Un giallo al profumo di Cannonau e pecorino, che sa di paese, di casa, di campagna e delle cose mezze dette e mezze no, raccontate dai modi di essere più che dalle parole dei personaggi, che più vividi e realistici di così, si muore. Stiamo parlando del “Catechismo della pecora” di Gesuino Nemus (Elliot editore), già Premio Campiello Opera Prima, e innumerevoli altri premi letterari per “La teologia del cinghiale” (puoi leggere qui e di “I bambini sardi non piangono mai” che puoi leggere qui).
Ma passiamo alla sinossi.
Il primo ottobre del 1964, Mariàca Tidòngia sale sul davanzale della scuola di Telévras e scappa. Mariàca è figlia di un pastore e il suo futuro sembra già segnato; ciononostante Marcellino Nonies, maestro unico al suo primo incarico, fa di tutto perché quella bambina straordinariamente intelligente riesca a prendere almeno la licenza elementare. Un giorno però Mariàca, appena quattordicenne, annuncia di essere incinta e si rifiuta di dire chi è il padre del bambino. Poco dopo scompare nel nulla. Sono passati cinquant’anni e in paese nessuno sembra più ricordare questa storia finché non si torna a parlare di Mariàca e la sua presenza aleggia come un’ombra, insieme a due morti sospette, sulla piccola comunità di Telévras. Ettore Tigàssu, “brigadiere per l’eternità”, ce la metterà tutta per scoprire il mistero che circonda da decenni la donna e saranno i ricordi del maestro unico, vergati a mano in “bella e ornata grafia” ad aiutarlo a comprendere – almeno in parte – la verità.
Gesuino è sempre una garanzia di qualità. Adatto a chi vuole fare un viaggio agrodolce nel tempo e in luoghi un po’ sperduti e un po’ dimenticati, dove tutti conoscono tutti e dove si vive degli scarti del turismo della costa, dove i giorni scorrono sempre uguali, fino a quando non accade qualcosa di strano e la pace viene a mancare. Ed è proprio questo che succede a Telévras: le giornate vengono scosse da un omicidio che ha qualcosa di “sbagliato” persino secondo le inconsuete situazioni che accompagnano episodi del genere. E si inizia ad investigare anche contro gli ordini piovuti dall’alto sul Brigadiere Tigàssu, vero protagonista del romanzo con il suo infallibile intuito sardo doc.
Non solo giallo, ma anche memoir del tempo che fu con i ricordi a volte malinconici, altre divertenti e considerazioni agrodolci su tutto ciò che è cambiato nel corso dei tempi: da come giocavano i bambini, a come era la scuola e alla bacchetta usata dal maestro, o il ruolo del jukebox al bar del paese. Mezzo secolo di storia narrato attraverso i miti culturali e politici degli anni Sessanta e Settanta (come il terrorismo, latitanti e pentiti inclusi).
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