Nuova settimana, nuovo viaggio virtuale alla scoperta dei tesori nascosti o poco conosciuti di Villa Arconati, oggi scopriremo l’Ala delle Signore.
Forse non tutti sanno che Villa Arconati-FAR è talmente grande da potersi permettere un’intera ala dedicata alle proprie dame. Da quando, verso la metà del Settecento, il palazzo ha assunto l’attuale aspetto architettonico, esso è composto da ben 70 sale solo nella parte “da nobile” con 365 finestre secondo una leggenda locale e quasi 10.000 metri quadrati di superficie.
Una vera e propria “reggia”, pronta ad ospitare il fiore dell’aristocrazia milanese e non solo!
Nella piccola Versailles, come veniva definita la Villa nelle guide del Grand Tour, ogni ambiente era espressamente dedicato a comunicare la grandezza, la raffinatezza e il prestigio degli Arconati e anche dedicare degli spazi alle dame e alle loro esigenze più intime e private faceva parte di questo progetto.
LA QUADRERIA DI FAMIGLIA
L’ala delle signore si trova al piano nobile, nel “quarto” a nord-ovest e si apre con due sale che ospitavano la Quadreria Arconati: i ritratti degli avi più illustri, tra i quali comparivano anche alcune dame Arconati.
La contessa Maria, figlia di Galeazzo Arconati, che per prima ereditò il Castellazzo alla morte del padre. La tenuta non passò in eredità al marito, come avrebbe dovuto essere, poiché fu fatta valere una clausola particolare nel testamento: il Castellazzo era stato acquistato con la dote della madre di Maria, Anna de Capitaneis de Arconate – moglie di Galeazzo, pertanto tutto sarebbe andato in dote alla figlia.
Vi erano, poi i ritratti delle sorelle Rosa e Livia Arconati, entrambe monache. I loro ritratti, passati in asta alcuni anni fa al Dorotheum di Vienna, vengono ricordati per la maestria con cui furono realizzati, specialmente nell’eleganza e raffinatezza dei panneggi degli abiti.
Alcune tra le monache Arconati vivevano nel convento di Santa Marta a Milano e furono di certo importanti anche per le sorti del collezionismo della Famiglia: nel convento, infatti, era custodito il Monumento funebre – mai terminato – a Gaston de Foix realizzato da Agostino Busti detto il Bambaja, di cui proprio gli Arconati furono i maggiori collezionisti al mondo.
I frammenti principali del monumento, infatti, arrivarono a Castellazzo tra il Seicento e il Settecento e rimasero nelle collezioni della Villa fino agli anni Novanta, quando furono acquistati dal Castello Sforzesco di Milano.
LA GALLERIA E LA CAPPELLA DI FAMIGLIA
Proseguendo oltre le sale dedicate alla Quadreria, si entra nella Galleria dei dipinti. Qui si trovava la collezione principale delle opere d’arte su tela: ritratti più piccoli di quelli esposti nelle precedenti sale, paesaggi, scene mitologiche e religiose.
La Galleria dei dipinti si trova proprio sopra la Gipsoteca, che, al piano terra, custodiva invece la collezione di statue classiche, tra cui anche una copia della Venere de’ Medici.
Proprio all’ingresso della Galleria si trova la Cappella privata Arconati, dove – si dice – le nobildonne iniziassero le loro giornate con una preghiera alla Vergine, dipinta con grande maestria con la tecnica del trompe l’oeil, tanto da sembrare una statuina tridimensionale e non solo una pittura. Avere una cappella privata al primo piano della propria Villa non era certo da tutti!
Già nel Cinquecento, infatti, San Carlo Borromeo aveva stabilito che chiunque desiderasse una cappella privata presso la propria nobile residenza, ne edificasse prima una aperta al popolo al piano terra. Gli Arconati di certo devono avere pensato che mai avrebbero diviso gli ambienti della loro Villa con la popolazione del borgo, pertanto trovarono un piccolo escamotage a questo “imprevisto”: proprio accanto alla Villa sorge la chiesetta medievale dedicata a San Guglielmo. Ebbene, gli Arconati dichiararono che quella era la loro cappella per il popolo – assumendosi la responsabilità di prendersene cura – potendo, così, far edificare e benedire una esclusiva Cappella privata al piano nobile, dove nel 1629 fu celebrato il matrimonio di Maria Arconati. E a sposare la nipote arrivò niente meno che l’Arcivescovo Federico Borromeo in persona!
L’ALCOVA
A onor del vero dobbiamo dire che l’Ala delle Signore della Villa comprende solo alcune stanze dedicate esclusivamente alle dame: si tratta di stanze private, tra le quali un guardaroba e una sala dove le donne mangiavano, quando non dovevano partecipare alle occasioni mondane.
Tutte le sale di cui abbiamo parlato finora erano ambienti utilizzati prevalentemente dalle dame, ma di certo non preclusi ai nobiluomini.
Sicuramente non lo era la stanza immediatamente adiacente alla Galleria, che è l’Alcova del piano nobile.
Le alcove erano una tipologia di camere da letto presenti in ogni residenza nobiliare ed erano caratterizzate dal fatto di essere spesso ricavate in una porzione riparata all’interno di un ambiente più ampio, dal quale erano separate tramite cortine o tendaggi.
Ciò che caratterizzava maggiormente le alcove era l’uso che ne veniva fatto: erano, infatti, le camere deputate all’amore carnale e al piacere sessuale.
La decorazione pittorica della sala sottolinea il fatto che questa stanza fosse l’unica di tutta l’ala utilizzata durante la notte: il meraviglioso sfondato prospettico rivela, infatti, un cielo stellato nel quale si libra una figura maschile con in mano uno stilo e una cornucopia dalla quale fuoriesce del fumo. Si tratta di Hypnos, il dio del sonno, che con la sua verga magica tocca le palpebre degli uomini, mentre versa su di loro un fluido soporifero che li fa addormentare dolcemente.
LA SALA DELLA POESIA
L’ultima sala dedicata alle dame Arconati è un salottino da giorno, dove un tempo si trovavano appese incisioni con ritratti settecenteschi e paesaggi. Qui le dame passavano il tempo con le occupazioni più quotidiane come il ricamo, il canto, la musica o la lettura. Era di certo un ambiente intimo, in cui le signore potevano anche scambiarsi confidenze e pettegolezzi!
Questo è l’ambiente che più di tutti nella Villa parla “al femminile”, infatti sono dipinti i volti delle grandi donne dell’antichità classica: donne giovani e avvenenti, ma anche anziane e pensierose, che si guardano tra loro e sembrano ricordarci che l’amore degli Arconati per l’arte classica si ritrova anche nelle loro dame.
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