Lo scorso 25 ottobre si è inaugurata la nuova stagione del Teatro Bellini di Napoli con lo spettacolo Le cinque rose di Jennifer, il testo più simbolico e significativo di Annibale Ruccello, quello che lo ha consacrato come drammaturgo nel 1980. Qui l’opera è allestita con la regia di Gabriele Russo e vede in scena un inedito Daniele Russo affiancato da Sergio Del Prete.
Jennifer (Daniele Russo) è un travestito romantico che abita in un quartiere popolare della Napoli degli anni ‘80. Chiuso in casa per aspettare la telefonata di Franco, l’ingegnere di Genova di cui è innamorato, gli dedica continuamente Se perdo te di Patty Pravo alla radio che, intanto, trasmette frequenti aggiornamenti sul serial killer che in quelle ore uccide i travestiti del quartiere. La solitaria e inesausta attesa di Franco viene interrotta a un certo punto dall’arrivo di Anna (Sergio Del Prete), la vicina di casa che come lei aspetta una telefonata importante ma a quanto pare a causa di un’interferenza questa potrebbe arrivare a casa di Jennifer.
Fin dalla prima scena dello spettacolo aleggia nell’ambiente un senso di solitudine, dato anche dagli elementi di scena che rappresentano una stanza certamente vissuta e lo si vede dal disordine degli oggetti e dalla presenza di un baule aperto con diversi vestiti all’interno e la toletta con i trucchi e le parrucche. Allo stesso tempo però è come se tutto fosse ingrigito, cupo e immobile; bloccato in un tempo infinito, quello dell’attesa mentre il mondo fuori continua a girare.
Vi è anche un senso di morte costante nella stanza in cui Jennifer agisce quasi sempre sola, ora truccandosi, ora agghindandosi, aspettando la telefonata del suo Franco e ascoltando alla radio i successi di Mina e Patty Pravo.
Non è la prima volta che in un testo di Ruccello la morte e la presenza di figure simil spiriti agiscono in scena insieme al protagonista. In questo caso vediamo una sorta di doppio di Jennifer, interpretato dallo stesso Del Prete, che osserva la protagonista muoversi ansiosa e trepidante con sguardi di paura, inquietudine e angoscia. Questa figura potrebbe essere l’essenza stessa delle angosce della protagonista ma anche la personificazione della morte che gira intorno a Jennifer e di cui veniamo messi al corrente dai notiziari della radio.
Entrambi gli interpreti sono nel personaggio fino alla fine riuscendo a essere complementari. Si vede la fiducia alla base del lavoro che hanno fatto. Una fiducia anche nei confronti del testo. L’uno non ha ragione d’esistere senza l’altro, proprio come i personaggi che interpretano. Si sente tutta l’importanza che hanno dato al lavoro di Ruccello e come lo hanno sentito proprio. Ciò a mio avviso è stato possibile anche grazie all’ottima regia di Gabriele che ha rispettato il testo di Ruccello seguendone la poetica. Per questo la regia di Gabriele Russo è spesso una regia pulita e giusta che piuttosto che modificare qualcosa nei testi va ad approfondirli in una ricerca di senso. Questo si vede nella messa in scena e nell’interpretazione degli attori che eseguono il testo così come l’autore lo ha scritto ma agendo nel disegno generale che Russo ha costruito per loro in modo chiaro e semplice facendone uscire il significato e un chiaro punto di vista.
Le scene sono di Lucia Imperato i costumi di Chiara Aversano il disegno luci di Salvatore Palladino e il progetto sonoro di Alessio Foglia.
INFO:
Le cinque rose di Jennifer
Teatro Bellini, Via Conte di Ruvo, 14 Napoli
fino al 10 novembre
Durata 90 min. senza intervallo
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