Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato lo stato d’emergenza dopo la fuoriuscita di più di 20mila tonnellate di combustibile diesel e di lubrificanti nel fiume Ambarnaya in Siberia che rifornisce di acqua potabile la vicina Norilsk, la Russia in questo momento è alle prese con un possibile disastro ambientale aggravato anche dal fatto che l’azienda ha cercato di occultare l’accaduto tacendolo per due giorni.
Infatti, l’incidente si è verificato il 29 maggio, quando una cisterna di carburante è collassata in una centrale elettrica vicino a Norilsk, oltre il circolo polare artico. In una teleconferenza Putin ha redarguito il capo della controllata di Norilsk Nickel che gestisce la centrale, la Ntek, dopo che i vertici dell’azienda non hanno riferito l’accaduto in modo tempestivo. “Perché il governo deve saperlo giorni dopo? Dobbiamo venire a sapere di una situazione d’emergenza dai social media?”, ha chiesto infuriato il presidente rivolgendosi al responsabile locale dell’azienda. “Ma lei è a posto con la testa o ha qualche problema?“, ha aggiunto nel suo inconfondibile stile, sempre più alterato. La società, che fa capo al colosso delle estrazioni minerarie Norilsk Nickel, aveva in un primo momento cercato di controbattere alle accuse del governatore, ma quando ha visto che quella strada era in piena rotta di collisione con Putin, ha pensato bene di non insistere sulla sua posizione.
Sembra trattarsi del secondo più grave incidente di questo tipo nella storia della Russia moderna, in termini di volume di sostanze tossiche fuoriuscite, ha spiegato l’esperto del WWF Aleksei Knizhnikov. Il primato è detenuto dalla fuoriuscita di greggio che è proseguita per diversi mesi nel 1994, nella regione di Komi.
L’incidente di questi giorni è avvenuto perché i sostegni di un enorme serbatoio circolare hanno ceduto a causa del riscaldamento del terreno. In quella zona il suolo è normalmente ghiacciato sia d’estate che d’inverno, grazie al fenomeno noto come permafrost. Ma i cambiamenti del clima stanno mettendo in crisi tutte le costruzioni che si reggono su pali profondamente infissi nel terreno. Il carburante per la centrale è così finito nel fiume Ambarnaya. Il ritardo negli interventi di bonifica ha fatto sì che il gasolio inquinasse anche un altro fiume, il Pyasina che sfocia nel mare di Kara.
Il ministro per le Emergenze, Evgeny Zinichev, si è recato sul luogo dell’incidente mentre il Comitato investigativo ha annunciato l’apertura di un’inchiesta che per ora ha portato all’arrestato del direttore della centrale Vyacheslav Starostin, ora in attesa di processo per inquinamento colposo. Il Cremlino ha chiesto inoltre di “prendere rapidamente delle iniziative per recuperare i prodotti petroliferi che inquinano l’ambiente”.
I tecnici stanno tentando di fermare la chiazza con solventi e galleggianti di contenimento però secondo gli ambientalisti locali purtroppo la situazione è molto critica.
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