Il 20 maggio è la Giornata mondiale delle api, per quanto piccine e tante volte terrificanti per molte persone, le api sono davvero fondamentali per il nostro pianeta e si meritano di diritto una giornata dedicata. Lo stesso Albert Einstein disse: “Quando l’ultima ape morirà all’uomo resteranno 4 anni di sopravvivenza”.
Un messaggio molto chiaro e senza giri di parole, le api possono salvarci e dobbiamo difenderle perché sono una componente essenziale del nostro ecosistema e purtroppo sono in calo a causa della perdita di habitat e dei pesticidi. Le api sono necessarie per la sopravvivenza di molti fiori e piante, hanno un ruolo chiave nella salvaguardia della biodiversità e per il ripristino delle aree a rischio desertificazione, senza dimenticare che grazie all’impollinazione garantiscono lo sviluppo del 75% dei prodotti nella catena alimentare.
Ma come se la sono passata le api durante il lockdown? Ovviamente hanno beneficiato della nostra forzata reclusione ricordandoci, ancora una volta, che effettivamente siamo noi a disturbare la natura. Siamo rimasti in casa due mesi e anche se per la nostra percezione è stato un tempo interminabile, per quanti riguarda le dinamiche del cambiamento climatico non è stato quasi niente, tuttavia però se lo stesso tempo viene applicato alla vita di creature più piccole, come proprio le api, allora l’effetto sembra essere stato efficace e con un ottimo giovamento, “Le api, come tutti gli insetti, sono animali piccolissimi che hanno cicli di vita molto molto brevi – spiega Gianumberto Accinelli, entomologo e scrittore –. La maggior parte degli insetti, ad esempio, ha più di una generazione all’anno, riescono pertanto ad adattarsi a nuove condizioni particolarmente in fretta”.
Proprio a questo proposito le condizioni in cui ci siamo trovati si sono rivelate particolarmente favorevoli per questi piccoli ma fondamentali insetti perché con il blocco della maggior parte delle attività si è andato a creare un ambiente più a misura d’ape, tra i principali cambiamenti c’è stato il fermo dell’ossessiva pulizia ai bordi delle strade, questo ha consentito a piante e fiori di numerose specie vegetali di crescere liberamente offrendo un’ulteriore e inaspettata fonte alimentare alle api e agli altri impollinatori.
Un altro fattore da non sottovalutare è stata la riduzione del traffico di auto, questo ha portato a una diminuzione significativa dell’inquinamento atmosferico, anche se lo smog non danneggia direttamente le api, “è un problema che riguarda più noi mammiferi – ha affermato Accinelli – gli insetti hanno un’altra respirazione, per cui riescono a gestirlo molto meglio”, influenza però l’intensità del profumo dei fiori, i fattori inquinanti, come come l’ozono, alterano la composizione chimica dei fiori, confondendo le api e rendendo loro più difficile e dispendiosa l’individuazione del cibo. Ma il dato più rilevante riguarda gli incidenti, ebbene sì perché anche se noi non ce ne accorgiamo le collisioni mortali con gli insetti mentre siamo al volante sono altissime, secondo uno studio del 2015 ogni anno, solo in Nord America, le auto uccidono 24 miliardi di api e vespe. Una tragedia taciuta!
Questa situazione ci sta insegnando molto sotto tantissimi punti di vista, a livello di ecosostenibilità non possiamo rimanere indifferenti davanti a tutte queste evidenze, quello che possiamo fare è essere più responsabili un domani quando tutto tornerà alla normalità, che possa essere non quella prima del Coronavirus, ma una nuova normalità che guarda al futuro.
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