Il Re Leone (2019) e quella scia sognante che rimane
Sarà che al cinema i posti a sedere hanno preso vita grazie agli over 25 che durante la proiezione del film proprio non riuscivano a non cantare, sarà che questo “live action“ mi ha ricordato che “Tutto ciò che vedi esiste grazie a un delicato equilibrio”, ecco perché la mia recensione non si inserisce nel solco di quelle che hanno lamentato mancanza di pathos o di originalità.
Personalmente ritengo che Il Re Leone di Jon Favreau abbia due chiavi di lettura. La prima è quella che consente di analizzarlo come un film a sé. In special modo come una pellicola contraddistinta dalle avanzatissime tecniche di animazione digitale. La computer grafica ha dell’incredibile, al punto da non riuscire spesso a capire se si tratta di sfondi e paesaggi reali o fotorealistici.
La seconda chiave di lettura, invece, consiste nell’inevitabile confronto tra questo remake e l’originalissimo cartone animato del 1994. Il “live action” è tanto uguale (pensiamo alla trama, alle canzoni e ai personaggi in senso lato) quanto diverso rispetto all’originale. La diversità, a mio parere, emerge soprattutto nella resa visiva, dunque l’animazione 2D rispetto al portento della CGI, e in quella emotiva dei personaggi.
Ecco allora chi ha lamentato la mancanza di pathos nei passaggi cruciali del plot. Indubbiamente, data l’estrema realisticità dei personaggi, l’intensità di alcuni momenti è limitata, specialmente se si considerano le espressioni facciali. Ma a ridare energia al film contribuiscono in misura considerevole musica, fotografia e l’iconicità di una storia che è immaginario collettivo.
Credo che qualsiasi appassionato della fucina Disney non si sia recato al cinema con l’intento di scandagliare il film ed eleggerlo come un’opera nuova o a sé. Semmai, il desiderio di ciascuno di noi era quello di attutire la nostalgia del passato. E in questo ogni fan molto probabilmente si è trovato appagato.
Semplicemente perché Simba è un po’ tutti noi. Certo, non è più inserito in quelle fantasiose esplosioni colorate, gli occhi talvolta non sono eccessivamente sgranati né il muso è abbastanza accattivante, ma la scia sognante permane comunque. E quell’ “Hakuna Matata“ o quel “Devi prendere il tuo posto nel cerchio della vita” non lasciano indifferente lo spettatore. Provate a chiederlo soprattutto agli ormai adulti che lo hanno visto.