“Mi piacerebbe che ci rincontrassimo, tutti quanti qui, in una sera come questa, tra cento anni”. Con queste parole e con la tradizionale voce roca, resa ancora più ruvida e ferrosa dall’umido della notte, nel suggestivo Teatro greco di Siracusa, Andrea Camilleri un anno fa concludeva quell’ora e mezza di monologo dal titolo “Conversazione su Tiresia”.
“Tiresia” è salito all’Olimpo, fumando una sigaretta e facendo l’occhiolino agli Dei. Se ne è andato così, Andrea Camilleri, il nostro, forse ultimo, maestro di ironia e di saggezza; non solo letteraria, ma anche politica ed etica, capace di smuovere gli animi più farraginosi “perché le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa”.
E lui le parole, tutte le parole, sapeva pesarle benissimo, al netto della tara, non come quegli “ignoranti di mezza botta”, come li avrebbe chiamati Montalbano, che le usano a caso per seminare rancore, odio, violenza contro i deboli.
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