Attualità

Le morti che contano: Maradona vs Lidia Menapace

Quali sono le morti che contano e quelle che possono essere dimenticate, Maradona vs Lidia Menapace. Quando muore qualcuno di noto i giornali titolano e le persone parlano, Facebook, Instagram e twitter si riempiono di pensieri veloci e commossi, che cercano di spiegare con poche frasi perché quella perdita abbia un impatto sulla vita di chi scrive. Ci sono persino lacrime, tributi dall’evidente trasporto emotivo di chi sente realmente di aver perso qualcuno: maggiore il successo, maggiore il tributo del popolo.

Pochi giorni fa è morto Diego Armando Maradona, l’uomo considerato il miglior calciatore di sempre, Napoli è scesa in piazza, ha pianto, ha gridato. Il resto d’Italia ha scritto, ha pianto, ne ha parlato. Maradona è morto, ma era già stato santificato, un eroe del pallone capace di far sognare tutti semplicemente rincorrendo quel talento portentoso che dai suoi piedi scorreva sul campo da calcio. Maradona, “el pibe d’oro”. Maradona, indagato per evasione fiscale, denunciato per ripetute violenze sessuali, Maradona il cocainomane, Maradona che per soldi andò a giocare una partita con il dittatore Ramzan Kadyrov, l’uomo di Putin in Cecenia, e si fece anche fare un tunnel. Maradona che quel tunnel non lo avrebbe mai subito in una partita vera, ma per il compenso pagato profumatamente da un dittatore che viola i diritti umani ha rallentato il suo gioco di gambe, lo stesso per cui oggi lo piangiamo.

Maradona aveva il potere di cambiare Napoli, di porre un fermo a certe tendenze sistemiche che assorbono i ragazzi meno agiati della città, amanti come di un dio che avrebbe potuto davvero salvare quella città. Gli “avrebbe e i dovrebbe” però non sono una colpa, lui si è limitato a farla sognare ad occhi sgranati e senza timore di essere svegliati e questo è un pregio. Non serve inventare crimini o indicare i trionfi mancati, la sua fedina penale e le sue scelte parlano da sole. Maradona non era un dio ma un uomo, un uomo uscito da uno degli ambienti più violenti e complessi di cui si hanno nota che ha scalato la vetta del successo inseguendo un pallone e trasformando ogni partita in uno spettacolo sportivo.

Nemmeno tre settimane dopo muore Lidia Menapace, vorrei non dovervi scrivere chi sia stata, mi piacerebbe che questo nome avesse lo stesso impatto di Maradona e leggere sulle bacheche di Facebook degli amici “oggi muore Lidia, oggi muore un pezzo di storia”, questi tributi, però, li si legge solo sulle pagine femministe. Lidia Menapace è stata una staffetta partigiana, una donna che si è ribellata e ha contribuito a rovesciare il regime fascista che ha attanagliato l’Italia nella prima metà del ‘900. Inizialmente legata alla Democrazia Cristiana, nel ’68 si sposta di nuovo a sinistra nel Partito Comunista, contribuisce a fondare Il Manifesto, nel 2006 diventa Senatrice e dal 2008 presiede la commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito.

Lidia Menapace è stata un’attivista femminista dal 1973, i suoi saggi sul femminismo riempiono di pensiero e forza la lotta per l’eguaglianza, si ricorda in particolare quel suo Economia Politica della differenza sessuale del 1987. Secondo la voce Opere di Wikipedia sono ben 28 i saggi da lei scritti inerenti a pacifismo, politica, non violenza e ambiente, eppure basta fare un salto sulla versione inglese di Wikipedia per vedere che di Menapace rimangono solo due righe. Una scheda di due righe per una partigiana, un’eroina della resistenza, una di quelle persone che ha contribuito a liberare l’Italia a rischio della sua vita… ecco, credo che questo sia esemplificativo.

Non è colpa di Maradona l’essere amato a quel modo, come non è colpa di Lidia essere dimenticata in silenzio.

Le colpe di Maradona sono altre e troppo facilmente glissate da chi teme a parlar male dei morti, ma invero chiudeva un occhio anche mentre lui era vivo. La colpa reale in questa vicenda non ce l’hanno i morti, ma chi li ricorda, il vero delitto, sperando che nulla di losco venga fuori dal decesso di Maradona, è commesso ogni giorno da questa società che alimenta una forma mentis per cui è più importante ricordare un uomo che giocava divinamente a calcio che una donna che ha rischiato la vita per la libertà del suo paese.

Maradona era un eroe del pallone, un eroe imperfetto dalle occasioni mancate che non ha saputo fare quel passo in più, quel dribbling all’illiceità a cui invece si è abbandonato. Lidia Menapace, morta di Covid-19, era un’eroina della storia e della politica, una donna che ha schierato la sua stessa vita per salvare il diritto di tutti. Lidia Menapace ha vissuto per dare alle donne il diritto che viene loro sistematicamente negato all’eguaglianza, Maradona, invece, ha fatto parte di quella infinita schiera di uomini che non ha rispetto nemmeno il diritto alla sicurezza fisica delle donne, violandolo. Maradona muore e il mondo si spezza; Lidia Menapace muore e nessuno, o quasi, se ne accorge; 1,57 milioni di persone muoiono di coronavirus senza avere nomi importanti e per questo diventano solo un numero in una statistica.

Maradona forse una buona azione nella morte l’ha compiuta, ci sta dando la possibilità di leggere le storture del nostro sistema culturale e di vedere realmente il livello di diseguaglianza. Lidia Menapace ha saputo farlo in vita, ed è per lei che queste parole sono state scritte, per non dimenticare, per non essere complice di un sistema che dimentica gli eroi, quelli veri, anzi, le eroi, perché eroine è svilente e dà una dimensione di piccolezza, e Lidia Menapace è stata e sarà sempre grande.

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