Arte e Mostre

Al Mast una mostra sulle uniformi da lavoro in contesti storici, sociali e professionali differenti

SONG CHAO Serie “Minatori” / Series “Miners” 2000-2002 © Song Chao | Courtesy of Photography of china.com
GRACIELA ITURBIDE Mercato, Città del Messico / Market, Mexico City 1978 © Graciela Iturbide

 

Dopo lo strepitoso successo della mostra Anthropocene, la Fondazione MAST presenta una nuova grandiosa esposizione “Uniform into the Work/Out of the Work”, curata da Urs Stahel visibile fino al 3 maggio e dedicata alle uniformi da lavoro che, attraverso oltre 600 scatti di 44 fotografi e un’esposizione monografica di Walead Beshty, mostra le molteplici tipologie di abbigliamento indossate dai lavoratori in contesti storici, sociali e professionali differenti.

Nate per distinguere chi le indossa, le uniformi da un lato mostrano l’appartenenza a una categoria, a un ordinamento o a un corpo, senza distinzioni di classe e di censo, dall’altro possono evidenziare la separazione dalla collettività di chi le porta. Le parole “uniforme” e “divisa” rivelano, allo stesso tempo, inclusione ed esclusione.
Un viaggio tra le uniformi, che sollecita una riflessione sull’essere e sull’apparire, come la distinzione che ancora oggi viene fatta tra “colletti blu” e “colletti bianchi”, dove i primi identificano la casacca o la tuta blu degli operai delle fabbriche, i secondi rappresentano il colletto bianco quale simbolo del completo giacca e pantaloni, camicia bianca e cravatta di coloro che svolgono funzioni amministrative e direttive.

PAOLA AGOSTI Forlì, 1978 Giovane operaia ferraiola in cantiere/Young iron worker © Paola Agosti
MANUEL ÁLVAREZ BRAVO Vigili del fuoco, Messico / The Fire Workers, Mexico 1935 © Archivo Manuel Álvarez Bravo, S.C
Kunsthalle Director (Direttore di spazio espositivo), Beijing, China, April 27, 2011 2011 courtesy of the artist and Regen Projects, Los Angeles © Walead Beshty
ANDRÉ GELPKE Senza titolo, dalla serie “Sesso, teatro e carnevale”/Untitled, from the series "Sex Theater und Karneval", 1980 © André Gelpke / Switzerland

 

Per esempio nelle immagini di Barbara Davatz gli abiti da lavoro dei collaboratori di una piccola fabbrica si confrontano con le uniformi degli apprendisti del più grande rivenditore di generi alimentari “Migros” della Svizzera fotografati da Marianne Müller, i colletti bianchi di Florian Van Roekel fanno da contrappunto alle tute nere dei minatori nelle foto del cinese Song Chao e alle lavoratrici di una fabbrica di abbigliamento immortalate da Helga Paris. L’abbigliamento da lavoro comprende anche gli indumenti protettivi, che sono al centro delle immagini sia del messicano Manuel Álvarez Bravo, sia di Hitoshi Tsukiji che si sofferma sui guanti di sicurezza della Toshiba, sia di Sonja Braas, di Hans Danuser e Doug Menuez che si concentrano sulle tute.

L’abito non rispecchia solo la diversa occupazione, né obbedisce esclusivamente alla funzionalità del lavoro, ma indica anche una distinzione di classe e di status come mostra il grande Ritratto di gruppo dei dirigenti di una multinazionale di Clegg & Guttmann dove la luce illumina solo i volti, le mani e i triangoli sfolgoranti formati dai risvolti, dalle camicie bianche e dalle cravatte.

Nei nove ritratti di August Sander, considerato uno dei più famosi ritrattisti del XX secolo, emerge la simbiosi tra persona, professione e ruolo sociale più che l’essenza dei singoli individui. L’attenzione del fotografo è infatti sulla funzione sociale, piuttosto che estetica della fotografia, con l’intento di costruire un’immagine fedele della propria epoca.

