Attualità

Trump nominato per il Nobel per la pace 2021 ma non vincerà

Ieri Donald Trump è stato nominato per il premio Nobel per la pace 2021 ma non vincerà, a presentare la sua candidatura è stato, di nuovo (come accadde nel 2018), il parlamentare norvegese conservatore Christian Tybring-Gjedde che, come Trump, si batte contro l’immigrazione. Così il parlamentare ha formalmente nominato l’attuale presidente americano per il suo ruolo di mediazione svolto nell’accordo tra Israele e Emirati Arabi Uniti, un accordo che verrà firmato il 15 settembre alla Casa Bianca e sancisce la normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi. Lo stesso candidato ha motivato la sua scelta così, “Il comitato dovrebbe guardare ai fatti e giudicarlo su quelli, non sui suoi comportamenti. Ci sono persone che hanno ricevuto il Premio Nobel per la pace negli ultimi anni che hanno fatto molto meno di Donald Trump: ad esempio Barack Obama – che lo ha ricevuto nel 2009, ndr – non ha fatto nulla”, ovviamente il fatto che Obama lo abbia vinto accende un fuoco di ossessivo risentimento in Trump oltre che la sua profonda rivalità con l’ex Presidente.

Tybring-Gjedde ha spiegato nella lettera con cui ha presentato la candidatura che, l’accordo fra Israele ed Emirati Arabi Uniti potrebbe essere un «game changer», in grado cioè di “rendere il Medio Oriente una regione di cooperazione e prosperità”. Messa in questi termini potrebbe anche sembrare una buona motivazione (ma non fatevi ingannare i fatti sono ben diversi), inoltre conosciamo bene tutti i retroscena che circondano la “storia” di Trump, quindi si rende impossibile non tenere conto di altri aspetti, come la costruzione del muro che divide l’America dal Messico, un atto di odio raziale, oppure il fatto che Trump si sia sempre proclamato a favore della tortura, o ancora che è da oltre tre anni che gli Usa hanno superato, in materia di numero di civili massacrati, i Talibani che combattono e Trump ha posto il veto a una risoluzione del Congresso che interrompeva i finanziamenti ad hoc all’Arabia Saudita, responsabile di indicibili mattanze nello Yemen, questi sono solo alcuni esempi ma l’elenco delle azioni sconsideratamente contro la pace perpetrate da Trump negli anni sono innumerevoli, non ultima la presa di posizione in difesa del ragazzo bianco 17enne che ha ucciso, con un fucile detenuto illegalmente, due giovano durante la manifestazione nel Midwest nate dall’ennesimo atto di violenza della polizia verso il giovane afroamericano Jacon Blake. Insomma possiamo dire che Trump non si possa considerare “l’uomo della pace”?

Inoltre quest’anno sono oltre 300 in lizza per il titolo, è la prima volta che ci sono così tante candidature, e se nessuno di questi 300 ha fatto almeno un pochino meglio di Trump, allora ragazzi, siamo proprio messi malissimo.

Infatti, è proprio su questo punto che si può garantire con certezza che non sarà Trump a vincere il premio Nobel per la pace, anche se mai dire mai di questi tempi. Per sapere la lista degli altri candidati dovremo aspettare, perché potrà essere resa pubblica soltanto fra 50 anni. Quelli che conosciamo per ora sono solo i big, quelli famosi, e tra i suoi competitor, per esempio, vediamo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quotata 5-2, che ha affrontato una pandemia mondiale e sta combattendo una dura lotta contro il Covid-19, nonostante proprio Trump ha costantemente denigrato il suo operato fino a ripudiarla. Tra i candidati vediamo anche Greta Thunberg, quotata 3-1, la giovanissima attivista svedese che negli ultimi anni ha dedicato la sua vita alla lotta per contrastare gli effetti del disastroso cambiamento climatico smuovendo le coscienze di milioni di persone in tutto il mondo, anche lei messa più volte in discussione e attaccata duramente da Trump. In lizza per questo prestigioso, quanto importante, premio vediamo anche la premier neozelandese Jacinda Ardern, quotata 5-1, per la sua efficace strategia anti-Covid che ha dimostrato di essere stata una vera barriera alla lotta intrapresa e che, nonostante le numerose critiche per il pugno di ferro adottato, ha portato straordinari risultati.

Inoltre, tornando alla candidatura di Trump, se proprio stiamo a guardare il trattato siglato tra Israele e Emirati, per cui si è guadagnato la nomina come mediatore, non si può definire un “trattato di pace”, anzi, non pochi analisti lo considerano addirittura dannoso perché manca completamente il riconoscimento dei diritti dei palestinesi, assenti al tavolo negoziale. Inoltre, il 13 agosto scorso, Israele e Emirati Arabi Uniti hanno annunciato la normalizzazione delle loro relazioni, mediata dagli Stati Uniti, secondo cui Israele si impegna a “sospendere le annessioni nei territori della West Bank e si concentra piuttosto sull’espansione dei legami con altri Paesi del mondo arabo e islamico”. In realtà, l’avvicinamento tra Israele e i paesi del Golfo nel nome di interessi comuni procede da tempo, anche se con grande lentezza, ma questo tempismo ha aiutato Trump alla corsa per la rielezione ristabilendo un equilibrio, in realtà inesistente, rispetto a una politica estera fallimentare. Trump con questa mossa ha portato solo acqua al suo mulino diventando finalmente visibile ai radar dei bookmaker che lo vedono oggi quotato 20-1, praticamente al pari di Bill Gates, quindi, alla fine non stupisce che anche le azioni che sembrano positive hanno un gusto amaro e dimostrano il solito comportamento prettamente egoistico del Presidente degli Stati Uniti che avrà anche un aumento di bile per la sconfitta annunciata al Premio Nobel, visto che l’apposito comitato eletto dallo Storting, il parlamento norvegese, non ha intenzione alcuna di coprirsi di ridicolo di fronte al mondo.

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