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Il confine di Nicky Singer, un romanzo forte come un pugno allo stomaco, poetico, lucido e improrogabile

Ricorda: il mondo è bellissimo.
Questa è una frase ricorrente nel nuovo e stupendo romanzo “Il confine” della scrittrice Nicky Singer edito da DeA Planeta. Vuole come essere un monito per noi lettori per non dimenticarlo mai ed è di supporto alla protagonista del romanzo Mhairi, che nonostante la sua giovanissima età, si trova ad affrontare situazioni della vita che nessuno dovrebbe mai affrontare. Soprattutto i bambini. Questo romanzo distopico, ambientato in un futuro neanche troppo lontano, è una finestra ben spalancata sulle gravi conseguenze che le nostre sconsiderate e poco attente azioni possono portare, non solo al nostro pianeta, ma alle nostre fragili vite, in cui le nostre peggiori paure possono trasformare in una triste realtà.

Nicky ha deciso di scrivere questo romanzo perché le è sembrato fondamentale trasmettere i messaggi legati alla salvaguardia del pianeta, che oggi ci arrivano attraverso varie fonti, come la televisione e i notiziari, anche con un altro strumento potente come un tuono, la scrittura, capace di arrivare in profondità nell’animo umano. Per la storia ha preso ispirazione da una frase di un suo vecchio amico che fa parte di un’organizzazione chiamata “Friends of the Earth”, che si occupa di ambiente: per lui il mondo è come un tappeto persiano in cui, per ora, si possono ancora intravedere le decorazioni; col peggiorare dei problemi climatici il disegno sparirà del tutto.

Nel libro non si parla di verità scientifiche o di teorie sul cambiamento climatico ma bensì di qualcosa di molto più vicino a ognuno di noi, le conseguenze sugli esseri umani e sul nostro modo di vedere il mondo, di percepire il tempo e di come possono radicalmente cambiare le priorità.

Quella che si va a leggere, pagina dopo pagina, (difficilmente riuscirete a scollarvi) è una continua lotta per la sopravvivenza, in questo caso la viviamo attraverso la quattordicenne, Mhairi Anne Bain, scozzese di origine ma, per diversi motivi, trovatasi a vivere, o meglio sopravvivere da sola in Sudan, una terra dichiarata inospitale e quasi priva d’acqua dopo l’ulteriore innalzamento delle temperature. Inoltre questo non è l’unico problema che deve affrontare perché, per il suo obiettivo, quello di tornare a casa, è costretta a superare barriere e confini stabiliti dagli uomini per impedire il passaggio dei profughi da terre dove il destino è morte certa.

Mhairi Anne Bain possiede solo due cose: una pistola senza munizioni e un documento di identità. Queste sono le “cose” tangibili che ha, nel suo lunghissimi viaggio, una camminata di mille chilometri, viene sottoposta a prove difficili, crudeli, ingiuste, una delle più faticose è proprio quella di fare i conti con il passato, perché lei si ricorda benissimo di com’è il tempo del Prima.

Come cambia la percezione del tempo quando è scandito, non dai minuti ma dalle azioni, dalle parole, dalla sopravvivenza? Il prima è un ricordo che, per quando ormai finito, resta per Mhairi il più grande sostengo, in un mondo dove ognuno ormai pensa solo a se stesso e alla propria sopravvivenza, diventa necessario mantenere saldi i propri valori.

Difficilissimo a farsi soprattutto quando non si ha più niente, a complicare ulteriormente la situazione arriva un ragazzino di colore, non ha nessuno, non vuole parlare, è terrorizzato, è magro, ha la pelle incrostata di polvere e gli occhi come due buche. In principio Mhairi non ha esitazioni: sarebbe stupido sprecare tempo e risorse per chi non ha alcuna speranza di farcela. Eppure, superata la prima notte, si ritrova a rischiare tutto pur di portarlo con sé. Fa riflettere l’evoluzione del pensiero della giovane che, nonostante tutto, tiene in vita i valori ormai dimenticati da quasi tutte le persone nel resto del mondo. Insieme i due intraprendono il viaggio verso la salvezza. Ma quale sarà la vera salvezza in un mondo in cui ormai non c’è più spazio per chi è “oltre il confine”?
Ricorda sempre: il mondo è bellissimo!

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