IRVING PENN Macellai / Les Garçons bouchers 1950 Irving Penn | Les Garçons Bouchers, Paris, 1950 | © Condé Nast
SONG CHAO Serie “Minatori” / Series “Miners” 2000-2002 © Song Chao | Courtesy of Photography of china.com
WALEAD BESHTY Artist (Artista), Santa Monica, California, April 11, 2009 2009 courtesy of the artist and Regen Projects, Los Angeles © Walead Beshty
SEBASTIÃO SALGADO Kuwait after the end of the Gulf War - The oil fields continue to burn, causing a massive ecological disaster and large loss of money. Oil-well fire fighters from around the globe at work to put out the burning oil wells. Worker of the Safety Boss Company during a rest, 1991 Il Kuwait dopo la fine della Guerra del Golfo - I pozzi petroliferi continuano a bruciare, causando un massiccio disastro ecologico e una grande perdita di denaro. Compagnie di pompieri specializzati, provenienti da tutto il mondo, a lavoro per estinguere il fuoco. Operaio della Safety Boss Company durante una pausa, 1991 © Salgado/AmazonasImages/Contrastomore

 

La mostra monografica del fotografo americano Walead Beshty “Ritratti industriali”, allestita nella Gallery/Foyer, raccoglie 364 ritratti, suddivisi in sette gruppi di 52 fotografie ciascuno: artisti, collezionisti, curatori, galleristi, tecnici, altri professionisti, direttori e operatori di istituzioni museali.

Sono fotografie di persone con cui l’artista è entrato in contatto nel suo ambiente di lavoro, mentre realizzava la sua arte o preparava le mostre. Nel corso degli ultimi dodici anni Walead Beshty ha fotografato circa 1400 persone con una macchina di piccolo formato e pellicola analogica di 36 mm, per lo più in bianco e nero. Dal totale degli scatti effettuati il fotografo ha scelto un ritratto per ogni singolo soggetto, per la mostra al MAST ne sono stati selezionati 364.

L’obiettivo di Walead Behsty, ispirandosi al lavoro di inizi del ‘900 del ritrattista August Sander, non è quello di esprimere l’aspetto, il carattere o la natura della persona fotografata – scopi che il ritratto in studio ha perseguito fin dagli albori della fotografia – ma è quello di rappresentare le persone nel loro ambiente di lavoro (che è anche il

suo), la loro funzione e il ruolo professionale che svolgono in seno al mondo e al mercato dell’arte. É da qui che deriva il titolo della sua opera “Industrial Portraits”. “Da un lato in questo titolo possiamo riconoscere il riflesso di una tecnica per certi aspetti standardizzata, dall’altro possiamo dire che i ritratti in mostra e la serie nel suo insieme (1400-1500 elementi in continuo aumento) costituiscono a loro volta una sorta di “ritratto” di una specifica realtà industriale, cioè l’industria dell’arte nel suo complesso. In questo senso, gli “Industrial Portraits” rendono visibili e mettono in evidenza gli attori che si muovono in questo settore che si ritiene tendenzialmente libero da strutture gerarchiche”, spiega il curatore della mostra Urs Stahel.

I 364 ritratti di Beshty evidenziano la riluttanza dei protagonisti per l’uniformità dell’abbigliamento professionale. Non bisogna apparire come l’altro, uniformati, omologati.

Collector (Collezionista), Los Angeles, California, February 26, 2014 2014 courtesy of the artist and Regen Projects, Los Angeles © Walead Beshty
WALEAD BESHTY Gallery President (Presidente di Galleria), Los Angeles, California, December 7, 2010 2010 courtesy of the artist and Regen Projects, Los Angeles © Walead Beshty

Con il rischio però che questa definizione in negativo si riveli nuovamente, per tutti gli attori che operano in quell’ambiente, un atteggiamento uniformato e standardizzato. Nonostante lo sforzo con cui ogni singolo individuo ritratto mira a mostrare una presenza e un’immagine unica, personale e originale, i protagonisti pare rimangano dipendenti dal contesto, prigionieri del loro atteggiamento individualistico.

INFO:
MAST.
via Speranza 42, Bologna

Fino al 3 maggio 2020

Ingresso gratuito 

Orari: Martedì – Domenica 10.00 – 19.00

In occasione di Arte Fiera: sabato 25 gennaio > 10.00 – 24.00*  – domenica 26 gennaio > 10.00 – 20.00

www.mast.org

*MAST partecipa alla Art City White Night

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