vittime, i fantocci nelle mani delle donne, sono proprio gli uomini. Le debuttanti sono disposte a tutto pur di ottenere quello che vogliono e gli uomini ne escono con assai meno personalità.
Sicuramente si tratta di un prodotto che divide il pubblico, c’è chi si è appassionato alla visione delle vicende di Dafne e il Duca di Hastings e chi invece ha odiato ogni cosa dall’inizio alla fine.
La sfida di un prodotto simile era non cadere nel trash riuscendo a confezionare un prodotto che non ha lo scopo di educare o raccontare eventi storici bensì intrattenere con ironia, servendosi sapientemente di fonti: storiche, letterarie e cinematografiche. È impossibile guardare questo prodotto e non pensare a Maria Antonietta di Sofia Coppola, anche quello un prodotto che rivede la storia in modo pop, a questo si aggiunge una sapiente scanzonatura di tanti cliché.
Insomma il risultato poteva essere di bassa qualità se tutto ciò non fosse capitato nelle mano del re Mida, Shonda Rhimes nota per l’attenzione a certi dettagli e per i suoi racconti tutti al femminile.
Sarebbe interessante leggere i libri che hanno fatto da spunto per capire quanto sia stato libero l’adattamento e chissà che non si possa fare un raffronto in futuro.
Gli interpreti sono tutti di buon livello quindi il consiglio che mi sento di dare a chi legge è di riservare a Brdigerton la stessa leggerezza che gli autori hanno usato nella produzione. Senza avere troppe pretese ma considerandola per quello che è, un prodotto di intrattenimento ben confezionato e molto pop che saprà deliziarvi con ironia e romanticismo.
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