I tesori nascosti di Villa Arconati: i monocromi di Francesco Podesti
Continuano i nostri viaggi virtuali alla scoperta dei tesori della piccola Versailles, Villa Arconati-FAR, oggi scopriremo la storia dei monocromi dell’Ottocento di Francesco Podesti.
Per quanto sia innegabile che Villa Arconati-FAR sia uno dei massimi esempi del barocchetto lombardo, con le sue eleganti linee sinuose, le prospettive, le simmetrie e i trompe l’oeil, essa è talmente ricca di suggestioni che a volte qualcosa rischia di “sfuggire”.
L’Ottocento è il secolo forse più dimenticato quando si parla della Villa, perché (e chissà perché?) si ha la tendenza a pensare che con la fine della dinastia Arconati a fine Settecento il Castellazzo abbia vissuto un lento e inesorabile declino. Nulla di più falso. Innanzi tutto bisogna essere realisti nel dire che se nessuno si fosse preso cura di Castellazzo da fine Settecento ad oggi di questo “piccolo mondo antico” non sarebbe rimasto nulla!
Si deve, poi, comprendere come la storia sia fatta di periodi in cui ha prevalso la grandeur e l’ostentazione, che sono andate di pari passo con l’importanza che l’aristocrazia aveva a livello sociale, e altri secoli in cui hanno prevalso altri canoni estetici. Quindi, anche nella Villa convivono ambienti ricchissimi di fascino nella loro opulenza, come la Sala di Fetonte, con altri ambienti che rivelano la loro bellezza in modo più “discreto”.
Nella prima metà dell’Ottocento i proprietari del Castellazzo erano i Fratelli Carlo Ignazio e Antonio Busca, quest’ultimo in particolare si occupò di far realizzare imponenti lavori di restauro all’interno del Palazzo, del Giardino e del Borgo, dove ancora oggi è possibile vedere la sua impronta stilistica. Grandi appassionati di arte, i Fratelli Busca arricchirono le collezioni della Villa con alcuni pezzi molto pregiati, tra i quali opere di statuaria degli artisti contemporanei Ignazio Villa e Pompeo Marchesi. Di quest’ultimo si annoverava nella Sala Museo addirittura una copia in marmo della celebre Ebe di Canova.
Uno dei più importanti pittori della prima metà dell’Ottocento, insieme a Francesco Hayez e Giuseppe Bezzuoli, era “di casa” presso i Marchesi Busca, stiamo parlando di Francesco Podesti, nato ad Ancona nel 1800, è stato uno dei massimi esponenti del romanticismo storico nonché l’ultimo esponente della “pittura di storia”. Canova fu come un padre per lui e lo aiutò nei momenti di difficoltà anche economica.
Nella sua formazione artistica, dal 1825 intraprese una serie di viaggi a Firenze, Pisa, Bologna, Parma, Venezia e Milano. Qui incontrò i marchesi Busca, per i quali realizzò quello che è considerato ancora oggi uno dei suoi capolavori: il doppio Ritratto di Carlo Ignazio e Antonio Busca.
Podesti divenne uno dei pittori preferiti della Casa Busca, tanto da realizzare diverse opere nelle residenze dei marchesi. Nel palazzo di Milano, oggi conosciuto come Palazzo Serbelloni su Corso di Porta Venezia, egli realizzò tre affreschi: le Storie di Psiche, la Danza delle Ore e la Nascita di Venere, entrambi purtroppo distrutti dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Nei suoi diari, il pittore cita il fatto di essere stato ospite diverse volte nella Villa di Castellazzo e di avere lasciato alcuni «scherzi su muro» nel corso della sua permanenza. Quelli che Podesti definisce “scherzi” sono delle bellissime opere dipinte a secco su muro che ancora oggi possiamo ammirare nel palazzo!
Si tratta di quattro splendidi monocromi, posizionati in tre ambienti diversi, in due sale dell’ala sud-est del piano terra e nella sala lettura della Biblioteca Busca al piano nobile.
I due monocromi del piano terra sono due scene tratte da opere pittoriche molto più complesse di Podesti. Sono entrambe firmate e riportano la data del 1852. La prima è una scena tratta dalla Strage degli Innocenti, mentre l’altra è una scena del grande dipinto di carattere storico tratto dall’episodio del Giuramento degli Anconetani, che è conservato nella Sala Consiliare del Municipio di Ancora.
I due monocromi del piano nobile, invece, sono collocati su pareti opposte dell’ambiente che si trova immediatamente saliti dallo scalone d’onore, e che ancora conserva parte della Biblioteca Busca. Rispetto ai dipinti del piano terra, che sembrano veramente degli schizzi abbozzati sul muro, questi sono molto più ricchi di dettagli e raffigurano due scene “finite”: si tratta di due dipinti a soggetto religioso, realizzati con la tecnica del finto quadro appeso. Troviamo raffigurati due tra i momenti cardine della vita di Gesù: la Madonna con Gesù Bambino, San Giuseppe e Sant’Anna e Gesù deriso e incoronato di spine.
La scelta di soggetti religiosi di primo acchito risulta strana, poiché nella Villa non si trovano altri dipinti su muro di questa tematica, fatta eccezione per la cappella privata, dove troviamo la raffigurazione della Vergine Maria. La ragione può essere, forse, spiegata dal fatto che il marchese Antonio Busca fin dalla tenera età fu nominato Cavaliere di Giustizia dell’Ordine di Malta, rimase celibe e visse un’esistenza per molti versi accomunabile a quella di un religioso. Il suo interesse per la religione si ritrova anche in alcuni dei volumi del marchese che ancora si conservano nella Biblioteca Busca.
La sua committenza più importante gli venne dal Vaticano, in seguito alla proclamazione nel dicembre 1854 della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Podesti fu chiamato ad affrescare le pareti e la volta della Sala dell’Immacolata, l’ambiente che si trova prima dell’ingresso alle stanze di Raffaello con episodi storico-allegorici riguardo all’evento. Il lavoro durò undici anni e annovera ancora oggi Podesti tra gli ultimi maestri dell’affresco.
Francesco Podesti fu purtroppo dimenticato troppo presto dopo la sua morte, poiché l’avvento delle nuove correnti artistiche delle avanguardie portò avanti un concetto di arte totalmente diverso da quello che egli rappresentava.